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Discussione: Letteratura greco-antica

          
  1. #61
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    Saffo, i sentimenti e il soffio della Natura: frammenti.

    Gli astri d'intorno alla leggiadra luna
    Nascondono l'immagine lucente,
    quando piena più risplende, bianca
    sopra la terra.


    ( fr.4 )


    Ho una bella fanciulla
    Simile nell'apetto ai fiori d'oro,
    la mia Cleide diletta.
    Io non la darei né per tutta la Lidia
    Né per l'amata…


    ( fr.152 )



    Tramontata è la luna
    e le Pleiadi a mezzo della notte ;
    anche giovinezza già dilegua ,
    e ora nel mio letto resto sola.
    Scuote l'anima mia Eros,
    come vento sul monte
    che irrompe entro le querce;
    e scioglie le membra e le agita,
    dolce amara indomabile belva.
    Ma a me non ape, non miele;
    e soffro e desidero.


    (fr. 94)



    Le stelle intorno alla stupenda luna nascondono i loro volti splendenti
    quand'essa s'inargenta in tutto il suo splendore
    illuminando la terra...


    (La dolce mela)

    Come la dolce mela rosseggia sull'alto ramo, alta su quello più alto,
    la dimenticarono i raccoglitori di mele ...
    no, non la dimenticarono, ma non riuscirono a raggiungerla.



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  2. #62
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    Saffo e la psicologia dell'Eros vissuto.

    Avrei davvero voluto morire
    quando lei mi lasciò in affannoso pianto
    tra molte cose dicendomi ancora:
    "Come soffriamo atrocemente, Saffo, io ti lascio contro il mio volere.
    "
    Ed io a lei rispondevo: "Va' serena e di me serba il ricordo.
    Sai quanto ti ho amata.
    Se mai tu lo dimenticassi, sempre io ricorderò i bei momenti che vivemmo.
    Quando di corone di viole
    e di rose e di croco,
    accanto a me
    ti cingevi il capo gentile,
    e mettevi intorno al collo
    ghirlande intrecciate di fiori.
    E cosparsa di essenze profumate sul morbido letto ti saziavi,
    né mai vi furono danze nei sacri boschi a cui fossimo assenti..."



    Che cosa brama ancora il tuo folle cuore?
    Chi devo, Saffo, ancora persuadere a darti ricompensa nell'amore?
    Chi ti fa soffire?
    Se adesso fugge, poi ti cercherà;
    se sdegna i tuoi doni, presto ne farà;

    se non ti ama, presto ti amerà,
    anche se non vuole...
    Quando morta giacerai, mai più si ricorderanno di te, per sempre:
    più non vedrai le rose della Pieria,
    ma oscura ti aggirerai nelle case di Ade aleggiando tra i morti neri...


    Amore
    Scuote amore il mio cuore
    come vento nei monti si abbatte su querce.



    Eros purpureo

    Scende dal cielo Eros
    avvolto in una clàmide di porpora.

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  3. #63
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    Boccaccio commenta Saffo:


    "...In mezzo a uomini rudi e ignoranti Saffo, spinta dalla sua intelligenza vivace e dal suo ardore, frequentò le cime del Parnaso, cioè dello studio perfetto. Il suo coraggio e la sua audacia la resero compagna gradita alle Muse, cioè alle arti e alle scienze. E penetrò nella foresta piena di allori e di piante di maggio, di verzura e di fiori multicolori dai soavi profumi, e di diverse erbe, là dove dimorano tranquille Grammatica, Logica, la nobile Retorica, Geometria, Aritmetica. Avanzò talmente su questo cammino che entrò nella caverna profonda di Apollo, dio del sapere, e scoprì le acque della fontana Castalia; imparò a suonare l'arpa pizzicando le corde con il plettro e danzava con le ninfe, cioè secondo le leggi dell'armonia e dell'accordo musicale..."
    (Boccaccio)

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  4. #64
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    L'Epitalamio (canto nuziale) tra Ettore e Andromaca


    Le nozze di Ettore e Andromaca



    Venne l’araldo correndo, il messaggero veloce
    Idèo. E si fermò nel mezzo e disse:
    « Udite. Fino alle terre di Ilio e di tutta
    l’Asia si è sparsa questa gloria immortale.
    Ettore e quanti gli sono compagni, da Tebe
    sacra e dalle fonti del Placo perenni,
    su navi e navi, per il salso mare,
    scortano la molle Andromaca dagli occhi splendenti.
    E molte recano armille d’oro, e molte
    vesti di porpora, e stoffe a fiorami stupendi,
    e molti recano colorati gioielli, e vasi
    d’argento innumerevoli e candidi avori ».
    Così disse l’araldo. Prontamente in piedi
    si levò il padre. La novella corse
    per le ampie vie della città, giunse agli amici.
    Ed ecco le genti di Ilio a carri di agili ruote
    aggiogano i muli. Vi salgono in folla
    e madri e vergini di snelle caviglie.
    Avanzano anche a lor volta su carri distinti
    le figlie del re. Su cocchi ricurvi di guerra
    attaccano i loro cavalli i giovani in arme.
    Ettore e Andromaca sono simili a dèi.

    e ora con grande corteggio muovono insieme
    verso la sacra Ilio. Si odono cetre
    e flauti di dolce suono e strepito
    di eròtali; con acute voci le vergini
    cantano un puro canto; eco di giubilo
    ineffabile sale fino al cielo.
    ovunque per le vie sono cratèri
    fiale; e bruciano e si mescono profumi
    e mirra di casia di olibano; e tutti,
    uomini e donne, levano grida e canti.
    E alto su tutti squilla il peana ad Apollo,
    ad Apollo arciere, ad Apollo dalla bella lira;
    e tutti cantano in coro Ettore ed Andromaca,
    Ettore ed Andromaca simili agli dèi.

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  5. #65
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    Saffo, sacerdotessa di Afrodite

    Afrodite, simbolo della bellezza e dell'Amore


    Nell'antica Grecia la bellezza sensuale era rappresentata da Afrodite, emersa nuda dalla spuma del mare: cavalcando una conchiglia, giunse prima all'isola di Citèra ( Creta o Candia ) e poi nel Peloponneso a Paso, isola di Cipro. Sotto i suoi piedi sbocciano i primi fiori primaverili e le Stagioni, figlie di Temi, la vestono come una regina e la adornano per far risaltare la sua già stupenda bellezza.
    Afrodite era simbolo dello sbocciare della Bellezza: il suo santuario, a Cnosso, era pavimentato con gusci di conchiglie. E ad Afrodite erano sacri il riccio e la seppia.
    L'antica Grecia, dunque, in questa meravigliosa stagione ci parla - tramite la dea Afrodite - della Bellezza che è anima della Natura. Lo fa ancora, se abbiamo orecchie per ascoltar lo stormir delle fronde e il risciacquìo delle onde. Lo fa ancora se abbiamo occhi per vedere e amare il sorgere del sole o il suo tramonto.
    Questo ci tramanda l'antica Grecia tramite la dea Afrodite.
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  6. #66
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    Alceo di Mitilene

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    (Pittura vascolare: Alceo e Saffo; Alceo suona, arpeggiando, il Barbitos, con la mano sinistra; con la destra, tiene il plettro, ricavato in genere dalla punta di un coltello)

    Alceo nacque a Mitilene, nell'isola di Lesbo, e fu contemporaneo di Saffo.
    Come Saffo, si esprime in dialetto eolico.
    I toni sono di ispirazione spesso politica (ossìa rivolti alla vita della polis), vivaci, giambici.
    Alceo spesso ricorre alla persona lonquens, ossìa un discorso (invettiva, elogio, esortazione) scritto in prima persona da un personaggio che è, però, diverso dall'autore. Un carme politico contiene l'invettiva contro Pittaco e Mirsilio,contro i quali Alceo si scaglia , anche se morti (Mirsilio), accusandoli di rovinare la vita civile e politica della polis con la disonestà.
    Alceo, quindi, considera il comportamento di Pittaco come tradimento . Tuttavia Pittaco, che la tradizione annoverò poi fra i sette sapienti, dopo aver ristabilito l’ordine, abbandonò il potere e concesse la amnistia completa a tutti i suoi antichi avversari politici; Alceo poté quindi ritornare a Mitilene, dove trascorse gli ultimi anni della sua tormentata esistenza. La data della morte è intorno al 570 a.C. , a poca distanza da quella di Pittaco.

    I temi sono politici, sociali, erotici, e a volte mitologici. Forti sono in Alceo la passione per la politica, l'amore. Questi temi sono trattati -spesso ma non sempre - con tono decisamente aristocratico commisto ad una vivacità di espressione.
    L'ambito in cui intona la produzione letteraria è spesso il simposio.

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  7. #67
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    Frammenti di Alceo:


    Bevi e inébriati con me, Melanippo. Che pensi?...
    Una volta varcato l'Acheronte vorticoso
    non tornerai più a vedere la luce pura
    del sole. Suvvia, non nutrire speranze grandi.
    Anche Sisifo, il re figlio di Eolo,
    di tutti il più scaltro, pensava di vincere la morte.
    Pur molto accorto, ma soggetto al destino,
    due volte varcò il vorticoso Acheronte
    e una pena grande diede a lui da soffrire sotto la terra nera
    il re Cronide. Ma a queste cose non pensare.
    Finché siamo giovani, ora più che mai dobbiamo
    sopportare le pene che il dio ci dà.


    ................
    Ora, bisogna ubriacarsi. Ora, bisogna che ognuno
    a forza beva: Mirsilo è morto.


    ........................

    (La conchiglia)

    Della pietra e del mare biancheggiante figlia,
    dei ragazzi tu incanti i cuori, marina conchiglia

    .................

    Non dobbiamo abbandonare l'animo alle sventure:
    nessun vantaggio trarremo a tormentarci.
    La migliore medicina, o Bicchi,
    è procurarci il vino e ubriacarci.


    (Interlocutore di questo carme è un certo Bicchi; Non sappiamo se fosse un fanciullo amato o un compagno).
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  8. #68
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    Meravigliosa Saffo! Condivido il giudizio di Boccaccio:"...In mezzo a uomini rudi e ignoranti Saffo, spinta dalla sua intelligenza vivace e dal suo ardore, frequentò le cime del Parnaso"
    Ritornando agli uomini rudi, capisco che Alceo ti piace molto, innanzitutto per i versi:
    La migliore medicina, o Bicchi,
    è procurarci il vino e ubriacarci.

  9. #69
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    Ritornando agli uomini rudi, capisco che Alceo ti piace molto, innanzitutto per i versi:
    La migliore medicina, o Bicchi,
    è procurarci il vino e ubriacarci.
    E pensa che l'Alceo ancora non conosceva il Chianti!
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  10. #70
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    Bellissima immagine! Ma quello è un bacio per il Chianti o il piccolo già sta facendo prove di degustazione?
    A proposito, ma ce l'abbiamo una discussione sui vini?

  11. #71
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    Bellissima immagine! Ma quello è un bacio per il Chianti o il piccolo già sta facendo prove di degustazione?
    A proposito, ma ce l'abbiamo una discussione sui vini?
    È il bimbo che ha già provato mezzo caratello di Chianti DOC Non vedi i suoi occhietti furbi?

    No, non credo che ci sia un filone in onore del dio Bacco. Urca, è l'ora di rimediare, allora. Vedo se lo posso accogliere in Mitologia ...

  12. #72
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  13. #73
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    Ipponatte di Efeso


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    (Ipponatte di Efeso)

    Di origini aristocratiche, è considerato l'inventore della parodìa. Parodìa significa imitazione: imitazione antitutto di gusti, generi e produzioni letterarie ma anche imitazione di persone degne di nota.
    La lingua è il dialetto jonico, però arricchito di molte espressioni barbare (non greche), di neologismi.
    Il tono è quello parodico, che ha come espressività il genio satirico, irriverente, a volte osceno.
    L'espressività è invettiva, giambica, scurrile.
    I testi sono tuttavia colti e raffinati. La scurrilità e l'oscenità, se letti su un registro diverso, possono apparire e venir letti come burleschi, satirici, anche per l'uso di metafore popolari.
    I temi sono quelli già trovati nella poesia giambica e trocaica, con insulti, aggressioni verbali, con l'uso di coloriture sessuali .
    La parodia si unisce quindi alla satira e, quando queste toccano la sfera del sacro, sono evidentemente dissacranti.
    La tradizione vuole che nutrisse un odio irrefrenabile contro lo scultore Bupalo, il quale lo avrebbe effigiato brutto e deforme; nonostante ciò, si pensa - tale tradizione - essere leggendaria, nonostante che un Bupalo sia spesso colpito nei suoi versi.
    Della raccolta dei giambi di Ipponatte restano solo alcuniframmenti; in uno di questi (tratto dai frammenti di Ossirinco) egli descrive una scena di lupanare, confermando con ciò la propensione dell'autore per i siti più triviali e popolari. La produzione di Ipponatte è , tuttavia, notevole per la sua spontaneità rude e violenta.

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  14. #74
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    Da Ipponatte:
    ...

    sbattuto dalle onde. E in Salmidesso, nudo, lo accolgano
    benevolmente i Traci
    dall'alto ciuffo - di molti mali, qui, colmerà la misura,
    mangiando il pane della schiavitù -
    lui, irrigidito dal gelo. E fuor della schiuma
    sia tutto coperto di alghe,
    e batta i denti, come un cane
    giacendo bocconi per lo sfinimento
    lungo la battigia.
    Questi mali vorrei incontrasse
    chi m'offese, chi calpestò i giuramenti,
    l'amico d'un tempo.


    Frammento 126 :

    Cantami o Musa della prole di Eurimedonte
    quella oceanica voragine, quel ventre trituratore,
    che divora senza misura,
    perché perisca di mala morte con voto funesto,
    per volontà popolare,
    presso la riva del mare infecondo.





    INVOCAZIONE A ERMES

    Ermes, o mio Ermes. figlio di Maia, Cillenio,
    ti supplico, ché ho un terribile freddo. ...
    dona a Ipponatte un mantello e una tunichetta e sandalucci e pantofole e sessanta stateri d'oro, da un'altra casa. ...
    dona a Ipponatte un mantello: ho molto freddo e batto i denti. ...
    Non mi hai donato né il mantello peloso - rimedio al freddo invernale -,
    né mi hai avvolto i piedi con spesse babbucce, perché i geloni non mi scoppiassero.



    L'occhio di Bupalo

    Tenetemi il mantello, voglio pestare l'occhio di Bupalo:
    sono infatti ambidestro e quando colpisco non sbaglio.




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  15. #75
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    Propongo questo interessante e qualificato link:

    http://aitia.revues.org/64

    dove potrete trovare la "querelle" tra Ipponatte e lo scultore Bupalo (di cui si diceva...)

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