Accanto alla scuola di musica, dove vado a prendere lezioni di piano, c'è un campo di calcio, e quando come questa sera mi capita di arrivare prima, mi siedo su una panchina a riposarmi e godermi l'aria della sera vedendo passare bambini freschi dall'emozione dell'allenamento appena finito. Il più delle volte sono accompagnati da genitori o dai nonni.
Mentre ero assorta nei miei pensieri sento una persona anziana, alta e distinta che porta due borse, chiedere ad un bambino che cammina tristemente dietro: "Perchè ancora piangi?". Ed il giovane: "Perchè sono arrabbiato, sono stanco e sono dispiaciuto che sei arrabbiato. Non voglio darti dispiaceri". Il , nonno (presumo), ha risposto: "Ma no, non sono arrabbiato, solo...". E proprio in quel momento non ho capito la fine della frase perché ormai troppo lontani. Però subito dopo ho visto il bambino che si è fermato e lo ha stretto forte. Il nonno ha lasciato le borse a terra e lo ha abbracciato a sua volta. Quell'abbraccio è stato il più tenero che potessi vedere.
Ed è proprio in questo momento che ho pensato: "Allora, allora si, esistono ancora queste emozioni. Non sono rimasti solo nei racconti e nei film. Ancora sono presenti nella nostra società che sta cadendo a pezzi". Così, con il nodo in gola, ho guardato l'orologio e mi sono avviata verso la mia lezione, anche se ne avevo appena ricevuta una.