Ho appena letto un articolo di un professore di economia dell'università di Ginevra, tale François Grin. L'ho trovato affascinante. Affronta il plurilinguismo e in generale l'apprendimento di lingue seconde (non chiamerò mai alcuna lingua "straniera", è un aggettivo terribilmente fuorviante) da un punto di vista economico.
L'articolo prende in considerazione la realtà elvetica, ma molte constatazioni sono di carattere generale e hanno un valore credo facilmente intuibile come universale. Le domande che si pone sono semplici, addirittura banali, apparentemente: quanto rende imparare una lingua? quanto rende il plurilinguismo nell'economia nazionale di un Paese? Quanto è sensato investire (sia in quanto privati che in quanto amministrazione pubblica) nella promozione delle conoscenze linguistiche? Che cosa è necessario intraprendere in prospettiva linguistica in un'Europa che, volente o nolente è plurilingue e strettamente connessa, ma non necessariamente sempre concorde? È inevitabile la dominanza incontrastata dell'inglese?

Ecco alcuni dei dati che ho trattenuto e che mi paiono interessanti.

Grin calcola (in termini strettamente economici, la fratellanza e la comprensione dei popoli sono da lui definiti "valori collaterali aggiunti" non contabilizzabili, ma neppure trascurabili) che il plurilinguismo in Svizzera corrisponde a un valore economico pari al 10 % del PIL. il dato mi ha sorpreso moltissimo nella sua incredibile ampiezza.

Per uno svizzero di lingua tedesca sapere bene il francese corrisponde, in termini di aspettativa di salario e in media, a un 12-13 % in più rispetto a un collega con le stesse competenze profesionali, ma senza padronanaza linguistica. La stessa cosa vale per uno svizzero francofono nei confronti della lingua tedesaca, ma il differenziale è ancora maggiore e corrisponde a 14-15 %.
Per gli italofoni, minoranza linguistica, non è sorprendente che le conoscenze linguistiche nelle lingue nazionali siano importanti, ma neppure io mi aspettavo queste cifre: primo sapere il francese equivale più o meno a sapere il tedesco, in termini di remunerazione. Secondo, questo valore è enorme: addirittura 17-18 %.
Altra cosa sorprendente. l'inglese è richiesto, è necessario, ma è conoscenza ritenuta "banale". Vale a dire che è necessario saperlo, i datori di lavoro ne richiedono la padronanza e costituisce quindi criterio di selezione per molte ditte, ma poi non è neppure utilizzato in modo sistematico. Semplicemente sapere l'inglese è sintomo di capacità di apprendimento e di adattabilità e quindi è un segnale che distinguie un futuro impiegato è in grado di adattarsi in modo creativo alle esigenze lavorative del posto offertodall'azienda.

Le implicazioni per lo stato e la politica scolastica e formativa dello stato sono evidenti... ma lascio per il momento chiusa quella porta.