Evidentemente non assomiglio
a nessuno di quei tessitori di parole
che si fanno i vestiti e le carriere ad uncinetto,
la gloria, l’orgoglio,
sebbene mi muova in mezzo a loro
ed essi guardino le mie parole come fossero magliette,
“— Come sei ben vestita!”, mi dicono.
“— Come ti cade a pennello la poesia!”,
senza sapere
che le poesie non sono i miei vestiti,
ma lo scheletro
estratto con dolore
e posto sopra la carne come un carapace,
seguendo l’esempio delle tartarughe
che così sopravvivono
lunghi secoli
infelici.