Riprovo ad inviare il mio racconto inedito. Grazie a chi lo vorrà leggere e commentare.

Quattro passi
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Chissà perchè quel giorno.
A prima vista, era un giorno come tanti, con un sole smorto a rischiarare il sottile drappo di nebbia che saliva adagio, dal fondo delle colline.
Eppure, si era trovato a camminare sul sentiero sottile che tagliava le vigne e si perdeva lontano, laggiù dove cominciava il tramonto. Era partito presto, un passo dopo l'altro, un pensiero dopo l'altro.
Ogni tanto si fermava, ad osservare la processione di pioppi lontani, sulla pianura, dove il fiume sembrava una serpe d'argento persa fra il verde. Chissà perchè quel giorno.
Forse non esistevano giorni particolari per iniziare un viaggio o forse sì, non aveva la risposta; di sicuro sapeva che quel giorno ne aveva intrapreso uno difficile.
"Esco a fare quattro passi" Aveva detto alla moglie, intenta a curare un grande glicine fiorito.
"Non fare tardi."
La strada ora curvava verso altre vigne, altri poderi, dove l'autunno ancora non era arrivato e i grappoli pieni aspettavano altro sole.
Erano anni che non percorreva più quella strada; d'improvviso gli sembrarono troppi, come i fili d'argento che nascevano numerosi sulla sua barba e sui suoi radi capelli. Gli tornarono in mente i viaggi che aveva fatto, in ogni parte del mondo, per lavoro o per divertimento, ma quel paesaggio di fine estate e quella terra dolce, ora gli sembravano il luogo più lontano del mondo.
Ancora una curva e la casa apparve, sempre la stessa, come affiorava dai ricordi; anche quando cercava di allontanarli e quelli tornavano, senza avvisarlo. Si ritrovò a pensare a come aveva cercato di scacciare quelle emozioni per troppi, troppi giorni.
Ecco la facciata a mattoni, la piccola recinzione in legno, colorata d'un rosso vivace ed il camino col gallo di ferro, a far da banderuola ad un vento assente.
Ancora pochi passi, soltanto quattro, e sarebbe arrivato.
Si fermò ad osservare il digradare dei colli ed il colore del cielo, un azzurro chiaro che il sole screziava di rosa.
Avrebbe dovuto tornare indietro, cancellare quel viaggio, cancellare quel giorno. Proseguì, un passo dopo l'altro; mai viaggio gli era parso così difficile, mai cammino così impervio. Ed ancora i ricordi tornarono, crudeli ed insopprimibili. Un giorno come tanti, lontano nel tempo, un giorno che ancora non era estate, ed una lite dura,senza ritorno. Un volgere di spalle, una valigia con poche cose e davanti un lungo percorso, lungo come la vita. Erano passati soli e lune, stagioni buone e giorni di pioggia e vento; aveva guardato albe ed altri tramonti, prima di tornare lì, dove le strade si perdevano fra i grappoli e la polvere delle strade, a sera, si macchiava di crepuscolo.
Da poco occupava la casa nuova, con la sua compagna di sempre; una casa nuova a quattro passi da quella che, ora, era affiorata tra il verde. Strano come il cerchio a volte si chiuda e come, dopo altri mille e mille passi, era tornato lì. La strada breve che separava le due case gli era sembrata un cammino insuperabile.
Sempre si era rifiutato di percorrerlo. Fino a quel giorno. Chissà perchè quel giorno.
Si fermò ad osservare un gatto pigro che dormiva sul muretto di mattoni rossi, un gatto bianco e nero, come quello che aveva lui, tante stagioni prima; o forse era proprio quello, in una delle sue ultime nove vite.
Il silenzio era appena screpolato dal cigolare di un altalena nel giardino. Lui non ne aveva mai avuta una.
Notò le imposte verniciate di fresco ed un profumo di caffè, che si confondeva con la fragranza dei fiori nell'aria umida. Sapeva di dover tornare indietro, di dover volgere il passo verso la sua vita; lì non c'era più nulla per lui, quella non era più la sua mèta. La sua scelta era stata diversa e non la rimpiangeva.
"Ancora quattro passi e torno."
Era davanti all'ingresso, una bella porta nuova che cominciava dove finiva la recinzione.
Udì un sussurro ed una voce di bimbo.
Appoggiò il dito sul campanello e premette il pulsante d'ottone lucido.
"Chi è?" Una voce di donna, fresca, gentile, sconosciuta.
Ma non fu la voce che udì.
Era stato un viaggio lungo, difficile; quattro passi soltanto.
"Sono io, tuo figlio, papà."




Silvano Nuvolone.