Questo brano da "I fratelli Karamazov" di Dostoevskij lo cito spesso perché mi fa venire
la pelle d'oca, lo trovo tristemente attuale.

"Quando la madre abbraccerà il carnefice che fece straziare suoi figlio dai cani, e tutt'e tre proclameranno tra le lacrime: 'Tu sei giusto, Signore!', allora certo sarà il trionfo della conoscenza e tutto si spiegherà. Ma ecco, è proprio questo che mi blocca, è proprio questo che io non posso accettare. E mentre sono sulla terra mi affretto a prendere le mie misure. Vedi, Alëša, se vivrò anch'io... fino a quel momento, o se resusciterò per vederlo, potrà realmente accadere che io esclami con gli altri, vedendo la madre abbracciare il carnefice del suo bimbo: 'Sei giusto, Signore!', ma io questo non lo voglio esclamare.
Finché sono ancora in tempo, corro ai ripari e perciò rifiuto del tutto la suprema armonia. Essa non vale neanche una sola lacrima di quella bambina torturata che si batteva il petto con il suo piccolo pugno e pregava il "buon Dio" nel suo fetido anfratto, versando le sue lacrime invendicate. Non la vale, perché quelle lacrime sono ancora da riscattare. E dovranno essere riscattate, altrimenti non ci potrà mai essere neanche l'armonia. Ma come, come le riscatterai?
E' forse possibile? Vendicandole in seguito? Ma a che mi serve vendicarle, a che mi serve l'inferno per i carnefici, a che può rimediare l'inferno quando i bambini sono già stati martirizzati? E che armonia è questa, se c'è l'inferno? Io voglio perdonare, voglio abbracciare, e non che si continui a soffrire.
E se le sofferenze dei bambini sono servite a completare quella somma di sofferenze che era necessaria per il raggiungimento della verità, io affermo fin d'ora che tutta la verità non vale un simile prezzo.

[...]

Non è che non accetti Dio, Alëša, ma Gli restituisco nel modo più rispettoso il mio biglietto." (da I Fratelli Karamazov, Dostoevskij)