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07-November-2022, 21:04
#1
Administrator
Originariamente inviato da
Rupert
L'educazione costa. È un dato di fatto. E una buona educazione costa molto. È chiaro che una scuola privatizzata farebbe girare quantità enormi di soldi, che confluirebbero nell'economia privata. È altrettanto chiaro che alcune visioni politiche e alcune corrispondenti visioni della società vedrebbero di buon occhio questo enorme giro d'affari. Ed è ancora più chiaro che una simile soluzione riporterebbe la società allo stato in cui si trovava prima e durante la rivoluzione industriale. La vera scuola, quella in cui si impara veramente qualcosa e che fornisce competenze veramente spendibili, sarebbe quella per chi può sostenerne i costi, i ricchi, gli altri dovrebbero accontentarsi di una scuola che "forma" manodopera a basso prezzo.
In questo modo però si può subito dire addio alla qualità della ricerca scientifica di quel malcapitato stato e anche al livello delle sue istituzioni democratiche (chiaramente d'ostacolo in un modello scolastico ultraliberista) e della creazione culturale, intesa nel senso più ampio possibile, dal cinema alle canzoni pop, passando dalle orchestre e dai musei.
Possibile che questi, che non sono esattamente dettagli marginali, sfuggano ai più?
Il mondo intero sta tornando a prima della Rivoluzione Industriale, basta guardarsi in giro e leggere due statistiche su come si stia sempre più allargando la "forbice" che c'è nelle microrealtà (divario di stipendio fra manager e impiegati di una stessa azienda) e nei macrosistemi (divario fra le sostanze possedute da pochissimi ultraricchi e quelle a disposizione di un abnorme numero di indigenti nel mondo) per capire che la società si sta lentamente ma inesorabilmente riposizionando secondo una polarizzazione estrema in cui non esisternno più un ceto medio e, men che meno, un minimo di ascensore sociale.
Non è vero che ti fermi quando invecchi, ma invecchi quando ti fermi.
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09-November-2022, 17:31
#2
Moderator
Originariamente inviato da
Mauro
Il mondo intero sta tornando a prima della Rivoluzione Industriale, basta guardarsi in giro e leggere due statistiche su come si stia sempre più allargando la "forbice" che c'è nelle microrealtà (divario di stipendio fra manager e impiegati di una stessa azienda) e nei macrosistemi (divario fra le sostanze possedute da pochissimi ultraricchi e quelle a disposizione di un abnorme numero di indigenti nel mondo) per capire che la società si sta lentamente ma inesorabilmente riposizionando secondo una polarizzazione estrema in cui non esisteranno più un ceto medio e, men che meno, un minimo di ascensore sociale.
Verissimo. Quoto in pieno.
Quello però di cui non riesco assolutamente a capacitarmi e che tutto ciò avviene con il consenso a volte tacito e spesso addirittura entusiasta proprio di quelli che hanno più da perderci. Non riesco a capire se si tratta di estrema arroganza, poiché ognuno pensa di poter far parte dell'élite super-ristretta (che a quel punto non si capisce come potrebbe essere così ristretta) e quindi non abbia bisogno della ridistribuzione della ricchezza, oppure così rimbecillita da credere alle favole dell'iperliberismo e della ricchezza percolante (Trickle-Down-Economics) di chi favorisce i ricchi penalizzando chi lavora veramente. O forse i due fenomeni si mescolano bene e congiungono i loro esiziali effetti mietendo consensi autolesionisti in tutte le parti del ondo.
Come si fa a non capire che ti stanno facende cornuto e contento, per dirla alla vecchia maniera... .
"non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)
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