Ho conosciuto Bukowski tramite alcune sue poesie, ed è subito scattato un forte interesse.
Di solito me lo dipingevano come uno che sapeva parlare solo di alcool, sesso e cerume alle orecchie, invece
in quei componimenti traspariva una carica di disperazione esistenziale così sincera e cruda che mi sono detta: "Ecco, questo mi mancava."
L'ultimo libro che ho letto è stato proprio uno di Bukowski, Pulp.
Lì in effetti ho riscontrato quel po' di cinismo e quella crudezza di cui mi parlavano, ma non mi hanno turbata particolarmente.
E' una storia visionaria, dove l'ironia e le situazioni assurde si alternano a squarci di riflessione per nulla banali.
Un attimo prima ridi di gusto per una frase sboccata, un attimo dopo il sorriso ti muore sulle labbra leggendo un pensiero così
amaro e sincero, uno di quelli che almeno una volta nella vita hai fatto anche tu.
Non voglio perdermi in chiacchiere, perciò trascrivo semplicemente un brano che mi ha colpito:

"Era solo un lavoro, l'affitto, la sbobba, aspettare l'ultimo giorno o l'ultima notte. Sempre ad aspettare. Che stronzata.
Avrei dovuto diventare un grande filosofo, avrei detto a tutti quanto eravamo sciocchi, a stare in giro a fare andare l'aria dentro
e fuori dai polmoni.
Accidenti, stavo diventando malinconico."