Breve traccia biografica schizzata dalla radiotelevisione svizzera di lingua italiana:
http://la1.rsi.ch/home/channels/life...mo-fasani.html


Il cerchio è chiuso. Come recita l’ultima poesia della raccolta Il puro sguardo delle cose (2006): “tutto è detto e piú non resta / che ritornare nel silenzio”. Remo Fasani, nato a Mesocco nel 1922, è morto nella notte tra il 26 e il 27 settembre 2011 a Grono.

Figlio di contadini, Fasani è stato uomo alpestre, solitario, meditativo e polemico, come si legge nel memorabile francobollo che lui stesso si è addossato: “L’uomo Remo Fasani / di professione prima contadino / e dopo insegnante, / di fede contestatore solitario, / di patria svizzero, / di parlata e indole lombardo, / (alpestre, alpestre molto), di cultura italiano (fiorentino) / e un po’ tedesco (Hölderlin) / cinese (Li Po) / che tra Coira, Zurigo, Neuchâtel / ha vissuto esattamente finora / in esilio metà della sua vita, / che considera Budda l’Uomo, / Asoka il Sovrano / e dunque osa dichiararsi / cittadino del mondo …” (Il Sogno, dalla raccolta Oggi come oggi 1973-76). Cittadino del mondo, ma anche cittadino della sua valle, coscienza poetica e critica del Grigionitaliano.

Frequentate le scuole elementari e secondarie a Mesocco, la Scuola Magistrale di Coira, Remo Fasani prosegue gli studi alle Università di Zurigo e di Firenze. Maestro alle scuole secondarie di Poschiavo e di Roveredo Grigioni e alla scuola cantonale di Coira, dal 1962 al 1985 è docente di lingua e di letteratura italiana all'Università di Neuchâtel.

A soli venticinque anni pubblica una raccolta di poesie nella quale si dimostra autore di talento, capace di individuare alcuni dei temi essenziali della sua poesia: la solitudine dell'uomo, la ricchezza della via contemplativa, l’incanto della natura.

Uomo di carattere riservato e spigoloso, cresce culturalmente alla scuola dei toscani (Dante in primo luogo), quindi dei tedeschi (Hölderlin in particolare), per poi lasciarsi sedurre dal fascino delle filosofie orientali (buddhismo, in primis).

Una forte vena ecologica lo spinge ad assumere atteggiamenti fortemente polemici, soprattutto nella difesa della sua valle e più in generale della natura: “Ci avete preso il treno, le cascate. / Ci avete dato, assurda, un’autostrada, / tetre officine. Ci volete imporre / le scorie radioattive. Maledetti!” (da Pian San Giacomo, 1983).

L'opera poetica, considerata come il punto più alto della sua produzione letteraria, trova l'ispirazione nelle materie originarie che lui stesso ha indicato: "quella della montagna e quella dell'impegno". Tanto che è possibile circoscrivere l'opera di Fasani in un duplice movimento. Verso la vita contemplativa che individua nella Natura la sua dimensione ideale e verso la vita attiva che si traduce nell'impegno per un mondo da salvare. La prima fase del lavoro poetico, dal 1943 fino al 1968 (con un appendice nell’ultimo decennio, a partire da Il vento del Maloggia del 1997), appare contrassegnata da una disposizione idilliaca: una poesia meditativa, con frequenti descrizioni del proprio mondo alpestre. La seconda fase segna invece la fine dell’idillio ed apre al sociale, al politico. La materia ispiratrice viene attinta non più dalle esperienze interiori, bensì dalla storia e, più spesso, dalla cronaca.