Descrizione


La Grande Guerra non ha eroi. I protagonisti non sono re, imperatori, generali. Sono fanti contadini: i nostri nonni. Aldo Cazzullo racconta il conflitto '15-18 sul fronte italiano, alternando storie di uomini e di donne: le storie delle nostre famiglie. Perché la guerra è l'inizio della libertà per le donne, che dimostrano di poter fare le stesse cose degli uomini: lavorare in fabbrica, guidare i tram, laurearsi, insegnare. Le vicende di crocerossine, prostitute, portatrici, spie, inviate di guerra, persino soldatesse in incognito, incrociano quelle di alpini, arditi, prigionieri, poeti in armi, grandi personaggi e altri sconosciuti. Attraverso lettere, diari di guerra, testimonianze anche inedite, "La guerra dei nostri nonni" conduce nell'abisso del dolore. Ma sia le testimonianze di una sofferenza che oggi non riusciamo neppure a immaginare, sia le tante storie a lieto fine, come quelle raccolte dall'autore su Facebook, restituiscono la stessa idea di fondo: la Grande Guerra fu la prima sfida dell'Italia unita; e fu vinta. L'Italia poteva essere spazzata via; dimostrò di non essere più "un nome geografico", ma una nazione. Questo non toglie nulla alle gravissime responsabilità, che il libro denuncia con forza, di politici, generali, affaristi, intellettuali, a cominciare da D'Annunzio, che trascinarono il Paese nel grande massacro. Ma può aiutarci a ricordare chi erano i nostri nonni, di quale forza morale furono capaci, e quale patrimonio portiamo dentro di noi.





Ho terminato in questi giorni la lettura del libro del mio concittadino, l’albese Aldo Cazzullo, “La guerra dei nostri nonni”( Mondadori, Strade Blu), e sono ancora sconvolta, travagliata da sentimenti contrastanti, dolore, indignazione; ho il cuore pervaso da una pena infinita.

E’ la grande storia della guerra ’15-’18, raccontata attraverso tante piccole storie, di uomini, donne, persino animali, i cosiddetti “ cani di guerra”.
Soldati , tenenti, generali,ma soprattutto semplici fanti … piccoli e grandi uomini, non nel senso gerarchico , come si potrebbe credere: piuttosto nel senso del “cuore”, del sentimento..
Contiene testimonianze rare e preziose, che l’autore ha raccolto con paziente lavoro,su momenti di guerra, importanti ai fini della Storia, o insignificanti nella loro semplicità.
Contiene lettere struggenti, spedite da ragazzi ventenni che guardavano ogni momento la morte in viso; scritte da madri senza più lacrime che vivevano aspettando e pregando.
Contiene storie di violenze subite da donne inermi, da parte di soldati nemici; i piccoli che nascevano erano chiamati “ gli orfani dei vivi” perché nessuno li voleva e le madri dovevano strapparseli dal petto e dal cuore.
Contiene la narrazione non solo dei momenti “gloriosi” , ma soprattutto della quotidianità: la fame, le malattie, gli stenti, le ferite, i morti a fianco nelle trincee, la nostalgia di casa e dei propri cari.
E poi, ancora,ci mostra il Nemico: scoprire che è come te, con gli stessi tuoi problemi, le stesse paure.
Racconta piccoli gesti, non da uomini nemici fra loro, ma da un essere umano ad un altro.

Terribile la parte del libro che narra lo spaventoso numero di morti e feriti; le invalidità permanenti, la pazzia in persone più fragili, in seguito a situazioni di orrore; il sacrificio.
Donne di ogni ceto, e molte di nobili famiglie , dedicarono alla cura dei feriti, come Crocerossine, la loro vita; e quasi nessuna di loro tornò viva, più per contagi di malattie, che per ferite di guerra.

Si parla di nomi famosi, D’Annunzio, Il generale Cadorna, il generale Graziani, non sempre raccontando da parte loro scelte o comportamenti encomiabili…
Si racconta anche di soldati dai nomi famosi, il più noto Giuseppe Ungaretti, la cui poesia più struggente ancora oggi viene letta a scuola, ma..chissà se gli studenti immagineranno mai che orrore ci fosse, dietro a quei versi indimenticabili?
San Martino del Carso
Di queste case
Non è rimasto
Che qualche
Brandello di muro.
di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto.
Ma nel cuore
Nessuna croce manca.
E’ il mio cuore
Il paese più straziato.
( G.Ungaretti)

“La guerra dei nostri nonni” non è un libro per palati deboli: pensare che tutto ciò che narra sia stato vissuto realmente, che non sia un romanzo, è difficile da accettare, senza avere un moto di ripugnanza. Di sgomento. Eppure è accaduto.
Gli uomini del nostro tempo – quelli che sono ora adulti- sono più preparati forse( ma lo sono?) sull’ultima guerra: il Nazismo, il fascismo, la Resistenza… e non sanno che quella guerra, del ’15-’18, fu infinitamente più spaventosa, di portata immane, e rubò più di 12 milioni e mezzo di vite .


C’è, nel libro di Aldo Cazzullo, fra mille episodi, una storia che mi ha fatto piangere.
Un fante di Langa, Onorato detto Noretu, ragazzo del ’99, partì un giorno per il fronte. Aspettò di allontanarsi per piangere senza essere visto.
Pensava che non sarebbe mai tornato.
Invece il fato fu buono con lui, e Noretu tornò a casa.
Una mattina di 24 anni dopo, toccò a lui accompagnare al treno il figlio che partiva per un’altra guerra: la campagna di Russia.
Suo figlio non tornò mai.
Per tutti gli anni che gli rimasero da vivere, Noretu andò ogni sera, in ogni stagione, in fondo all’aia, per vedere se il figlio spuntasse all’orizzonte.
Diceva: - Vado a vedere se sta arrivando.
Il figlio disperso era diventato una sua ossessione.
La moglie raccontò che sul letto di morte le sue ultime , timide parole furono:- Va’ a vedere se sta arrivando.
Mai arreso, passava il testimone a chi restava!
Quanto dolore in questa storia vera.

Ma tutto il libro di Cazzullo è intriso di dolore.
E’ un libro che richiede coraggio per essere letto, per sopportare tutto ciò che racconta. Eppure, concludo con le parole dell’autore “ il recupero della memoria della grande Guerra, cent’anni dopo, è un dovere nei confronti dei salvati e più ancora dei sommersi”.
Rosy