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Discussione: "Rari nantes in gurgite vasto..." la poesia antica

          
  1. #16
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    - Anonimo Egiziano -
    (XVI-XI sec. a.C.)

    Così breve è il nostro
    cammino in questo sogno.
    Il mondo di una rosa.
    Ma noi lo rendiamo
    immenso
    con soste di lunghi dolci baci
    sulle foglie aperte.


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    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

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  3. #17
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    Meleagro poeta greco 160 a.C - 30 a.C.


    Lacrime anche lì, attraverso la terra
    ti offro, Eliodora, reliquie d’amore,
    nell’Ade, lacrime aspre sulla tomba
    molto compianta, memoria dei miei
    desideri, memoria del mio amore.
    Ah, miseramente, miseramente
    io Meleagro qui piango su te, cara
    anche tra i morti, vana
    offerta ad Acheronte. Ah, dov’è il mio
    amato germoglio? Lo strappò Ade,
    lo strappò. Ed ora la polvere sporca
    il vivo fiore. Terra che ci nutri,
    ti supplico, accogli tenera al tuo
    seno, madre, quella che tutti piangono.





    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

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  5. #18
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    Decimo Magno Ausonio (310 ca-395 ca d.C)



    VIVIAMO, MOGLIE MIA, COME UNA VOLTA

    Viviamo,moglie mia, come una volta,
    diamoci i dolci nomi della prima notte.
    Non cambi nulla, per noi, il tempo che fugge:
    io sono il tuo ragazzo e tu la mia fanciulla.

    Anche se fossi più decrepito di Nestore
    e tu vincessi l'età di Deifobe cumana,
    non pensiamo alla vecchiaia e alla prudenza.
    Godiamo i nostri anni, e non contiamoli.


    Nel bassorilievo e' raffigurato un matrimonio nell'antica Roma.

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  7. #19
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    Quando l’ebbi dischiusa nel letto, Dòride
    natiche rosa, fra quelle carni mi sentii un dio.
    Ella, stringendomi in mezzo il favo fra le anche tremanti,
    bravamente accordava a Ciprigna la bella cavalcata.
    Nel mentre volgeva a me gli occhi languenti,
    che a ogni sobbalzo guizzavano
    come lucide foglie al vento
    finché dell’uno e dell’altra,
    esausta la candida foga,
    Dòride con le membra affrante,
    soddisfatta, giacque, immobile.

    Dioscòride


    Grecia - primo secolo dopo Cristo-


    ( Mosaico lupanari di Pompei)

    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

  8. #20
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    Amores


    Lottano fra loro e tirano il mio debole cuore in opposte direzioni
    l’amore e l‘odio,
    ma
    (penso)
    vince l’amore.
    Ti odierò se potrò;
    altrimenti, ti amerò mio malgrado:
    anche il toro non ama il giogo,
    eppure porta il giogo che odia.
    Fuggo dalla tua infedeltà, ma mi riporta indietro la tua bellezza;
    detesto la tua condotta colpevole,
    ma amo il tuo corpo.
    Così non riesco a vivere né con te né senza di te,
    e mi sembra di non sapere cosa voglio davvero.

    Ovidio




    Scena dal film "Il Gladiatore" foto presa dal web
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  10. #21
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    SULPICIA*

    A Cerinto

    È giunto amore finalmente. Nasconderlo
    sarebbe vergogna assai più grave che svelarlo.
    Commossa dai miei versi, Venere lo portò sino me,
    tra le mie braccia, compì la sua promessa. I miei peccati
    li racconti chi si dirà non ebbe i suoi.
    Io quasi non vorrei neppure scriverli:
    prima di lui, temo li legga un altro.
    Ma giova aver peccato. Mi disturba
    atteggiare il mio volto alla virtù.
    Si dirà che son degna di lui, e lui di me.




    (traduzione di Eva Cantarella)

    ------------------------------------------------------------------------------------------------------------

    Luce mia, possa io non esser più
    la tua ardente passione
    come credo d’esser stata
    in questi ultimi giorni se io,
    in tutta la mia giovinezza,
    ho mai commesso una sciocchezza,
    di cui io possa confessare
    di sentirmi più pentita,
    quella di averti lasciato solo
    la scorsa notte,
    per volerti nascondere
    il desiderio che ho di te.

    *Sulpicia la Saffo dell'antica Roma...di lei. vissuta al tempo di Augusto, non restano che pochi componimenti,
    Per saperne di piu'

    http://www.softrevolutionzine.org/20...etessa-romana/


    Venere capitolina
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  12. #22
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    Eccola, guarda,
    è come la stella luminosa
    all’inizio di una bella annata.
    Lei, che risplende di perfezione,
    brillante di pelle,
    con occhi belli quando guardano
    e labbra dolci quando parlano,
    non ha mai una parola di troppo.
    Alto il collo,
    il petto chiaro,
    capelli come lapislazzuli,
    braccia che superano lo splendore dell’oro,
    dita che assomigliano ai boccioli di loto,
    languide le reni,
    sottili le anche.
    Fa in modo che ogni uomo
    si volti a guardarla…

    Anonimo Egiziano (XVI-XI sec. a.C.)


    foto presa dal web
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  14. #23
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    Dimmi l'addio che non riesco a dire.
    Finire è nulla: perderti è più grave.
    Insieme abbiamo ormai troppi ricordi
    finiti tutti quanti in nostalgia.
    Penso commosso e sento nella gola
    il pianto che aprirebbe la mia bocca.
    Allora apro le labbra, fingo e rido!

    Anonimo arabo xi secolo d.C.


    foto presa dal web


    foto presa dal web
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  16. #24
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    Assetata d'amore
    sporgo le labbra
    verso il tuo calice.
    Le gocce d'ambrosia
    che lasci cadere
    scivolano tra le crepe
    riarse della mia bocca...
    avida
    ingorda
    insaziabile.
    Si.
    Lo ammetto...
    non mi basti mai.
    Ora taci però.
    Dissetami!




    Saffo



    Testa di Saffo, copia romana da originale di età ellenistica, da Smirne,
    Museo archeologico di
    Istanbul


    foto presa dal web
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  17. #25
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    CON UNA FRONDA DI MIRTO


    ἔχουσα θαλλὸν μυρσίνης ἐτέρπετο
    ῥοδέης τε καλὸν ἄνθος…
    …ἡ δέ οἱ κόμη
    ὤμους κατεσκίαζε καὶ μετάφρενα.



    Con una fronda di mirto giocava
    ed una fresca rosa;
    e la sua chioma
    le ombrava lieve e gli omeri e le spalle.


    (Traduzione di Salvatore Quasimodo)



    Aveva un ramo di mirto e gioiva
    e un fiore bello di rosa.
    La chioma
    copriva d’ombra gli omeri, le spalle.


    (Traduzione di Filippo Maria Pontani)



    Giocherellava, tenendo fra le dita
    un rametto di mirto e un bocciolo di rosa…
    …sciolti portava i capelli;
    alle spalle e alla schiena facevano ombra.


    (Traduzione di Francesco Della Corte)

    Archiloco



    “Afrodite (o Venere) di Capua”, conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli

    La ragazza di questi due frammenti in giambi del poeta greco Archiloco, riuniti in un singolo componimento dal filologo Theodor Bergk, è un’etera, ovvero quella particolare figura che nel mondo ellenico rappresentava una donna di compagnia, una cortigiana: simile a una moderna e raffinata escort, offriva non solo prestazioni sessuali ma anche un intrattenimento culturalmente elevato. Il mirto e la rosa che la contraddistinguono sono infatti elementi cari alla dea Afrodite e quindi legati ad una sfera meramente erotica. Ne esce un ritratto molto moderno, assolutamente differente dalla stilizzazione della donna arcaica.

    Foto e testo presi dal web

    .
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  19. #26
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    AD APOLLO


    Cosa può chiedere un poeta offrendo una coppa

    di vino nuovo all'altare di Apollo?
    cosa implorare? Non le messi ricche
    che maturano in Sardegna,
    gli armenti cosí invidiabili della Calabria
    infuocata, non l'oro o l'avorio dell'India,
    non i campi che il Liri, fiume silenzioso,
    con acque tranquille corrode.
    Lascia che con la falce poti le viti di Cales
    chi le ebbe dalla fortuna e che in calici d'oro
    si beva i vini barattati con unguenti
    il mercante arricchitosi,
    credi, col favore degli dei, se piú di una volta
    l'anno può solcare senza pericolo le acque
    dell'oceano.
    Io mi nutro di olive,
    di cicoria, di malve leggere.
    Concedimi dunque, Apollo, che in buona salute
    goda di quanto possiedo e, ti prego,
    con mente lucida: non voglio trascinare
    muto una vecchiaia deforme.

    Orazio



    L'Apollo del Belvedere è una copia romana del II secolo d.C. di un originale in bronzo del IV secolo a.C.
    L’originale è attribuito allo scultore greco
    Leochares
    foto e testo dal web
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  21. #27
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    MI GUARDA TRA LE PALPEBRE AZZURRINE



    Mi guarda tra le palpebre azzurrine
    Eros che strugge
    con infinite malie
    con le inafferrabili reti della Dea,
    s’accosta e tremo,
    come un cavallo vecchio provato
    spinto col carro rapido
    riottosamente, ancora, alla battaglia.

    IBICO



    (da La poesia d’amore antica, Bur, 2013 – Traduzione di Enzo Mandruzzato)



    Statua di Marco Aurelio Palazza dei Conservatori Roma

    Immagine presa dal web
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  22. #28
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    ELEGIE Libro II
    Elegia XV

    Oh me felice, o notte per me splendida,
    e dolce letto reso beato dalla mia delizia!
    Quante parole ci siamo detti distesi accanto alla lucerna,
    e quante battaglie d’amore abbiamo ingaggiato,
    allontanato il lume. Infatti ella ora lottava con me
    a seni nudi, ora indugiava a lungo coperta dalla tunica.
    Ella con le labbra mi aprì gli occhi assonnati,
    e disse: “Così, insensibile, giaci?”.
    Come abbiamo intrecciato le braccia in diverse forme d’amplesso!
    Quanti lunghi baci ho impresso sulle tue labbra!
    Non giova guastare i piaceri di Venere con movimenti ciechi;
    se non lo sai, gli occhi sono la guida dell’amore.
    Si dice che lo stesso Paride si consunse vedendo nuda la Spartana,
    mentre si alzava dal talamo di Menelao;
    nudo anche Endimione, narrano, conquistò la sorella di Febo,
    e giacque a sua volta insieme con la dea nuda.
    Se invece tu con animo ostinato ti adagerai vestita,
    ti strapperò la veste e proverai la forza delle mie mani;
    e anzi se l’ira da te provocata mi spingerà a trascendere,
    dovrai mostrare a tua madre le braccia ferite.
    Non ancora dei seni cadenti ti impediscono tali giochi:
    badi a queste cose colei che si vergogna di avere già partorito.
    Finché i fati ce lo permettono, saziamoci gli occhi di amore:
    viene per te una lunga notte,
    e il giorno non tornerà. Oh volessi che una catena ci avvincesse
    così che nessun giorno ci potesse più separare.
    Ti siano d’esempio le colombe congiunte in amore,
    il maschio e la femmina stretti in un connubio totale.
    Erra colui che cerca la fine di un folle amore:
    un amore vero non conosce alcun limite né misura.
    La terra ingannerà con false messi gli aratori,
    e più presto il sole spingerà i cavalli neri,
    e i fiumi cominceranno a far rifluire le acque alla sorgente,
    e i pesci saranno asciutti nei gorghi disseccati,
    che io possa rivolgere altrove i miei affanni d’amore;
    di lei sarò vivo, di lei morrò!
    Se ella volesse concedermi talvolta di tali notti,
    anche un anno di vita sarà lungo.
    Se poi me ne concederà molte, allora in esse diverrò immortale:
    chiunque in una sola notte può trasformarsi in un dio.
    Se tutti desiderassero trascorrere una tale vita,
    e giacere con le membra oppresse da molto vino,
    non vi sarebbe il crudele ferro né una nave da guerra,
    e il mare di Azio non travolgerebbe le nostre ossa,
    né Roma espugnata tante volte dai propri trionfi,
    sarebbe stanca di sciogliere i suoi capelli.
    Questo certo potranno elogiare di me i miei discendenti:
    le mie coppe non hanno mai offeso alcuno degli dèi.
    Tu ora, mentre il giorno splende, non lasciare i frutti della vita:
    se mi darai tutti i tuoi baci, me ne darai pochi.
    E come i petali si distaccano dai serti avvizziti,
    e li vedi galleggiare sparsi nelle coppe,
    così per noi, che ora amanti nutriamo un vasto sentimento,
    forse il domani concluderà i fati.


    Sesto Aurelio Properzio
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