Un capitano dei boschi

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L'uomo che teneva in mano il documento il cui ultimo paragrafo era formato da questa strana accozzaglia di lettere, dopo averlo riletto attentamente rimase qualche minuto sopra pensiero. Il documento comprendeva un centinaio di righe che non erano neppure divise in parole, e aveva tutta l'aria di essere stato scritto da anni. Il tempo aveva già steso la sua patina giallastra sul foglio di carta spessa, coperto da quei geroglifici.
Con quale criterio erano state scritte quelle lettere?
Soltanto quell'uomo avrebbe potuto dirlo. Poiché questi linguaggi cifrati sono come le serrature delle casseforti moderne e si difendono nello stesso modo. Le combinazioni di cui sono suscettibili si contano a miliardi, né basterebbe la vita intera di un calcolatore per trovarle tutte. Occorre la «parola» per aprire la cassaforte; occorre il «numero» per leggere un crittogramma di questo genere. Infatti, come vedremo, il documento doveva sfidare i tentativi più ingegnosi e in circostanze molto gravi.
L'uomo che aveva riletto il documento era un semplice capitano dei boschi.
[Jules Verne, La Jangada, l'ulivo Biblioteca Salani, Casa Editrice Adriano Salani, Firenze.]