La 68ª edizione del Festival di Cannes 2015


Ecco i voti della critica per la Palma bisogna aspettare domani.


La loi du marché di Stéphan Bizé voto 8 - Quanto mai lontano da un cinema miserabilista, ricattatorio e manipolatore. Con un rigore cinematografico e uno stile scarno, azzerando la drammaturgia, un regista, dalla fama ingiustamente limitata, mette in scena la pazienza, l’etica, la resistenza e la dolcezza di un cinquantenne in cerca d’impiego.


Dheepan di Jacques Audiard voto 8 - Viaggio di un ex tigre tamil in fuga dall’inferno dello Sri Lanka. Grazie alla falsa veste di marito e padre giunge al purgatorio della banlieu parigina. Il cinema fisico e impetuoso del neopoplare Audiard messo al servizio di un racconto secco e nervoso con risultati apprezzabili.


Carol di Todd Haynes voto 9 - Affascinante melodramma moderno immerso nel mood anni ‘50 in cui la diversità sessuale scompare a vantaggio della profondità del processo di seduzione e di innamoramento. Girato in super-16 è una vera pellicola che ci ricorda quanto il digitale abbia disperso dell’antica ricchezza cinematografica.


The Sea of trees di Gus van Sant voto 7 e ½ - Incontro est-ovest all’insegna del culto della morte. Gus Van Sant continua con mezzi diversi (Matthew McConaughey, Naomi Watts, Ken Watanabe) la poetica riflessione di Restless e di Last Days. Con un rovesciamento di segno: il mare di alberi dei morituri e dei suicidi si trasforma in una salvifica foresta. Capro espiatorio annunciato di cinefili ingrati.


Sicario di Denis Villeneuve voto 7 - Storia di una fredda vendetta personale dissimulata nella speciale guerra organizzata senza regole d’ingaggio,da FBI, Cia e esercito contro i narcos messicani. Una agente coraggiosa catalizza la diversità delle etiche con cui ciascuno va alla guerra. Buon esempio di film di genere che si fa strada nel cinema art.


Chronic di Michel Franco voto 6 e ½ - Instancabile infermiere specializzato nella cura dei malati terminali, per spontanea empatia e personale conoscenza del dolore, assume responsabilità che non gli competono. Un Tim Roth glaciale illumina un film algido.


Il racconto dei racconti di Matteo Garrone voto 9 - Cinema intensamente spettacolare, ricco di fiabesca autenticità, modernamente iperrealista. Il nostro regista di maggior talento visivo e di più libera ispirazione crea un prototipo di fantasy mediterraneo che affonda le radici in Basile e in Goya.


Mia madre di Nanni Moretti voto 8 - Autoritratto - via alter ego femminile (Margherita Buy) - del cineasta da adulto, generoso con lo spettatore ma severo con se stesso, sullo sfondo di un lutto annunciato e di un set fracassone. Come sempre Moretti fotografa lucidamente attraverso di sé il nostro paese.


Il figlio di Saul di Lázló Nemes voto 7 e ½ - Opera prima e rarissimo film, tra i recenti ungheresi, sull’olocausto; Girato quasi interamente in primo piano secondo un segno estetico che diventa partito preso. Un ebreo del Sonderkommando di Auschwitz è deciso a dare sepoltura al copro di un adolescente che crede suo figlio. Eco di Antigone senza retorica.


Unimachi Diary (Our little sister) di Kore-Eda Hirokazu voto 9 - Perfetta geometria dell’emozioni in un quadro familiare allargato, secondo la versione del sol levante. Film di sole donne firmato da un signore che raggiunge le pieghe più intime dell’animo umano con la semplicità di del grande cinema giapponese.


Marguerite & Julien di Valérie Donzelli voto 7 - Il soggetto di Grault/Truffaut, storia di fratelli incestuosi condannati a morte ne ‘600 poteva generare vari film: ricostruzione storica,trasposizione contemporanea, studio di costume, etc. Combinando insieme tutte le soluzioni, giocando sulle interferenze culturali e temporali si è dato vita a un ibrido non privo però di talento.


Shan He Gu Ren (Moutains May Depart) di Jia Zhang-Ke voto 8 - Dalla fine del secolo scorso al 2015 la Cina in tre capitoli attraverso un melodramma inizialmente contadino, poi metropolitano, infine australiano. Il desiderio di riscoprire le radici delle nuove generazioni dislocato negli anni Venti lascia capire il disagio di oggi. Il regista di Touch of Sin non delude anche se non mostra il vigore di altre occasioni.


Nie Yinniang (The assassin) di Hou Hsiao-Hsien voto 7e ½ - Intrighi di palazzo, minuziose ricostruzioni di un epoca classica (IX secolo) fanno da cornice all’azione di una giovane e bellissima giustiziera di tiranni, a cui capita in sorte di dover sopprimere la persona amata. Il rigore è assoluto, ma lo sfoggio di arti marziali risente di un budget ridotto.


Mon roi di Maïwenn voto 6 - Ristoratore bello, carogna e maudit come sa esserlo Pierre Cassel. Può un'avvocatessa bon chic-bon genre resistergli? Passione caduta e redenzione raccontate in flash back dalla protagonista. Melodramma in commedia con compiacimenti diffusi firmato da una regista di extalento.


The Lobster di Yorgos Lanthimos voto 5 - Animalesche metamorfosi (solo annunciate), metafore, allegorie in abbondanza in una black comedy che si vorrebbe assurda nel senso di Swift e di Beckett. Noia pura appena diradata da qualche idea rubata alla migliore fantascienza.


Louder than Bombs di Joachim Trier voto 5 e ½ - Con un marito insulso, un figlio noioso e uno ribelle, alla fotoreporter di guerra Huppert non resta che rimanere al fronte più possibile. Presuntuoso tentativo di fare cinema d’autore depresso, all’europea, in terra americana.


Youth di Paolo Sorrentino voto 9 - Puro cinema di pura attrazione nella linea di Méliès. Esaltante ballata sulla libertà che si scopre quando il corpo avvizzisce e la memoria svanisce. Caine & Keitel sono le splendide e necessarie figure di un teatro vivente in grado di sostenere un racconto senza intreccio. Rimproverereste a Caravaggio di essere manierista o a Bernini di essere barocco?


Macbeth di Justin Kurzel voto 6 - Marion Cotillard e Michael Fassbender sono le stelle polari che guidano questa ennesima edizione cinematografica del Macbeth. Il loro impegno per salvare dalle secche una lettura tutta sangue, spade, battaglie è evidente. Discutibili scelte non intaccano la forza di un testo la cui ricchezza debordante non è possibile limitare.


Valley of Love di Guillaume Nicloux voto 6 - Depardieu/Huppert, la coppia straordinaria che è il cuore pulsante di tanto cinema francese si ritrova nella californiana Death Valley a interpretare se stessa con la scusa di un improbabile appuntamento.


(Articolo di A. Martini, tratto da il quotidiano.net)