Quote Originariamente inviato da setaab Visualizza il messaggio
Salve, scusate se partecipo solo ora a questa conversazione ma mi sono iscritta al forum poche ore fa! Vi siete schierati tutti contro Baricco... In parte condivido quanto detto ma perdonatemi il dover essere in disaccordo con voi sulla sua posizione nei confronti di Aristotele a 1 euro. Pur non conoscendo Baricco di persona ho letto talmente tanto che credo di poter dare un buon contributo alla conversazione, da ciò che comprendo tutti voi attribuite a Baricco il concetto di: Aristotele è solo per grandi lettori, e i lettori occasionali non dovrebbero aver la possibilità di leggerlo. Non credo sia la versione giusta, Baricco non vuole allontanare il "popolino" dalle grandi opere altrimenti non si capirebbe perchè ha messo su Pickwick... credo piuttosto che voglia sottolineare che anche chi non leggerà mai Aristotele ha comprato quel testo perchè costava soltanto 1 euro. Il prezzo non influisce sul contenuto, ma un prezzo così basso fa si che tutti comprano il libro in questione (al posto di Aristotele potrebbe esserci Kant, Virgilio, Pirandello o Moccia) pur senza essere interessati al contenuto e un titolo vale l'altro, cosa fare con questi libri? Si mettono in libreria a prender la polvere però chi entra vede dei libri, considerati il simbolo della cultura.
assolutamente concorde con te. Ammetto di non aver partecipato prima a questa discussione per il semplice fatto che mi irritava. Conosco Baricco per averne letto tutti i libri e per averlo incontrato de visu ad una conferenza diversi anni fa, quando io ero una studentessa e lui uno scrittore esordiente.
Può piacere o meno, come qualsiasi altro scrittore, ma sicuramente non può essere svilito ad autore di fogliacci!

Per tornare sull’oggetto della contesa, non penso affatto che Baricco si sia voluto esprimere contro i libri al popolino! Ma quando mai.
Cito a tal proposito una relazione sul suo intervento al salone del libro 2012 di Torino:


«Io mi chiedo sempre, quando vedo il libro di Del Piero primo in classifica, come si sentirà a pensare di aver scalzato autori che si dedicano alla scrittura da una vita, lo fanno di mestiere, si applicano. E tac, arriva lui che fa il calciatore ed è primo. Ma poi mi guardo le scarpe».
Che cosa c'entrino le sue Adidas scure con le classifiche letterarie, Alessandro Baricco lo spiega solo alla fine.
Al Salone del Libro di Torino viene da venticinque anni, dai tempi della prima edizione, e il suo discorso è un bilancio delle «Sette cose che ho imparato in questi venticinque anni». Che poi in realtà «sono tre. Ho scritto sette perché mi piaceva il numero. Ma la verità è che impariamo sempre troppo poco».

Prima lezione: la metamorfosi da scrittori a prezzemolini. «Ai tempi del primo Salone, gli scrittori non parlavano. Io ero arrivato a ventott'anni senza averne mai visto uno. Ora li rivediamo ovunque, in tutte le salse. Le conseguenze? Alcune ottime. Il mestiere di scrittore ha una componente narcisistica molto forte, e indispensabile. Oggi è molto facile da placare. Lati negativi: diciamo un sacco di puttanate, su qualunque cosa. Tempo fa un giornale titolava ''Orhan Pamuk: In amore si mente sempre''. Potrebbe dirlo chiunque, da Fabio Volo a Daniela Santanché».

Seconda lezione: «La scrittura è più amata di venticinque anni fa. Erano i tempi della società dell'immagine, credevamo che la scrittura sarebbe morta. E invece, contro ogni profezia, il mondo ha scelto di scrivere. Sulla rete, col telefonino, su Twitter. Voi direte: ma scrivere con le 'k' degli sms non è scrivere. Certo, ''un po''' è bello scriverlo con l'apostrofo. Ma non è questo che ucciderà la scrittura. Scrivendo, abbiamo scelto un gesto». Fin qui, ancora nessuna menzione di scarpe da ginnastica, e nemmeno, ancor più raro in questa edizione del Salone dedicata alla «primavera digitale», di Twitter.

Arrivano entrambi nella terza lezione: «Oggi compriamo un numero spaventoso di libri». Ma come, la crisi? «Si sente un po', ma negli ultimi 15 o 20 anni il fatturato dei libri è sempre cresciuto. Dal boom dei tascabili in poi, chi non comprava libri, ora li compra. Eravamo in 50, oggi siamo in 350. E i trecento nuovi hanno portato i loro gusti». Sembra di sentirlo parlare dei «barbari» di cui ha scritto negli ultimi anni. «E le classifiche si sono riempite di cuochi, cantanti, casi umani. Amano il calcio, amano Del Piero. Sembra grottesco, ma è il segno di una civiltà. Magari da Del Piero passeranno ad Agassi, e al suo Open, più letterario. Vi scandalizzate? Facciamo un gioco. Quanti di voi indossano scarpe sportive?».

Eccoci alle scarpe. Quasi tutti, nel pubblico, alzano la mano. «Quelle scarpe lì, qualcuno le ha progettate per correre, non fare attrito, non scivolare. E noi le usiamo per andare alle conferenze. È quello che è successo per i libri. Erano un genere alto, non lo sono più». Ma chi si aspetta proprio da lui un'invettiva snob contro l'editoria dei «barbari» sbaglia. In un silenzio che l'Auditorium del Lingotto ha conosciuto solo nei concerti classici più da puristi, sfodera un racconto di Fenoglio e attacca a leggerlo. «Oggi usiamo le scarpe da tennis per giocare a tennis». Lettura, un minuto di applausi, poi Baricco scende dal palco per firmare gli autografi.