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Discussione: Catullo

          
  1. #1
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    Lightbulb Catullo




    Carme XLVI (Il ritorno a casa).


    Primavera ormai ridona i miti tepori,
    oramai l'infuriare del cielo equinoziale
    tace con le piacevoli aure di Zefiro.
    Si lascino, o Catullo, le frigie pianure
    e le ubertose pianure della calda Nicea:
    voliamo alle nobili (chiare) città dell'Asia.
    Ormai la mente trepidante s'augura il viaggiare,
    e già, felici , per la voglia si rianimano.
    Salve dolci comitive di amici,
    che insieme a coloro che lontano da casa se ne andarono
    da ogni parte le varie vie riportano


    Testo latino:

    XLVI. Iam ver
    Iam ver egelidos refert tepores,
    iam caeli furor aequinoctialis
    iucundis Zephyri silescit aureis.
    linquantur Phrygii, Catulle, campi
    Nicaeaeque ager uber aestuosae:
    ad claras Asiae volemus urbes.
    iam mens praetrepidans avet vagari,
    iam laeti studio pedes vigescunt.
    o dulces comitum valete coetus,
    longe quos simul a domo profectos
    diversae variae viae reportant.

    N.B. Catullo, come tutti i poeti, ha una sua personalità, certo. In questo carme, tocca i temi della Natura e dell'amicizia, in un abbraccio totalizzante.
    La margherita, tipico fiore primaverile, è simbolo di simpatia, bellezza ed allegria.

  2. #2
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    Ho tradotto: praetrepidans con trepidante. Sicuramente ci sono dei termini migliori, ma non me ne sono venuti altri alla mente.

  3. #3
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    Nacque intorno all'84 a.C. a Verona nella Gallia Cisalpina da famiglia benestante . Dopo essere stato preparato dai migliori grammatici della Cisalpina, andò a Roma per raffinare, con i tradizionali studi di retorica, la propria preparazione culturale.
    Importante risultò certo l'incontro con Lesbia, la donna del cuore. Nel 57 Catullo si recò in Bitinia, al seguito del governatore Gaio Memmio. Un paio di anni dopo, a trent'anni di età, la morte.

  4. #4
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    Catullo! Quanto mi piaceva questo al liceo:

    DAMMI MILLE BACI

    Viviamo, mia Lesbia, e amiamo
    e ogni mormorio perfido dei vecchi
    valga per noi la più vile moneta.
    Il giorno può morire e poi risorgere,
    ma quando muore il nostro breve giorno,
    una notte infinita dormiremo.
    Tu dammi mille baci, e quindi cento,
    poi dammene altri mille, e quindi cento,
    quindi mille continui, e quindi cento.
    E quando poi saranno mille e mille
    nasconderemo il loro vero numero,
    che non getti il malocchio l’invidioso
    per un numero di baci così alto.


    Non a caso è l'unica cosa che mi ricordo di Catullo. Non mi prendo la responsabilità della traduzione, l'ho copiata e incollata, c'era scritto che è di Salvatore Quasimodo.
    Perciò, Carlo, ti prego di fare le dovute correzioni se necessario. Persino di latino, nonostante passassi la traduzione delle versioni a tutta la classe, non ricordo quasi più niente. Infatti mi domando a cosa mi siano servite le superiori, se non a farmi odiare un sacco di cose.

  5. #5
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    È una bella traduzione. Dal sapore moderno, diretta, senza fronzoli .
    Di traduzioni ce ne sono più di una e questa di Quasimodo è una delle più belle e - visto l'autore - una delle più consone all'animo dell'uomo attuale.
    Ci sono altre traduzioni, delle quali alcune peccano di artificiosità e retorica spasmodica. Una di queste è - a mio modesto parere, anche se vi è traccia di evidenti studi lirici classici -quella di Guido Mazzoni:

    Viviam, mia Lesbia, viviamo e amiamo!
    E mutrie e prediche di brontoloni
    Vecchi, stimiamole men d'un quattrino.
    I Soli cadono ma san tornare;
    Noi, da che spengesi la luce breve
    Una perpetua notte dormiamo.
    Oh mille baciami volte e poi cento
    Mille ancor baciami volte e poi cento,
    Mille altre baciami volte e poi cento!
    E giunti al numero di più migliaia,
    Rimescoliamoli, per non sapere
    Quante mai siano, nè possa un tristo
    Invidiarceli tutti quei baci.

  6. #6
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    Secondo rigo: Mutria.
    È nome di incerta etimologia. In italiano significa "dall'aspetto corrucciato", "accigliato", "torvo" , "minaccioso" (riferito quindi generalmente ad un volto di persona).
    È, comunque, termine vecchio e, perciò, alquanto artificioso alla sensibilità corrente, come avevo detto.

  7. #7
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    Da Treccani.it
    Mazzóni, Guido. - Letterato italiano (Firenze 1859 - ivi 1943). Prof. di letteratura italiana nell'università di Padova e poi in quella di Firenze, fu presidente dell'Accademia della Crusca e senatore del regno (1910); socio nazionale dei Lincei (1927). Scolaro di Alessandro D'Ancona e di G. Carducci, agli studî eruditi unì l'esercizio dell'arte; fu poeta dai modi tradizionali, ma vivace e originale nelle liriche d'ispirazione domestica (cfr. la raccolta completa delle sue Poesie, 1913

  8. #8
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    Questa traduzione, poi, l'ho trovata sul web, in PoesieRacconti.it. È abbastanza fedele al testo ma, secondo me, manca di scioltezza.

    Vita e amore a noi due Lesbia

    Vita e amore a noi due Lesbia
    e ogni acida censura di vecchi
    come un soldo bucato gettiamo via.
    Il sole che muore rinascerà
    ma questa luce nostra fuggitiva
    una volta abbattuta, dormiremo
    Dammi baci cento baci mille baci
    e ancora baci cento baci e mille baci!
    Le miriadi dei nostri baci
    tante saranno che dovremo poi
    per non cadere nelle malie
    di un invidioso che sappia troppo,
    perderne il conto scordare tutto.

  9. #9
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    Sono d'accordo. E quella di Mazzoni è piuttosto trombona come traduzione.
    Inizialmente avevo trovato questa:

    Viviamo, Lesbia mia, e amiamo
    e non badiamo alle chiacchiere dei soliti vecchi troppo severi.
    Il sole tramonta e poi risorge,
    ma noi, una volta che il nostro breve giorno si è spento,
    dobbiamo dormire una lunga notte senza fine.
    Dammi mille baci, poi cento
    poi altri mille, poi ancora cento
    poi altri mille, poi cento ancora.
    Quindi, quando saremo stanchi di contarli,
    continueremo a baciarci senza pensarci,
    per non spaventarci e perché nessuno,
    nessuno dei tanti che ci invidiano,
    possa farci del male sapendo che si può,
    coi baci, essere tanto felici.

    Non so di chi sia, ma mi sembra un po' fantasiosa...

  10. #10
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    Probabilmente l'hai letta su Yahoo. Questo è il link:

    http://it.answers.yahoo.com/question...1065512AAfhBpw

  11. #11
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    No, l'ho letta qui:

    http://www.delfo.forli-cesena.it/ssa...sia/lirica.htm

    Ad ogni modo, aggiudicata quella di Quasimodo.

  12. #12
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    Aggiudicato a Quasimodo

  13. #13
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    All'amata Lesbia, Catullo dedica questo carme, di chiara ispirazione ellenistica. È spontaneo, nel senso che descrive di getto sentimenti profondi


    Il Passero

    Il passero, delizia della mia fanciulla,
    con cui suole giocare, e tenerlo in seno,
    ed a lui bramoso dare la punta del dito
    ed eccitare focosi morsi,
    quando alla mia splendida malinconia
    piace scherzare a non so che di caro
    e piccolo sollievo del suo dolore,
    credo perché allora s'acquieti il forte ardore:
    teco potessi come lei giocare
    ed alleviare le tristi pene del cuore!

  14. #14
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    Al solito, una traduzione di G.Mazzoni:

    Delizia, o passero, de l'amor mio
    che teco è solita giocare e in seno
    tenerti e al cupido becco la punta
    del dito porgere per aizzarti;
    quando a lei, fulgido mio desiderio,
    piace di prendersi sollazzo alcuno
    che refrigerio le sia del male
    (credo un po' quetisi l'ardor suo greve);
    oh anch'io, spassandomi teco, vorrei
    lenir de l'animo le tristi cure!

  15. #15
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    Sì sì sì, anche il passero me lo ricordo! Me l'hai fatto tornare in mente adesso... Vedi vedi, a volte è solo questione di rispolverare e si scopre che sotto la polvere c'è ancora qualcosa. Meno male!

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