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Venuto al mondo



“Una mattina Gemma sale su un aereo, trascinandosi dietro un figlio di oggi, Pietro, un ragazzo di sedici anni. Destinazione Sarajevo, città-confine tra Occidente e Oriente, ferita da un passato ancora vicino. Ad attenderla all'aeroporto, Gojko, poeta bosniaco, amico, fratello, amore mancato, che ai tempi festosi delle Olimpiadi invernali del 1984 traghettò Gemma verso l'amore della sua vita, Diego, il fotografo di pozzanghere. Il romanzo racconta la storia di questo amore, una storia di ragazzi farneticanti che si rincontrano oggi invecchiati in un dopoguerra recente. Una storia d'amore appassionata, imperfetta come gli amori veri. Ma anche la storia di una maternità cercata, negata, risarcita. Il cammino misterioso di una nascita che fa piazza pulita della scienza, della biologia, e si addentra nella placenta preistorica di una guerra che mentre uccide procrea. L'avventura di Gemma e Diego è anche la storia di tutti noi, perché questo è un romanzo contemporaneo. Di pace e di guerra. La pace è l'aridità fumosa di un Occidente flaccido di egoismi, perso nella salamoia del benessere. La guerra è quella di una donna che ingaggia contro la natura una battaglia estrema e oltraggiosa. L'assedio di Sarajevo diventa l'assedio di ogni personaggio di questa vicenda di non eroi scaraventati dalla storia in un destino che sembra in attesa di loro come un tiratore scelto. Un romanzo-mondo, di forte impegno etico, spiazzante come un thriller, emblematico come una parabola.”


“Venuto al mondo” appartiene, per me, ad una categoria particolare di romanzi: li leggi e ti leggi.
Non necessariamente negli avvenimenti, ma nei sentimenti, in un modo di agire, di pensare, nei comportamenti positivi ma a volte anche negli atteggiamenti discutibili, nelle piccole meschinità, ipocrisie, vigliaccherie. In fondo è un guardarsi allo specchio e bisogna avere il coraggio di non spegnere la luce.

Una storia d’amore tra una donna borghese ed un giovane hippie rimasto ragazzo, che gioca a fare l’artista giramondo. Un amore a prima vista, travolgente al punto da mandare all’aria il matrimonio di lei. L’unione molto romantica tra i due li porta ad una vita inizialmente bohemienne, anche se poi subentra il classico tran tran piccolo borghese. A questo punto emerge forte il desiderio di maternità da parte di Gemma, che purtroppo nonostante gli sforzi resta negato . L’unica via diventa “una cicogna in affitto” e questa strada riporta i due giovani a Sarajevo, dove si erano conosciuti alcuni anni prima. Ma è il momento sbagliato, comincia la guerra nei Balcani ed i nostri rimangono coinvolti.
La prima parte del romanzo in termini molto stringati è questa. Appesantita da un certo piangersi addosso di Gemma per la sua “menomazione” come la chiama l’autrice.
A me piace come scrive la Mazzantini, una scrittura moderna, diretta ma raffinata, con qualche eccesso, qualche spigolosità ma realistica. Insomma sa mantenere la tensione. E la prima parte del libro ne è un esempio perché si regge bene proprio sullo stile della scrittura.

Il romanzo decolla veramente nella parte centrale, dove viene delineata meglio la qualità dei personaggi, non solo dei due principali ma anche degli altri. La descrizione dell’assedio di Sarajevo visto attraverso gli occhi di Gemma è mirabile. La dignità delle vittime, stavo per dire dei vinti, conquista l’attenzione. Ma è Gemma che racconta in prima persona ed il suo problema, pur nel contesto della tragedia vissuta e descritta, continua ad essere ben presente.
Il susseguirsi degli avvenimenti è un crescendo angosciante e disperato, ma comunque la speranza trova uno sbocco e Gemma finalmente ha “il suo bambino”.
“Venuto al mondo” lo dice il titolo è soprattutto questa storia, ma è anche una storia di amore e di guerra e tutta la terza parte del romanzo approfondisce questi aspetti. E lo fa in modo spietato.
La Mazzantini diventa di una durezza a volte inaudita, le ultime 100 pagine sono dolorose e la sensibilità del lettore è messa a dura prova. Ma non un rigo, non una parola sono di troppo. Sono durezze della vita e della guerra.
E se ci appaiono gratuite è perché così sono tante tragedie collettive e personali.
L’impressione finale dopo queste 500 pagine così ben scritte e coinvolgenti, è una sensazione di dolore, di speranza, di vita che va avanti, perché ognuno a modo suo ci si aggrappa.


Ciao