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Discussione: Letteratura greco-antica

          
  1. #76
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    Focilide di Mileto (VI sec. a.C.)

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    (Scena di un simposio)

    Di questo autore si arrivano pochi frammenti, tutti firmati (sphraghis o sigillo) con " kai tòde Phokylideo" (questo è di Focilide)
    In uno di tali frammenti, l'Autore un frammento descrive vari tipi di donna:la donna bella è paragonata al al cavallo, l'indifferente al maiale, l'operosa alla pecchia (ape).
    Di Focilide anch’esso è questo detto.
    Da quattro cose sorse delle donne
    La razza, altra dal cane, altra dall’ape,
    Altra da torva troja ed altra in fine
    Dal chiomato destriero. È questa infatti
    Buona, svelta, massaia e nell’aspetto
    Ottima inver; ma quella, che da troja
    Venne, buona non è, neppur cattiva:
    Quella poi, che dal cane, è triste e fiera:
    Economa, gentil, laborïosa
    È ben colei, che inizio ebbe dall’ape.
    Amico, questa a dolce sposa invoca.


    .......................

    Convien nel banchetto vin bere e ribere
    Prendendo in colloqui soave piacere.
    ...............................

    Ogni opra poni a pingue campo intorno:
    Dicon che d’Amaltea fu questo il corno.

    ...........................

    Dio prima, e poscia i genitori onora.
    A ognun dà il giusto, e mai favor non entri
    Nel tuo giudizio. Povertà deporre
    Per l’ingiusto non dèi, nè giudicare
    Dal volto, chè se mal giudicherai
    Giudicherà te poscia Dio. Fallace
    Testimonianza fuggi, e parla il giusto.
    Casto ti serba, e sii fedele in tutto.
    Fa con misura il giusto: in tutto è buono
    Tener modo. Da parte la bilancia
    Tu non tirar, ma la conserva pari.
    Non spergiurare inconscio, nè volente.
    L'eterno Dio qual che spergiuri abborre.
    Non rapir semi; ha biasmo chi li toglie.
    Dà mercede a quei ch’opra, il poverello
    Non calpestar: mente alla lingua poni,
    Occulta la parola entro al pensiero,
    L’ingiusto fuggi, e l’impedisci altrui.
    Dà tosto al mendicante, e non protrarre.


    (da Wikisource)

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    (Un frammento)

    Le poesie sono a carattere parenetico (esortativo) e gnomico (sentenzioso) : spesso, in esse, Focilide tesse le lodi della vita agricola, esalta la giustizia; come però si è visto nel frammento precedente, in esso non mancano tratti di misoginia.
    La presenza costante del tono moralistico lo avvicinerebbe a Esiodo; tuttavia, si notano delle rassomiglianze con le opere di Teognide , pare suo contemporaneo, non solo per i contenuti ma anche per il pubblico a cui si rivolgeva, ossìa quello del simposio.

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  2. #77
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    Anacreonte di Teo

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    Anacreonte di Teo (570-485 a.C.n.) fu poeta itinerante, ed è inserito tra i poeti della cosiddetta Età classica della lewtteratura greca. Autore prolificodi versi melici, giambici ed elegiaci,delle sue opere ci sono giunti, però, circa duecento frammenti, giambici.
    A.scrisse in lingua jonica, ed il suo stile è (passatemi il termine) segnato da profonda leggerezza, nel senso che dipinse i tratti più nascosti dell'animo umano con tratto e parole facilmente intuibili ed usate dal parlato comune. Lo stile è quindi semplice, limpido, vivace. Il tono a volte è anche satirico.
    In A. son frequenti i poliptoti (stesse parole, ma con diverse terminazioni), le anafore,;e, come Alceo, le personae loquentes (personaggi volutamente inseriti da Anacreonte ed esprimentesi in prima persona).
    I temi sono: il simposio, l'amore etero- ed omosessuale, il vino, la politica, le vicende della vita della persona (ed è qui che lo preferisco, pittore come pochi dell'animo umano).
    Va detto anche che Anacreonte - il quale trovava (come era d'uso nella Grecia antica) piacere sia con l'attività eterosessuale che omosessuale (purché fanciullesco) - divenne fin dal Seicento la personificazione del piacere gaudente e del libertinismo ; Batillo - il giovinetto di Samo intensamente amato dal poeta - divenne simbolo di depravazione.


    In alcune sue liriche, Anacreonte dipinge con crudo realismo accompagnata da amarezza il timore per l'avvicinarsi dell'età senile. La vecchiaia priva l’uomo della bellezza e concede poco tempo alla dolce vita (...mi resta breve tempo) . La vecchiaia, qui, è descritta con timore, è vero (Biancheggiano... le tempie... calvo è il capo),però dona sempre alla persona che si inoltra nel tempo la facoltà di pensare sul valore della vita; così, Anacreonte teme soprattutto la morte ed esprime sgomento per la paura della discesa nell'Acheronte, da cui è stabilito che chi scende non risalga. La consapevolezza della finitudine umana è, allora, un bene per l'uomo stesso perchè con essa prende ragione, pur manifestando sentimenti estremi, della vacuità del tempo e della necessità di sostanziare gli ultimi anni della propria vita. Ricordiamo che secondo la concezione della Grecia classica Ade e la sua sposa Persefone- Proserpina [divinità psicopompe] erano i sovrani delle anime dei morti: dall' Acheronte, ultimo baratro, non c’era possibilità di ritorno alla vita; le anime, ombre senza vita , conducevano nell’Oltretomba un’esistenza imprecisa, come un riflesso della vita terrena, però priva della materialità e della consistenza.

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  3. #78
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    Da Anacreonte:


    Biancheggiano già le mie tempie
    e calvo è il capo;
    la cara giovinezza non è più,
    e devastati sono i denti.
    Della dolce vita ormai
    mi resta breve tempo.
    E spesso mi lamento
    per timore dell’Ade.
    Tremendo è l’abisso di Acheronte
    e inesorabile la sua discesa:
    perché chi vi precipita
    è legge che più non risalga.



    Sovra i mirti e fra le rose (trad.di Ugo Foscolo, 1821)

    Sovra i mirti e fra le rose,
    Sovra molli erbe odorose
    Adagiato io voglio ber.
    Deh, t'annoda al collo il manto,
    Bell'Amore! e mentr'io canto,
    Corri a farmi da coppier.
    Ahi! l'umana vita fugge
    Come ruota che si strugge
    Più che gira, e sempre va.
    Sonno eterno in poca fossa
    Sulla polvere e fra l'ossa
    Il mio corpo dormirà.
    A che i balsami e i conforti
    Sulle tombe? A che su' morti
    Tanto vino e tanti fior?
    A me il nappo e la corona
    Or ch'io spiro, or che risuona
    La mia lira e m'arde il cor.
    Vieni e meco ti trastulla;
    Qui m'invita la fanciulla
    Che sa ridere e trescar.
    Ah, Cupido! è meglio, innanzi
    Che fra' morti ignudo io danzi,
    Dar gli affanni ai venti e al mar.
    ..........................................

    Porta l'acqua, porta il vino, ragazzo,
    e portami corone di fiori
    che voglio fare a pugni con Eros

    ..........................................

    Puledra tracia, perchè dunque tu, lanciandomi occhiate di traverso , senza pietà mi sfuggi?
    Credi forse che io sia un buono a nulla ?
    Sappilo bene, io potrei facilmente metterti il morso,
    e tenendo le briglie potrei farti girare attorno alle mète del tracciato;
    adesso invece tu pascoli nei prati e ti diverti saltellando leggera.
    ...Perché tu non hai un cavaliere esperto che ti monti.

    ............................................

    Con una palla purpurea, di nuovo,
    Eros chioma d'oro mi colpisce,
    e mi invita a giocare
    con una fanciulla dal sandalo variegato.
    Ma lei - è di Lesbo
    ben costruita - disprezza
    la mia chioma che è bianca,
    e di fronte a un'altra sta a bocca aperta.


    .................................................. .


    Un'ape che dormiva tra le rose,
    non la vide Eros, che ne fu trafitto in un dito:
    lanciò un grido percuotendosi le mani
    e di corsa e a volo venne dalla bella Citerea:
    "Madre, son finito, son finito e sto morendo,
    mi hacolpito un serpentello con le ali,
    che è chiamato qui dai villici la pecchia ".
    E lei disse:
    "Se si soffre per un pungiglion d'ape,
    quanto pensi che si soffra
    per i colpi che tu infliggi?"




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  4. #79
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    Un'altra traduzione di Eros e vecchiaia:

    Colpendomi con una palla purpurea di nuovo Eros dai capelli d'oro
    mi invita a giocare con una ragazza dai sandali variopinti:
    ma lei, infatti è di Lesbo raffinata, disprezza i miei capelli
    - sono bianchi - e sta a bocca aperta per altri capelli.


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  5. #80
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    "Biancheggiano già le mie tempie
    e calvo è il capo;
    la cara giovinezza non è più,
    e devastati sono i denti."
    Ma l'hai scritta tu? E' autobiografica?

  6. #81
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    Ibico di Reggio Calabria (metà del VI sec. a.C.)

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    (Reggio Calabria, stele ad Ibico)

    Ibico nacque a Rhegion (l'antica Reggio della Calabria) nel VI° sec. a. C. da una nobile famiglia . Molto giovane girovagò per le varie città della Magna Graecia dove fu a contatto con molte altre realtà culturali della civiltà magnogreca.
    Poeta, musico, fu inserito dagli intellettuali alessandrini tra i nove poeti eccelsi per la lira; le sue opere furono vennero raccolte in sette libri presso la biblioteca di Alessandria d’Egitto

    Cicerone lo lodò considerandolo poeta d'amore più ardente degli altri poeti della Magna Grecia:“ Il Reggino Ibico tra tutti il più infiammato d'amore. E vediamo che gli amori di tutti costoro sono sensuali “(Cicerone, Tuscolane, IV, 71). Plutarco invece ci ha tramandato la curiosa e strana leggenda della sua morte: “Ferito a morte dai ladri nei pressi di Corinto, il poeta in punto di morte vide uno stormo di gru e le pregò di vendicare la sua morte. I ladri nel frattempo giunsero a Corinto e, poco dopo seduti nel teatro, videro le gru sopra le loro teste. Uno di loro, sorpreso, esclamò: ..., così la gente capì cosa era successo accusando gli autori del delitto.”( Plutarco, De Garrulitate, XIV).

    Poeta con produzione melica e corale, questo poeta itinerante si esprime in dorico letterario, con un dialetto però contenente eolismi e jonismi, nonchè alcune forme dialettali della Magna Grecia.
    Lo stile è imaginifico, alla ricerca di parole e frasi ad effetto immediato sul lettore. Intenso è l'uso di aggettivazioni.
    Il tema è spesso erotico.

  7. #82
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    VIOLENZA DI EROS
    A primavera i cidonii (*)
    meli irrigati e le correnti
    dei fiumi, delle Vergini
    nel giardino intatto, e le viti in germoglio
    sotto gli ombrosi tralci
    pampinei (**)crescono fiorenti. Ma per me Eros
    non riposa in alcuna stagione:
    e, come per folgore infuria
    il tracio Borea, balzando
    da parte di Cipride con ardente follia,
    tenebroso spietato
    possente
    nel profondo domina
    l'anima mia.


    Ecco, ho evidenziato ghi aggettivi che Ibico usa in questa lirica. Sottolineato, un termine che avrebbe anche potuto essere tradotto con un aggettivo.
    Tutto questo per far risaltare la magistrale arte di Ibico nel descrivere l'oggetto, e l'uso di aggettivazioni per rendere più forte, attraente ed immediata l'immagine

    (*) Di Cidònio, antica città di Creta.
    (**) Da pàmpino, Tralcio di vite rivestito di foglie

  8. #83
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    Ibico di Reggio Calabria:

    COME IL VENTO DEL NORD

    A primavera, quando
    l'acqua dei fiumi deriva nei canali
    e lungo l'orto sacro delle vergini
    ai meli cidonii apre il fiore,
    ed altro fiore assale i tralci della vite
    nell'ombra delle foglie;

    in me Eros,
    che mai alcuna età mi rasserena,
    come il vento del nord rosso di fulmini,
    rapido muove: cosí, torbido
    spietato arso di demenza,
    custodisce tenace nella mente
    tutte le voglie che avevo da ragazzo.


    NUOVAMENTE EROS

    Nuovamente Eros,
    di sotto alle palpebre languido
    mi guarda coi suoi occhi di mare:
    con oscure dolcezze
    mi spinge nelle reti di Cipride
    inestricabili.

    Ora io trepido quando si avvicina,
    come cavallo che uso alle vittorie,
    a tarda giovinezza, contro voglia
    fra carri veloci torna a gara.

    .................................................. ..................

    E tra le foglie sue più alte
    posano screziate colombe
    e porfiridi dal collo variegato
    e alcioni dalle larghe ali.
    .................................................. ..................

    Onore e colpa

    Temo che colpa verso dèi
    valga onor presso mortali.


    Stelle notturne

    Ardono, nella lunga notte,
    stelle fulgidissime.
    Immagini allegate Immagini allegate  

  9. #84
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    "Biancheggiano già le mie tempie
    e calvo è il capo;
    la cara giovinezza non è più,
    e devastati sono i denti."
    Ma l'hai scritta tu? E' autobiografica?
    No, io ho scritto questi (che la critica attribuisce ad Anacreonte :

    Sappilo bene, io potrei facilmente metterti il morso,
    e tenendo le briglie potrei farti girare attorno alle mète del tracciato;
    adesso invece tu pascoli nei prati e ti diverti saltellando leggera.
    ...Perché tu non hai un cavaliere esperto che ti monti.

  10. #85
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    Teognide di Megara Nisea.

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    Teognide visse nel V° sec.a.C. Autore molto seguito per il carattere gnomico (sentenzioso) e paideutico ( educativo) delle sue opere, è autore di opere a
    carattere politico, etico ed erotico.
    Teognide critica aspramente la degenerazione morale che si stava attuando, ai suoi tempi, nella polis. Alle attitudini imperanti, Teognide contrappone il senso morale del "buon tempo antico".
    Lo stile è gnomico (sentenzioso)
    La lingua trae ispirazioni dall'epos.



    Alcune citazioni di Teognide:

    Neanche il leone banchetta sempre a carne: forte com'è, talvolta si trova a dover digiunare.
    Non cercare onori, favori o ricchezze attraverso azioni ingiuste e vergognose.
    Non confidare sempre a tutti ciò che ti accingi a fare: pochi sono gli amici veramente fidati.
    Non denigrare nessun nemico se è valoroso, e non
    lodare nessun amico se è malvagio.

  11. #86
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    Da Teognide:
    IMPOSSIBILE EDUCAZIONE


    Generare e allevare un uomo è più facile che educarne la mente.
    Nessuno è mai riuscito in questo, a far saggio lo stolto e buono
    il cattivo. Se agli Asclepiadi il dio concedesse di guarire dalla
    malvagità, e rischiarare le cieche menti degli uomini, molti e
    grandi profitti essi ne trarrebbero. Se fosse possibile fabbrica-
    re il senno e infonderlo nell'uomo, nessun padre buono avrebbe
    figli cattivi, ché l'educherebbe coi suoi saggi consigli. Ma gli
    insegnamenti non renderanno mai buono il cattivo.



    FORZA D'ANIMO

    Sopporta, anche se mali patissi insoffribili, o cuore:
    s'addice impazienza solo dei vili al cuore.

    Non crescere il tuo cruccio pei mali che scampo non hanno,
    non farne gran cura, non dar cruccio agli amici,

    agli inimici gioia: schivar ciò che inviano i Numi
    non è facile impresa per l'uomo a morte nato,

    neppur se fra gli abissi del mare purpurei s'immerge,
    né quando il nubiloso Tartaro l'ha ghermito.


    RICCHEZZE E VERI GUADAGNI

    La ricchezza che vien da Zeus, pulita e giusta,
    per gli uomini è una cosa che resiste.
    Ma se,rapace, l'uomo intempestivamente
    l'acquista, o spergiurando la carpisce,
    il guadagno l'illude un attimo: ché tutto
    torna in pianto, alla fine; il dio prevale.

    Chi ritiene il suo prossimo privo di comprendonio
    e si crede furbissimo lui solo,
    è uno sciocco che ha perso il ben dell'intelletto.
    Oh, le furbizie le conosciamo tutti!
    Ma, mentre c'è chi gode degl'intrighi fraudolenti,
    c'è chi non cerca sordidi profitti.

    Per l'uomo non c'è limite preciso alla ricchezza:
    quelli di noi ch'hanno sostanze immense
    smaniano il doppio. E chi li sazia tutti? Una follia
    divengono per gli uomini, i quattrini.
    Spunta rovina: Zeus la manda a loro che si struggono:
    ora l'uno ora l'altro se la tiene.

    (I lirici greci, trad. F.M.Pontani, Einaudi, Torino, 1969)

  12. #87
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    Dal Corpus Theognideum:

    Ragazzo e cavallo si associano nella mente:
    nè il cavallo compiange il cavaliere caduto nella polvere,
    ma saziato di biada porta in groppa il nuovo padrone.
    Allo stesso modo anche il ragazzo ama l'uomo del momento

  13. #88
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    Simonide di Ceo (556-468 ca a.C.)

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    (Simonide di Ceo, miniatura medievale)


    Simonide fu poeta itinerante. Fu scrittore versatile, molto seguito per il carattere gnomico dei suoi versi. Comunque, la sua produzione letteraria abbraccia vari generi letterari:
    • epigrammi
    • encomi
    • preghiere o maledizioni (kateukhài)
    • tragedie
    • ditirambi, ecc. A noi sono pervenuti frammenti elegiaci e melici.

    La lingua è quella dorica, ma con tratti di derivazione omerica.
    L'ispirazione è spesso epica
    I temi trattati sono numerosi, soprattutto etici. Ricordiamo un tratto importante della sua produzione, che volse a trattare l'immortalità della poesia.
    L'animo con cui affronta i temi è pessimistico, relativistico e anticonformista. Il risultato delle sue opere, però, a volte assume toni freddi e distaccati, quasi che si scorga una mancanza di partecipazione alle vicende della vita.
    Anche se il suo genere poetico è legato in qualche modo al passato, Simonide di Ceo fu sempre incline ad accogliere i nuovi fermenti culturali.
    Caratteri ricorrenti della poesia di Simonide sono la scelta minuzosa e abile delle parole, l'esprimersi attraverso il discorso chiaro ; la presenza di armonia.
    Va anche ricordato che fu considerato il primo grande cultore dell'epigramma;
    Di attitudine quindi versatile il suo è uno spirito scettico, libero da influenze mistiche, È giusto pensare che il suo pensiero precorra l'indirizzo spirituale che sfociera, poi, nel relativismo della scuola Sofistica.
    La sua fama fu vasta e duratura, anche presso i poeti romani (Orazio e Catullo)

  14. #89
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    Alcuni frammenti di Simonide di Ceo:

    Salvete, o fortissimi,
    Che in guerra pugnaste,
    D’Atene voi giovani,
    Che gloria mercaste
    Spingendo i destrier.

    ....................................
    Se il bel morire è massima virtute,
    Questo fra tutti a noi concesse morte,
    Che a Grecia dare libertà volendo
    Sacri a gloria immortal qui procombemmo.
    ...................................

    Epigramma

    Uomo, non dire mai cosa avverrà domani,
    né, se vedi altro felice, quanto tempo lo sarà,
    ché neppure il volo ad ali distese della mosca
    sarà così veloce come il mutare delle vicende umane.

  15. #90
    Master Member L'avatar di Sir Galahad
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    Simonide è interessante, dal punto di vista letterario, per i numerosi generi e le forme letterarie. Ne diamo qui un breve accenno:

    • Threnos, ovvero il lamento: canto funebre che celebra la dipartita di un rappresentante della polis
    • ditirambo, lirica corale in onore di Dioniso
    • prosodio, o canto processonale; Era cantato da un corteo di ragazzi e ragazze che portavano doni durante la processione diretta al tempio del dio celebrato, Dionoso o Artemide
    • encomio, componimento in versi a lode di una persona
    • epinicio, canto monodico celebrato dal vincitore degli agoni, o giochi agonistici (panellenici o regionali).

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