...la memoria del rinco: si ricordano le cose antiche, si dimenticano le nuove...
...la memoria del rinco: si ricordano le cose antiche, si dimenticano le nuove...
You can't teach an old dog new tricks.
Anzi ne amo due.
No, essendo seria propongo:
L'amore è conoscenza disorganizzata.
Accogliendo l'invito di Galloway a un breve commento direi che trovo suggestivo evidenziare come attraverso l'amore si entri in contatto con l'altro nel profondo ma senza che in ciò ci sia un progetto, una economia logica, diciamo così.
Riguardo alla frase di Ortega y Gasset trovo che sia difficile separare l'originalità dal plagio perchè l'originalità consiste nel reinterpretare elementi preesistenti non nell'inventare qualcosa ex novo. Poi si presuppone sempre un osservatore esterno che dice: quello è originale, quell'altro è una persona banale e magari è proprio chi dà queste etichette ad essere una persona banale!
Ma è meglio ora che dia la buonanotte, perché mi sto avvitando
"Mi lanciai verso la mia divinità personale: la semplicità" (Charles Bukowski)
Non è particolarmente celebre, come frase, questa di Bukowski. Forse ho contribuito io alla sua celebrità citandola nel mio ultimo libro di poesie...
Scherzi a parte, naturalmente, ne avverto comunque sempre più la sua importanza.
Non soltanto limitata alla scrittura (quanto enorme è il suo valore?), bensì estesa al vivere stesso.
Se penso ai migliori momenti pescati nel mazzo delle mie innumerevoli quotidianità trascorse (attimi, istanti, sorrisi, strette di mano, cuori battenti o quant'altro) non li vedo disgiunti dalle note di un semplice vissuto.
Banale come riflessione? Può darsi.
Ma fa sempre piacere, almeno a me, ritrovare un'emozione tra le "chiare" immagini dei versi o di una storia narrata, nelle ore volate in compagnia di qualcuno o di qualcosa, con la pacatezza delle parole e la gentilezza dello sguardo. Un bicchiere, un piatto, un'intesa semplice e rigenerante.
As The Spirit Wanes, The Form Appears (Charles Bukowski)
Io, senza dubbio traviata dagli studi di pedagogia nei quali così spesso ho sentito parlare di identità narrativa, la interpreto in questo modo. Ognuno di noi diventa consapevole di sé solo nel momento in cui si racconta – a sé stesso o agli altri -, nel momento in cui fa una narrazione di sé. L’identità assume una forma intelligibile solo quando viene trasposta in maniera sistematica, attraverso il linguaggio, nella storia di un percorso di vita.
Ed è solo questa narrazione che ci consente di individuare (o costruire ex post?) il fil rouge della strada che abbiamo percorso fin qua.
In maniera meno astrusa: il linguaggio mette ordine nel caos che ognuno di noi porta dentro. Lo plasma, gli dà una forma definita. In questo senso l’uomo è romanziere di sé stesso, perchè diventa interamente uomo solo quando "scrive" la propria storia.
E come romanziere può essere originale o plagiario: può tracciare nuovi sentieri in territori inesplorati o percorrere strade già battute. Verosimilmente il suo cammino non è mai né interamente l’una né interamente l’altra cosa, ma un’alternanza delle due.
E adesso siete autorizzati a dirmi che sono mentalmente disturbata.
Disturbata? Pericolosa, direi. Il tuo ragionamento destabilizza perché vuol dire che siamo tutti dei falsari e solo il linguaggio ci può salvare. Ma io diffido anche e sopratutto del linguaggio che convoglia la lingua, entrambi contenitore e contenuto falsi ed inaffidabili. Solo il Nirvana potrà salvarci ...
No, io penso solo che la consapevolezza di sè non è qualcosa con cui si nasce, ma qualcosa che si costruisce nel corso della vita. Prova ne è il fatto che ci sono tanti - troppi - che muoiono senza nemmeno sapere chi sono, che non si sono neanche mai posti il problema.
Non sto riducendo tutto al linguaggio. Il linguaggio è uno strumento, ma uno strumento imprescindibile. Io stessa spesso divento consapevole di avere certi pensieri nella testa solo nel momento in cui mi siedo alla scrivania con carta e penna e comincio a scrivere, senza sapere ancora esattamente cosa andrò a scrivere.
Poi ci sono cose che sono inesprimibili e che non potranno mai essere espresse a parole, e tali devono restare.
"Non credo in una vita ultraterrena; comunque porto sempre con me la biancheria di ricambio."
Helmholtz
L'abitudine è una gran brutta bestia,
e quando ci si abitua alla stupidità è finita!
Carl William Brown
"L'uomo è solo una canna, la più fragile della natura; ma è una canna che pensa. Non occorre che l'universo intero si armi per annientarlo; un vapore, una goccia d'acqua bastano a ucciderlo. Ma, quand'anche l'universo lo schiacciasse, l'uomo sarebbe pur sempre più nobile di quel che l'uccide, perchè sa di morire, e conosce la superiorità che l'universo ha su di lui, mentre l'universo non ne sa nulla."
Blaise Pascal
“…pensavo anche che se pure fossimo stati lontani avremmo potuto scriverci e che anzi molte cose avremmo osato più facilmente scriverle che dirle, e così saremmo stati sempre vicini attraverso questo dolce modo di conversare” Abelardo
ravello+villa+cimbrone
Sono un uomo. Nulla di ciò che è umano mi è estraneo (Terenzio)
" Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica..."
M.Medeiros
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