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Discussione: Maurizio De Giovanni

          

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  1. #1
    Sydbar L'avatar di sydbar
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    Il senso del dolore. RECENSIONE

    "Sentiva l'emozione, più di tutto: coglieva di volta in volta il dolore, la sorpresa, la rabbia, la malinconia, Perfino l'amore."
    Questa è la quarta di copertina ed il riferimento è al protagonista assoluto dell'opera, il Commissario Ricciardi, la cui sensibilità è pari solo alla sua professionalità e bravura come investigatore. L'opera è ambientata in una Napoli, fascista, del Regno d'Italia dei primi del '900...non ci crederete ed il paragone potrebbe essere definito anche troppo ardito ma questo autore, Maurizio De Giovanni, da come scrive mi ha ricordato un De Filippo del giallo, troppo intrigante, commovente, ilare, verace come la Napoli d'ambientazione con il suo Teatro Regio San Carlo.
    Per descrivere l'essenza della trama citerò un passaggio del libro: "La verità non è quella che sembra, a volte. Anzi non lo è quasi mai. E' un po' come la strana luce di questi lampioni, illumina una volta qua ed una volta là. Mai tutto insieme. Allora lo si deve immaginare quello che non si vede. Lo si deve intuire da una parola detta o non detta, un'orma, un'impronta. Una nota, a volte."
    Grande De Giovanni, davvero un ottimo scritto, comprerò anche gli altri e valuterò le evoluzioni del protagonista e se lo stile, estremamente raffinato, rimarrà costante, così è vincente.
    Buona lettura.
    Syd
    Vanità, decisamente il mio peccato preferito...

  2. #2
    Master Member L'avatar di Rosy
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    Smile Che dire?

    Che dire?
    Dopo avere letto le vostre recensioni, mi sembra mi resti ben poco da aggiungere.
    Ma ci provo lo stesso, perchè questo De Giovanni mi ha letteralmente STRE-GA-TA!

    Dunque:mio commento.

    Quando mi imbatto in un giallo italiano, che è anche romanzo psicologico, allora sono arrivata in porto. In un porto speciale.
    Perchè il romanzo "Il senso del dolore" è tutto questo ed ancora di più.
    Da tempo avevo acquistato questo libro , e mi ripromettevo di leggerlo, prima di procurarmi i successivi di Maurizio de Giovanni.
    Non vedo l'ora di leggere gli altri.
    Ritrovo in questo autore delle caratteristiche comuni ad altri italiani a me cari: Carofiglio, Varesi...
    Ma vorrei tentare di dire quali emozioni mi abbia suscitato il romanzo...

    Innanzitutto, il protagonista, Ricciardi, commissario della squadra Mobile a Napoli, nel 1931.
    Solo, sempre serio, tormentato. Già bastano le caratteristiche a rendermelo caro.

    E poi, questo dono, che lui chiama "il Fatto", tremendo, inquietante: vedere i morti.

    Cito:"Non tutti e non a lungo; solo quelli morti violentemente, e per un periodo di tempo che rifletteva l'estrema emozione, l'energia improvvisa dell'ultimo pensiero..."
    Una particolarità del genere rende quest'uomo diverso dagli altri.
    Ricciardi si porta dentro, sotto la pelle,la malinconia, la rabbia, il dolore. Questo gli impedisce di vivere serenamente, di intrattenere rapporti normali col suo prossimo, tranne rare eccezioni, come il suo collaboratore, Brigadiere Maione.
    Questa impalpabile amicizia fra i due nasce da un doloroso precedente, che a che fare con il "Fatto".
    Ma non vorrei rivelare troppo.
    Perchè questo delicato ed intenso romanzo è da scoprire una pagina alla volta.
    E , se gradite il genere, vi accadrà, come a me, di rallentarne la lettura per farlo durare più a lungo.

    Come ho già affermato per altri romanzi, la trama gialla non è quella che faccia il valore della storia.
    Ci sono, per tutta la narrazione, momenti di introspezione psicologica, nel toccare i vari personaggi, nel descrivere i loro stati d'animo, le loro scelte, che mi ha colpito profondamente.
    Sono come pennellate delicate, ma sono quelle che danno spessore al romanzo.

    Ne cito uno a caso.
    Parlando del figlio del brigadiere Maione, morto tragicamente,così racconta:
    -....il dolore era ancora fresco, anche se erano passati tre anni; la moglie non ne aveva più parlato , come se quel figlio bello e forte, che rideva sempre e la prendeva in braccio e la faceva volare e la chiamava "la fidanzata mia" non fosse esistito.
    E invece c'era, seduto in mezzo alla sua anima, a togliere il posto ai fratelli e alle sorelle, ad accompagnarla per tutta la giornata."


    E l'incipit:
    "Il bambino morto stava all'impiedi, fermo sull'incrocio tra santa Teresa e il Museo.
    Guardava i due ragazzi che, seduti a terra, facevano il giro d'Italia con le biglie.
    Li guardava e ripeteva:- Scendo? Posso scendere?
    L'uomo senza cappello sapeva della presenza del bambino morto ancora prima di vederlo".

    E dopo queste prime righe non si smette più di leggere.
    Consigliatissimo.
    Rosy
    " Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica..."
    M.Medeiros

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