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Mimnermo Colofonio, conosciuto ed apprezzato nella civiltà greca ed in quella romana, compose varie opere, giunte a noi come frammenti.
Il dialetto è quello jonico, omerico.

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(Le rovine Priene a Izmir, Smirne, città natale di Mimnermo; resti di colonie con capitelli jonici)

In questo Poeta è forte la tensione verso la partecipazione personale con la Natura: in esso, la natura partecipa alla fatuità della vita, con primavere fugaci, allegre e leggere, che però quanto prima presto sveleranno il disincanto della stagione più cruda, l'inverno e della morte che ben la rappresenta.
Durante la vecchiaia non è possibile se non qualche piccolo e inconsistente sollievo da essa ; si intravede, nella natura e nelle persone, solo disprezzo, bruttezza e odio, per una persona non più giovane e prossima alla morte…
Mimnermo invita, con molte sue opere, a vivere l'esperienza attuale in modo pieno, non confidando assolutamente sul tesoro che la vecchiaia può (essa sola) donare all'animo umano.


Questa elegia ha un antecedente poetico nel VI libro dell'Iliade, dove al termine di belliche imprese sotto le mura di Troia, Diomede si imbatte in Glauco, nipote di Bellerofonte e alleato dei Troiani, cui chiede di rivelare l'identità (vv. 145-149):

"Tidide possente, perchè mi chiedi la discendenza?
Quale delle foglie la stirpe,
tale anche quella degli uomini.
Le foglie, alcune il vento le getta per terra, altre la selva
fiorente genera, e sopraggiunge il tempo della primavera:
così una stirpe di uomini viene al mondo ed un'altra scompare."


(trad. it. di R. Calzecchi Onesti)