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Discussione: Eugen Gomringer

          

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  1. #1
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    Quote Originariamente inviato da Rupert Visualizza il messaggio
    Capisco il tuo sentimento e molto rispettosamente dissento. Non sui gusti, chiaramente, quelli sono personali e sempre legittimi. Quindi piace ciò che piace perché piace e basta. Ma rilevo una contraddizione di fondo. La sperimentazione, l'uscita dagli schemi, la scardinatura del pensiero precostituito, non sono proprio lo strumento che permette di sottrarsi da quella che definisci "orrenda omologazione"?
    D'altronde che cosa sarebbe la poesia, o la musica, o l'arte in generale, se si persistesse ostinatamente a riproporre senza originalità, senza sorprese, senza intuizioni disorientanti sempre gli stessi stilemi?
    Non sempre sperimentazione ha significato "positivo", almeno per me.C'è sperimentazione e sperimentazione. Questa di Gomringer mi sembra eccessiva. Non la capisco. L'utilizzo di ideogrammi, la frantumazione delle parole...il privilegiare la forma grafica al contenuto, al significato di una poesia, mi sembra solo esasperante vuoto. Sorry.

    "...Comme on n’a pas le choix il nous reste le cœur"

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  3. #2
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    Non sempre sperimentazione ha significato "positivo"
    La sperimentazione può avere esiti che piacciono, esiti che non piacciono, o esiti discutibili sotto ogni punto di vista, ma essa, in quanto tale, è semplicemente necessaria, è l'essenza stessa dell'espressione che chiamiamo artistica perché è il mezzo con cui si superano i luoghi comuni, le scontatezze, le riproposizioni pedisseque.
    Spesso la ricerca artistica sconcerta i più. Di William Turner i suoi contemporanei dicevano che "egli non dipingeva ma impastava sulla tela ingredienti da cucina, quali uova, cioccolata, panna, ricavandone un miscuglio da pasticciere". Degli impressionisti si diceva che dipingessero come degli scimpanzé... Spesso l'innovazione spiazza. Spesso l'innovazione -è vero- è semplicemente provocazione e non porta nilla di veramente nuovo, ma resta indispensabile.
    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

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  5. #3
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    Quote Originariamente inviato da Rupert Visualizza il messaggio
    La sperimentazione può avere esiti che piacciono, esiti che non piacciono, o esiti discutibili sotto ogni punto di vista, ma essa, in quanto tale, è semplicemente necessaria, è l'essenza stessa dell'espressione che chiamiamo artistica perché è il mezzo con cui si superano i luoghi comuni, le scontatezze, le riproposizioni pedisseque.
    Spesso la ricerca artistica sconcerta i più. Di William Turner i suoi contemporanei dicevano che "egli non dipingeva ma impastava sulla tela ingredienti da cucina, quali uova, cioccolata, panna, ricavandone un miscuglio da pasticciere". Degli impressionisti si diceva che dipingessero come degli scimpanzé... Spesso l'innovazione spiazza. Spesso l'innovazione -è vero- è semplicemente provocazione e non porta nilla di veramente nuovo, ma resta indispensabile.
    Il concetto di sperimentazione allargato a tutte le forme artistiche che tu esprimi non può che essere condivisibile.
    Tu citi gli impressionisti che a loro tempo furono degli sperimentatori,ma essi operarono nell'ambito della pittura "pura". Gomringer, invece, fa un tipo di poesia visuale, matematica, geometrica. Una poesia in cui la parola perde il suo valore preminente subendo una contaminazione che è prettamente extraletteraria.

    Resta ,comunque, il fascino del nuovo che spesso colpisce:








    Carlo Belloli, poeta futurista, nel 1944 enunciò la teoria della poesia visuale ed è considerato il precursore della poesia concreta.
    "...Comme on n’a pas le choix il nous reste le cœur"

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  7. #4
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    Quote Originariamente inviato da Claire Visualizza il messaggio
    ... ma essi operarono nell'ambito della pittura "pura". Gomringer, invece, fa un tipo di poesia visuale, matematica, geometrica. Una poesia in cui la parola perde il suo valore preminente subendo una contaminazione che è prettamente extraletteraria.

    Resta ,comunque, il fascino del nuovo che spesso colpisce:
    Prima di tutto grazie Claire per la stimolante discussione .

    Se si prendono due ambiti espressivi a caso (o anche non espresivi) e si cerca di tracciare una linea di separazione netta tra i due ambiti, facilmente si è colti da grande imbarazzo quando si comincino a cercare i criteri di separazione. Credo che questa ossessione di separare le materie ci venga dalla scuola, che sminuzza il sapere in discipline definite, tanto che quando chiedo a un allivo di tracciare un banale grafico ombro-termco è di solito in grande apprensione, perché se la materia insegnata non porta il cartellino "matematica" l'allievo in questione non sa più neanche compiere la più banale delle addizioni... per non parlare delle mamme che vengono a protestare perché segno gli errori di ortografia nei lavori scritti di una materia che non reca il cartellino "italiano"...
    Ad ogni modo: dove si trova il confine fra arte figurativa e poesia? L'idea della messa in scena delle parole di un componimento non è esattamente nuova e rivoluzionaria. Pensiamo a un Lamartine e ai suoi calligrammi. Sono poesia? Chi oserebbe dire di no? Sono disegni? Chi sarebbe così avventato da negarlo? ...


    Guillaume Apollinaire, Calligramme, extrait du poème du 9 février 1915, (poèmes à Lou).
    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

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  9. #5
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    Quote Originariamente inviato da Rupert Visualizza il messaggio
    Prima di tutto grazie Claire per la stimolante discussione .

    Se si prendono due ambiti espressivi a caso (o anche non espresivi) e si cerca di tracciare una linea di separazione netta tra i due ambiti, facilmente si è colti da grande imbarazzo quando si comincino a cercare i criteri di separazione. Credo che qzesta ossessione di separare le materie ci venga dalla scuola, che sminuzza il sapere in discipline definite, tanto che quando chiedo a un allivo di tracciare un banale grafico ombro-termco è di solito in grande apprensione, perché se la materia insegnata non porta il cartellino "matematica" l'allievo in questione non sa più neanche compiere la più banale delle addizioni... per non parlare delle mamme che vengono a protestare perché segno gli errori di ortografia nei lavori scritti di una materia che non reca il cartellino "italiano"...
    Ad ogni modo: dove si trova il confine fra arte figurativa e poesia? L'idea della messa in scena delle parole di un componimento non è esattamente nuova e rivoluzionaria. Pensiamo a un Lamartine e ai suoi calligrammi. Sono poesia? Chi oserebbe dire di no? Sono disegni? Chi sarebbe così avventato da negarlo? ...


    Guillaume Apollinaire, Calligramme, extrait du poème du 9 février 1915, (poèmes à Lou).
    Caro Rupert grazie a te.

    Belli i Calligrammi di Apollinaire! Non saranno rivoluzionari ma in essi la poesia è riconoscibilissima, è compiuta.
    Stabilire se sono poesia o disegni non è un problema che il lettore attento si pone. Ma se vogliamo tornare a Gomringer e ad altri poeti concreti , gli elementi lessicali ,come tu stesso hai affermato, sono pochissimi e la disposizione spaziale delle parole da il senso complessivo all'opera in una visione coreografica che mi fa parlare appunto di poesia contaminata. Ecco che allora si pone il problema, almeno per me, di porre dei paletti e fare dei distinguo tra poesia e arte grafica. Naturalmente non sta a me dire dove vanno messi questi paletti ma è comunque necessario porli. Proprio per stabilire dei limiti tra sperimentazione utile e sperimentazione fine a se stessa e, ancor più in generale, i limiti tra sperimentazione e "Troppa" sperimentazione. La poesia non può rischiare di diventare un calderone onnivoro in cui chiunque può scaricare di tutto.
    "...Comme on n’a pas le choix il nous reste le cœur"

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  11. #6
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    Sono del parere che sia assolutamente giusto che ognuno possa scrivere poesia come desidera, con qualunque grado di sperimentalità. Sta poi al lettore dire "mi piace", "non mi piace", "esito poetico interessante", "schifezza disgustosa"... Insomma è il lettore (io, tu, noi tutti) che deve esercitare il proprio senso critico, possibilmente senza pregiudizi, ma anche senza concessioni.
    Poi agisce il tempo. Il tempo è il miglior setaccio e separa in modo spesso irreversibile ciò che si ricorderà come grande esperienza poetica e ciò che cadrà irrimediabilmente nell'oblio.
    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

  12. Thanks Claire thanked for this post

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