Su una bancarella dell'usato ho scovato questo romanzo di Giorgio Scerbanenco. Recita la quarta di copertina:

Un giallo italiano.
Qualcuno che ama troppo,
qualcuno che non sa amare,
qualcuno che odia soltanto.
Una vicenda d'amore attraverso la drammatica ricerca di un colpevole:
il suo nome fu scritto sulla sabbia, ma la sabbia non ricorda.




Scerbanenco ambienta questa storia tra Lignano Sabbiadoro e Latisana, nel 1960. Si capisce subito che lui in quei posti ci è stato: si sentono gli odori, le parlate, si vedono i colori, il modo di intendere la vita.
I personaggi sono definiti da quello che fanno, per come lo fanno. Pochissime le righe per spiegare un carattere o un'emozione. Viene tutto lasciato ai gesti e alle parole.
Il risultato è un romanzo scorrevole, che trascina nella lettura come un buon giallo che si rispetti. Sì, perché questo è un giallo. Un giallo classico, classicissimo: colpevole presente e nascosto fin dalle prime pagine. Sospetti sospettati, colpevole insosospettabile e colpo di scena finale, coi buoni che finiscono tra i buoni e i cattivi con i cattivi. Ma il bello del libro è il suo aspetto rosa. Tutti parlano di come Scerbanenco sappia mescolare giallo e rosa creando un genere tutto suo. D'accordo, ma questa è una visione riduttiva.
Scerbanenco scrive molto bene. Pulito, armonioso e semplice, senza strafare. Tratteggia i personaggi come perfette sculture di se stessi. Poi decide di metterci anche una storia d'amore in mezzo al giallo, e la sa intrecciare alla perfezione. Ma io sono convinta che che se ci avesse messo una storia d'odio, o d'invidia, o di rabbia, o di vendetta, o di vanità, o di solitudine, o di qualsiasi altro ingrediente da mescolare al giallo, ci sarebbe riuscito. Per questo motivo dico che è riduttivo catalogare Scerbanenco sotto la voce: scrittore di gialli/rosa. "Ottimo scrittore" è una definizione molto più appropriata.