Il fiume... la mia infanzia n'era tutta
vinta. Veniva di lontano e andava
lontano. E mi affacciavo al suo mistero,
a quel suo mondo che mi rivelava
la vita accesa istante per istante.

Una bolla, e la seguo con il fiato
sospeso, vedo che si frange a un gorgo,
o ristà, prigioniera, dietro un sasso,
o si allontana e perde. Poi mi volto,
ne cerco e seguo un'altra, ancora un'altra.

Il fiume era le stagioni, l'anno.
In crescita e turbato da principio,
poi ricolmo, sospeso a cielo e nuvole,
poi fondo limpido a se stesso, agli altri,
infine vetro, anche senza gelo.

Ma più era le piene, le alluvioni.
Un giorno o due di furia... Poi la calma,
il ritorno alla norma e lo stupore
di non trovarla. Il fiume ora appariva
un altro, aveva dislocato tutto.

E qualche cosa andava dislocandosi,
ora, in chi lo guardava. E non soltanto
per lo sfacelo: per la trama tenera
su certe sabbie prima inesistenti.
La grazia ch'era al fondo della furia.

© Remo Fasani (196)

Da: Qui e ora

Edizioni Pantarei, Lugano 1971



Tratto da:
http://www.lyrikline.org/index.php?i...ash=d8611f3a4d