3 giugno 1924.

(Come ho saputo più tardi, è in questa data che Franz Kafka è morto in un sanatorio presso Vienna. Requiescat in pace. Ma non condivido l'ipocrisia del parce sepulto, e perciò lascio questa pagina com’era).
Un amico praghese che mi ha visitato in questi giorni, senza volerlo mi ha dato una nuova piccola chiave, abbastanza laida in verità, per il racconto “Die Verwandlung”.
Mi ha rivelato che, delle tre sorelle cresciute con lui, Kafka nutre un amore tutto particolare per la più giovane, Ottla (se ben ricordo), che è anche una gran bella ragazza. C’era da indovinarlo, a leggere bene la Metamorfosi. Quella sorella, Grete (si badi: la stessa sillaba iniziale di Gregor!), è l'unico membro della famiglia che si dedichi al fratello-scarafaggio: che rapporto teneramente privilegiato, che pensierini di lui per lei (pagarle, a qualunque prezzo, le lezioni di violino), di lei per lui (i vari cibi tra cui scegliere, lo sgombero dei mobili per dargli spazio), che incantamento davvero erotico la sera che Gregor sente Grete suonare il violino e poi la sogna tutta per sé, in un paradiso da Adamo ed Eva (Adamo ridotto a scarafaggio)! Che importa se alla fine Grete non ne può più di Gregor? La reazione isterica di lei non è più da amante delusa che da sorella? Se cosi è nelle note caratteristiche di Kafka dovremo mettere anche “incestuoso”, come per Byron o quell’infelice Trakl che é morto in guerra. Oh che bei tempi, i nostri! Che gioia viverci!
Stanotte mi voglio prendere una donna, per dimenticare nel suo amplesso lo schifo che sento in me.

30 settembre 1928.

Quel maledetto racconto di Kafka! Non riuscirò dunque mai a dimenticarlo? Se Gustav è morto combattendo a Verdun, se l’è quasi meritato per il male che mi ha fatto imponendomi quest’infame lettura. Sono anni che tento di trovare, in una donna, quella potenza virile ch’era forse la più gran gioia della mia vita. Non so di chi sia la colpa (per anni la imputai a Therese), ma ormai quella felicità per me è morta. E stanotte ho fatto un sogno. Mi sentivo premere un enorme cuscino
sulla faccia e gemevo, sentendomi soffocare. Per di più sapevo, in quel buio angoscioso, di essere lo scarafaggio umano di quel1’abominevole racconto. Buona occasione, certo, visto che mi trovavo in quello stesso inferno, per scoprirne il significato riposto. Ma sentivo una cosa sola, oltre la tortura di morire asfissiato e schiacciato, le zampette di coleottero premute sul petto sentivo la voce stridula di mia figlia, un bocciolo di rosa di sedici anni!, che mi urlava le stesse parole dell’altro giorno, quando le ho proibito certi amici e certe letture: “Non siamo della stessa razza, papà! Siamo animali diversi e nemici”. Therese, nuda e attraente come non mai, assisteva al mio martirio e rideva.

La vedevo con un occhio, di sotto il cuscino, e la desideravo in modo atroce, sentendomi ridiventare potente. Si, la foia di uno scarafaggio li Ii per crepare... Non so quanto sia durato, ma se il mio cuore non fosse più che forte, da quell’incubo non mi sarei sveg1iato più. Una volta desto, tutto
in sudore e sentendomi addosso un lezzo di stalla (come mai, se ho fatto il bagno ieri sera, prima di andare a letto?), mi sono precipitato allo specchio. Credevo di veder riflesso un enorme scarafaggio
bruno. Invece, la vista della mia faccia pallida, lustra, coi capelli appiccicati alla fronte, la bocca aperta, la barba lunga e nerastra, mi ha fatto ancora più orrore, tanto che ho singhiozzato dentro un asciugamano.

“No, no, no! Sei tu, Kafka, lo scarafaggio! Tu, la bestia, il mostro, l'anticristo! Questa non è arte, o peggio: è arte degenerata! In epoche più degne, robaccia meno pestifera di questa veniva bruciata sul rogo, per mano del boia. Gli ebrei, più ancora se intellettuali, sono disgregatori, corruttori, i nemici dell’umanità, la peste di tutti i tempi, fin da Abramo, Mosé e Cristo. Perché Ii tolleriamo in mezzo a noi? In fumo bisognerebbe trasformarli, in un fumo nero che ascenda al cielo e liberi la terra. Non verrà mai, quel giorno benedetto?”