“Spezzati quegli specchi, poteva l’uomo non rimanere privo di volto? Non serve ricordare fino a che punto una folla moderna atterrisca per la totale cancellazione, nel numero, del volto umano e di quelle pure, laceranti figure che i volti umani sanno talvolta comporre. Il volto collettivo è un impossibile e i destini si annullano nelle agghiaccianti tipologie immaginarie che solo ricordare contamina: l’uomo a cui tutte le mura della metropoli gridano quale musica dovrà amare, cosa desiderare, donna sognare, propongono senza tregua la folla babelica dei destini vicari, l’attrice che ha bevuto il veleno, il campione morto in un incidente.”

Il flauto e il tappeto, p.117

Cristina Campo