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I miei figli se la sono cavata e se la cavano brillantemente, supportati da me e mia moglie, entrambi laureati, e da ogni possibile sostegno esterno. Ma il ragazzino che io sono stato, quaranta anni fa, figlio di operai magari immigrati, oggi non avrebbe speranze.
L'inefficienza della scuola pubblica crea una società classista che, francamente, mi fa orrore.
Grazie Kurtz per il tuo appassionato e dettagliato intervento. Come hai potuto facilmente eruire dal mio post iniziale, sono un uomo di scuola e la scuola, come anche la formazione dei giovani e l'amore per le materie che ho studiato e che insegno mi rendono altrettanto appassionato. Lo stato della scuola italiana mi rattrista molto, anche perché io da quella scuola ho ricevuto molto e con molto piacere.

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Per deformazione professionale ho provato a capire le radici del problema. Ho individuato queste:
- il sistema scuola è pensato per tutelare gli insegnanti più che per fornire una adeguata preparazione agli studenti. Una volta vinto il concorso, gli insegnati non devono dare altra prova di sé. Il concorso, peraltro, può valutare la preparazione ma non la capacità di insegnare.
- i presidi non hanno reali poteri. La selezione degli insegnanti, le graduatorie etc. sono decise dal ministero. Se un insegnante è drammaticamente inadeguato, non lo possono cacciare. L'insegnante che credeva che i bravi fossero bravi, non conosceva il latino e ciò nonostante insegnava latino e italiano in un liceo classico. Sotto la pressione delle nostre proteste, è stata semplicemente spostata di classe.
- la preparazione degli studenti, non viene misurata, o meglio, viene misurata attraverso i test invalsi, ma questa misurazione non viene usata se non per fini statistici.
Il quadro generale che affreschi nel tuo post mi basisce e rattrista ancora di più di quanto non lo fossi prima, perché in realtà, più che i problemi contingenti (dalla carta igienica alla stabilità statica degli edifici) e di quelli strutturali (formazione e selezione degli insegnanti, organizzazione degli studi, definizione dei contenuti e dei metodi) dalle tue parole intravedo una scarsa attenzione civile e istituzionale nei confronti del problema e una volontà politica di migliorare o almeno intervenire sul sistema di formazione che si manifesta come scarsissima o nulla.

Il problema è che a medio e lungo termine si tratta di una politica suicida, in termini di Stato e di economia nazionale.
I cervelli funzionanti tendono a fuggire e andare dove possono effettivamente dare sviluppo alle loro capacità. Questo si ripercuote su tutta il sistema di formazione: la signora che non conosce i bravi manzoniani e insegna ciò che non sa di latino ha frequentato un liceo che le ha concesso una maturità, in virtù della quale ha potuto iscriversi ad un corso di laurea, che le ha attribuito un titolo accademico, che a sua volta le ha permesso di partecipare a un concorso che l'ha selezionata come eccellente, ponendola in cima a una graduatoria che l'ha posta vita natural durante e senza possibilità di rimozione ad operare in una scuola, cha riesce solo a spostare le "peppe tence" da un luogo dove hanno combinato disastri a un altro dove ne combineranno fino a quando non sarà necessario spostarle di nuovo... o fino a quando non rimarranno che "peppe tence". E da qui il circolo si chiude e ricomincia un altro giro vizioso fino all'estesa inettitudine eretta a sistema.
Questo è un grave problema, perché in termini di concorrenzialità, l'unica risorsa veramente irrimpiazzabile è il know how, in qualunque settore dell'economia e in qualunque campo d'attività.
Per converso la manovalanza non qualificata è in concorrenza con la manovalanza non qualificata di tutto il resto del mondo e in questo gioco al ribasso e al massacro perdono tutti, ma sopravvive (molto male) chi accetta condizioni di schiavitù e precarietà. Fa male al fegato (chiaramente un blando eufemismo) percepire che chi si trova a guidare il Paese non percepisca quest'emergenza nazionale come grave e urgente.


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La modesta proposta:
-usiamo i test invalsi (o similari) per misurare la preparazione degli alunni. Stabiliamo un livello minimo. Se una classe è costantemente sotto il livello minimo abbiamo , evidentemente, un problema con l'insegnante. Se una scuola è sotto il livello minimo, evidentemente abbiamo un problema con il preside.
- diamo tutto il potere ai presidi. Lasciamo che reclutino gli insegnanti e li sostituiscano, se necessario. Se non esercitano correttamente il loro potere, se assumono parenti e amici, lo scopriremo dai test invalsi e li potremo licenziare.
- i premi e gli incentivi andrebbero alle scuole migliori e ai professori migliori, risolvendo l'annosa questione di una scuola che non premia il merito degli insegnanti.

In sintesi:
- il ministero fa i programmi, e controlla i risultati delle scuole, nomina e rimuove i presidi
- i presidi amministrano

Buona gioranta
Mi permetto di offrirti qualche mia considerazione sulle proposte che avanzi.


  • TEST - I test standardizzati mi trovano piuttosto scettico. possono avere qualche utilità, ma hanno anche moltissimi limiti. per dirla in soldoni i test standardizzati tendono a selezionare chi si adatta (magari artificialmente) alla standardizzazione e non chi è più motivato o più capace.
  • PRESIDI - Sono un dirigente scolastico e intravvedo moltissimi possibili problemi con una autocratizzazione del ruolo di preside. Dal nepotismo spudorato all'arbitrarietà sui modelli d'insegnamento le derive possibili sono infinite. Detto questo anche l'esautorazione completa e di principio non è un buon luogo di partenza. Non credo che ci siano soluzioni semplici. Proporrei comunque di provare almeno ad esplorare la possibilità di attribuire maggiori competenze e maggiori autorità alle province e alle regioni e con essi anche maggiori finanziamenti. (evidentemente io parto da un modello federalista, come quello elvetico).
  • PREMI - È troppo utopico pensare che sia legittimo sperare che la qualità dell'insegnamento possa essere buona e lo possa essere dappertutto? Piuttosto che incentivi e penalità attribuite in modo competitivo, credo che sarebbe più necessaria una selezione degli insegnanti per quello che realmente dimostrano di saper fare in aula Soprattutto dovrebbe essere normale poter licenziare chi non sa esprimere alcuna competenza professionale. In questo senso al preside e ai suoi collaboratori dovrebbe essere attribuito un compito di garanzia e di controllo.


Offro infine un aneddoto che descrive il divario di percezione culturale del ruolo dell'insegnante oltrepassando la frontiera.
il direttore scolastico non ha competenza di assunzione dei singoli docenti. Ha però competenza di assumere supplenti per un tempo limitato in caso di necessità, per rispondere alla facilmente comprensibile necessità di assicurare la continuità dell'insegnamento.
per un'assenza che si preannunciava di media durata (un paio di mesi) ho convocato una ragazza italiana da poco residente in Svizzera e laureata in lingue moderne, che si proponeva come supplente per l'italiano e per il francese. Di bella presenza e con apparenza molto professionale si è presentata subito al colloquio. Senza alcuna volontà di metterla in difficoltà, ma trovando normale che se convoco una docente per insegnare il tedesco, questa sia ben disposta verso una conversazione in tedesco, le ho rivolto la parola nella lingua di Schiller. È sbiancata e visibilmente. Con grande difficoltà ha balbettato una frase sconclusionata e sgrammaticata. Ho subito continuato in italiano, ringraziandola per essere venuta e l'ho immediatamente congedata dicendole che avrei preferito una supplente che sappia la lingua che deve insegnare agli allievi. Si è scusata del malinteso chiaramente in imbarazzo e se n'è andata.
Povera ragazza. Illusa dalla laurea in lingue moderne, che Dio solo sa come le sia stata attribuita, immaginava di avere i titoli per poter insegnare. Lo stupefacente, per me, almeno, è che non si fosse neppure posta la domanda se ne avesse anche le competenze.
È un po' come se io fossi convinto di poter essere selezionato come calciatore nella nazionale perché ho acquistato un paio di scarpe da pallone costose e di marca.