Trama:

Parigi. Nessun segno di colluttazione, blocchi di cemento legati in vita con il filo di ferro, la medaglia di san Michele stretta nella mano, come per proteggersi, e poi un tuffo nel fiume. Sembrano non esserci dubbi: il poliziotto Lue Soubeyras ha cercato di uccidersi ed è solo un miracolo se adesso giace in coma in un letto d'ospedale. Ma il comandante della Squadra Criminale Mathieu Durey, migliore amico di Lue dai tempi della scuola, non crede all'ipotesi del suicidio. Conosce Soubeyras meglio di chiunque altro, e sa che, da fervente cattolico qual è, non avrebbe mai potuto compiere un gesto così contrario alla sua religione.

Mio commento.
Anche stavolta Grangè ha fatto centro.
680 pagine di tensione , di suspence pura.
L'argomento non era facile,il satanismo, e come prevedevo ci sono punti irreali, situazioni al limite dell'incredibile...
Ciononostante Grangè sa avvincere il lettore come pochi altri scrittori; trova argomenti e trame talmente diversi ed intriganti, da farsi perdonare anche le esagerazioni e l'eccessiva fantasia( almeno, da me!).
Ci sono nel libro momenti talmente ...paurosi, che è impossibile interrompere la lettura, nonostante i brividi nella schiena ...
Molto interessante il lato spirituale-religioso, affrontato, ritengo, con serietà e preparazione.
Anche se mi sembrava un pò all'antitesi questo poliziotto , ex prete, che pensa in modo mistico e prega come un matto, ed uccide nello stesso tempo, quando è necessario!

Una frase che mi ha colpita.
"( pag.327)
Istintivamente , diffidavo delle manifestazioni divine di carattere spettacolare.
Dopo il Ruanda, ero l'adepto di una fede austera,solitaria, responsabile.
Dio non interviene sulla terra. Ci ha lasciati con gli strumenti per affrontare il nostro viaggio.
Ci ha donato il suo messaggio, insieme con la libertà di camminare fino a lui. Spetta a noi resistere alle tentazioni, sfuggire alle tenebre.
In parole povere, dobbiamo cavarcela da soli.
E' questa la nostra grandezza: la possibilità di cooperare alla creazione di noi stessi".

E' il protagonista che parla, o meglio , riflette.
Ma non fatevi incantare da queste parole.... spirituali; ci sono nel romanzo pagine cruente , sia nelle descrizioni degli omicidi, veramente efferati ed al limite dell'impossibile; sia nei ricordi legati al passato, soprattutto nello Ruanda.

Un'altra frase che mi è piaciuta.
" ( pag.229)
c'era nell'aria un profumo di gioia, di allegria irresistibile. Il lago grigio, gli alberi verdi, l'odore di erba fresca, quelle grida che si alzavano squillanti.... Tutto ciò mi smuoveva dentro una parte nascosta, dimenticata. Non un ricordo d'infanzia, ma una promessa di felicità, che ci si porta sempre dentro, senza poterla mai formulare, neanche addirittura concepire.
Un sapore di paradiso, irragionevole, senza una giustificazione concreta."

E così molte altre: Grangè secondo me sa scrivere benissimo, al di là delle sue trame ardite e fantasiose.
Consigliato!
Rosy

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