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Discussione: Jorge Luis Borges

          
  1. #1
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    Jorge Luis Borges

    Se potessi vivere di nuovo la mia vita


    Se potessi vivere di nuovo la mia vita.

    Nella prossima cercherei di commettere più errori.
    Non cercherei di essere così perfetto, mi rilasserei di più.
    Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,
    di fatto prenderei ben poche cose sul serio.
    Sarei meno igienico.

    Correrei più rischi,
    farei più viaggi,
    contemplerei più tramonti,
    salirei più montagne,
    nuoterei in più fiumi.

    Andrei in più luoghi dove mai sono stato,
    mangerei più gelati e meno fave,
    avrei più problemi reali, e meno problemi immaginari.

    Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
    della loro vita sensati e con profitto;
    certo che mi sono preso qualche momento di allegria.

    Ma se potessi tornare indietro, cercherei
    di avere soltanto momenti buoni.
    Chè, se non lo sapete, di questo è fatta la vita,
    di momenti: non perdere l'adesso.

    Io ero uno di quelli che mai
    andavano da nessuna parte senza un termometro,
    una borsa dell'acqua calda,
    un ombrello e un paracadute;
    se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.

    Se potessi tornare a vivere
    comincerei ad andare scalzo all'inizio
    della primavera
    e resterei scalzo fino alla fine dell'autunno.

    Farei più giri in calesse,
    guarderei più albe,
    e giocherei con più bambini,
    se mi trovassi di nuovo la vita davanti.

    Ma vedete, ho 85 anni
    e so che sto morendo.

  2. #2
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    Elegia
    Oh destino di Borges,
    aver navigato per i diversi mari del mondo
    o per l'unico e solitario mare dai nomi diversi,
    esser stato una parte di Edimburgo, di Zurigo, delle due Cordove,
    della Colombia e del Texas,
    esser tornato, dopo mutevoli generazioni, alle antiche terre della sua stirpe,
    All'Andalusia, al Portogallo e a quelle contee dove il sassone guerreggiò con il danese e mescolarono il loro sangue,
    aver errato per il rosso e quieto labirinto di Londra,
    essere invecchiato in tanti specchi,
    aver cercato invano lo sguardo di marmo delle statue,
    aver studiato litografie, enciclopedie, atlanti
    aver visto quello che vedono gli uomini,
    la morte, la lenta alba, la pianura
    e le stelle leggiadre,
    e non aver visto nulla o quasi
    tranne il viso di una ragazza di Buenos Aires,
    Un viso che non vuole ch'io lo ricordi.
    Oh destino di Borges,
    Non più strano forse del tuo.

  3. #3
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    Afterglow

    Sempre è commovente il tramonto
    per indigente o sgargiante che sia,
    ma più commovente ancora
    è quel brillìo disperato e finale
    che arrugginisce la pianura
    quando il sole ultimo si è sprofondato.
    Ci duole sostenere quella luce tesa e diversa,
    quella allucinazione che impone allo spazio
    l'unanime paura dell'ombra
    e che cessa di colpo
    quando notiamo la sua falsità,
    come cessano i sogni
    quando sappiamo di sognare.

    Borges
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  4. #4
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    Nostalgia del presente

    In quel preciso momento l’uomo si disse:
    che cosa non darei per la gioia
    di stare al tuo fianco in Islanda
    sotto il gran giorno immobile
    e condividerlo adesso
    come si condivide la musica
    o il sapore di un frutto.
    In quel preciso momento
    l’uomo le stava accanto in Islanda.

    Borges
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  5. #5
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    I giusti

    Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
    Chi è contento che sulla terra esista la musica.
    Chi scopre con piacere una etimologia.
    Due impiegati che in un caffè del sud giocano in silenzio agli scacchi.
    Il ceramista che premedita un colore e una forma.
    Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
    Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
    Chi accarezza un animale addormentato.
    Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
    Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
    Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
    Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.


    Jorge Luis Borges
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

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  7. #6
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    Mute le corde.
    La musica sapeva
    quello che sento.

    Borges
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  8. #7
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    Il rimorso

    Ho commesso il peggiore dei peccati
    che un uomo possa commettere. Non sono stato
    felice. Che i ghiacciai dell'oblio
    possano travolgermi e disperdermi, senza pietà.

    I miei mi generarono per il gioco
    rischioso e stupendo della vita,
    per la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco.
    Li frodai. Non fui felice. Realizzata

    non fu la giovane loro volontà. La mia mente
    si applicò alle simmetriche ostinatezze
    dell’arte che intreccia inezie.

    Ereditai valore. Non fui valoroso.
    Non mi abbandona, mi sta sempre a lato
    l’ombra d’essere stato un disgraziato.

    Borges
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  9. #8
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    Se il sonno fosse (c'è chi dice) una
    tregua, un puro riposo della mente,
    perché, se ti si desta bruscamente,
    senti che t'han rubato una fortuna?
    Perché è triste levarsi presto? L'ora
    ci deruba d'un dono inconcepibile,
    intimo al punto da esser traducibile
    solo in sopore, che la veglia dora
    di sogni, forse pallidi riflessi
    interrotti dei tesori dell'ombra,
    d'un mondo intemporale, senza nome,
    che il giorno deforma nei suoi specchi.
    Chi sarai questa notte nell'oscuro
    sonno, dall'altra parte del tuo muro?


    Jorge Luis Borges
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  10. #9
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    Ti offro strade difficili, tramonti
    disperati, la luna di squallide
    periferie.
    Ti offro le amarezze di un uomo
    che ha guardato a lungo la triste luna.
    Ti offro i miei antenati, i miei morti,
    i fantasmi a cui i viventi hanno reso
    onore col marmo: il padre di mio
    padre ucciso sulla frontiera di
    Buenos Aires, due pallottole attraverso
    i suoi polmoni, barbuto e morto,
    avvolto dai soldati nella pelle di
    una mucca; il nonno di mia madre -
    appena ventiquattrenne - a capo di
    un cambio di trecento uomini in Perù,
    ora fantasmi su cavalli svaniti.
    Ti offro qualsiasi intuizione sia
    nei miei libri, qualsiasi virilità
    o vita umana.
    Ti offro la lealtà di un uomo
    che non è mai stato leale.
    Ti offro quel nocciolo di me stesso
    che ho conservato, in qualche
    modo - il centro del cuore che
    non tratta con le parole, nè coi
    sogni e non è toccato dal tempo,
    dalla gioia, dalle avversità.
    Ti offro il ricordo di una
    rosa gialla al tramonto,
    anni prima che tu nascessi.
    Ti offro spiegazioni di te stessa,
    teorie su di te, autentiche e
    sorprendenti notizie di te.
    Ti posso dare la mia tristezza,
    la mia oscurità, la fame del
    mio cuore; cerco di corromperti con l'incertezza,
    il pericolo, la sconfitta.

    Borges
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  11. #10
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    Elogio dell’ombra


    La vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno)
    può essere il tempo della nostra felicità.
    l’animale è morto o è quasi morto.
    nimangono l’uomo e la sua anima.
    Vivo tra forme luminose e vaghe
    che non sono ancora le tenebre.
    Buenos Aires,
    che prima si lacerava in suburbi
    verso la pianura incessante,
    è diventata di nuovo la Recoleta, il Retiro,
    le sfocate case dell’Once
    e le precarie e vecchie case
    che chiamiamo ancora il Sur.
    Nella mia vita sono sempre state troppe le cose;
    Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;
    il tempo è stato il mio Democrito.
    Questa penembra è lenta e non fa male;
    scorre per un mite pendio
    e assomiglia all’eternità.
    I miei amici non hanno volto,
    le donne sono quel che erano molti anni fa,
    gli incroci delle strade potrebbero essere altri,
    non ci sono lettere sulle pagine dei libri.
    Tutto questo dovrebbe intimorirmi,
    ma è una dolcezza, un ritomo.
    Delle generazioni di testi che ci sono sulla terra
    ne avrò letti solo alcuni,
    quelli che continuo a leggere nella memoria,
    a leggere e a trasformare.
    Dal Sud, dall’Est, dall’Ovest, dal Nord,
    convergono i cammini che mi hanno portato
    nel mio segreto centro.
    Quei cammini furono echi e passi,
    donne, uomini, agonie, resurrezioni,
    giorni e notti,
    dormiveglia e sogni,
    ogni infimo istante dello ieri
    e di tutti gli ieri del mondo,
    la ferma spada del danese e la luna del persiano,
    gli atti dei morti, il condiviso amore, le parole,
    Emerson e la neve e tante cose.
    Adesso posso dimenticarle. Arrivo al mio centro,
    alla mia algebra, alla mia chiave,
    al mio specchio.
    Presto saprò chi sono.

    Jorge Luis Borges
    L’amore è la voce dietro tutti i silenzi, la speranza che non ha il contrario in un timore.

  12. #11
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    Né l'intima grazia della tua fronte luminosa come una festa
    né il favore del tuo corpo, tuttora arcano e tacito e fanciullesco,
    né l'alternarsi delle tue vicende in parole o in silenzi
    saranno offerta così misteriosa
    come rimirare il tuo sonno coinvolto
    nella veglia delle mie braccia.

    Di nuovo miracolosamente vergine per la virtù assolutoria del sonno,
    serena e splendente come fausto ricordo trascelto,
    mi offrirai quella sponda della tua vita che tu stessa non possiedi.

    Proiettato nella quiete,
    scorgerò quella riva estrema del tuo essere
    e ti vedrò forse per la prima volta
    quale Iddio deve ravvisarti,
    annullata la finzione del Tempo,
    senza l'amore, senza di me.

    Jorge Luis Borges
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  13. #12
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    Jorge Luis Borges



    I GIUSTI (di George Louis Borges)

    Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
    Chi è contento che sulla Terra esista la musica.
    Chi scopre con piacere una etimologia.
    Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
    Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
    Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
    Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
    Chi accarezza un animale addormentato.
    Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
    Chi è contento che sulla Terra ci sia Stevenson.
    Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
    Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

  14. #13
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    L'oggi fugace è tenue ed eterno

    Dove saranno i secoli, dove il sogno
    di spade che i tartari sognarono,
    dove i forti muri che appianarono,
    dove l'Albero di Adamo e l'altro Tronco?
    Il presente è solo. La memoria
    erige il tempo. Successione ed inganno
    è la routine dell'orologio. L'anno
    non è meno vano della vana storia.
    Tra l'alba e la notte c'è un abisso
    di agonie, di luci, di attenzioni;
    il viso che si guarda nei consumati
    specchi della notte non è lo stesso.
    L'oggi fugace è tenue ed eterno;
    non aspetta un altro Cielo né un altro Inferno.

    Jorge Luis Borges
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  15. #14
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    No, non ti sal­verà quanto lasciarono
    scritto coloro che temevano implori;
    tu non sei gli altri, ti trovi nel centro
    del labi­rinto ordito dai tuoi passi.
    Non ti sal­ve­ranno l’agonia di Cristo
    o di Socrate, non ti salva Budda,
    l’aureo Sid­d­harta che accettò la morte
    in un giar­dino, al cadere del giorno.
    È pol­vere anche la parola scritta
    Dalla tua mano, la sil­laba detta
    dalla tua bocca.
    È impie­tosa la sorte
    E la notte di Dio non ha mai fine.
    La tua mate­ria è il tempo, l’incessante
    Tempo.
    Sei tutti gli istanti e ogni istante.

    Jorge Luis Bor­ges
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  16. #15
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    Ringraziare desidero il divino
    labirinto delle cause e degli effetti
    per la diversità delle creature
    che compongono questo universo singolare,
    per la ragione, che non cesserà di sognare
    un qualche disegno del labirinto,
    per il viso di Elena e la perseveranza di Ulisse,
    per l’amore, che ci fa vedere gli altri
    come li vede la divinità,
    per il saldo diamante e l’acqua sciolta
    per l’algebra, palazzo di precisi cristalli,
    per le mistiche monete di Angelus Silesius,
    per Schopenhauer,
    che forse decifrò l’universo,
    per lo splendore del fuoco
    che nessun essere umano può guardare
    senza uno stupore antico
    per il mogano, il sandalo e il cedro,
    per il pane e il sale,
    per il mistero della rosa
    che prodiga colore e non lo vede,
    per certe vigilie e giorni del 1955,
    per i duri mandriani che nella pianura
    aizzano le bestie e l’alba,
    per il mattino a Montevideo,
    per l’arte dell’amicizia,
    per l’ultima giornata di Socrate,
    per le parole che in un crepuscolo furono dette
    da una croce all’altra,
    per quel sogno dell’Islam che abbracciò
    mille notti e una notte,
    per quell’altro sogno dell’inferno,
    della torre del fuoco che purifica,
    e delle sfere gloriose,
    per Swedenborg,
    che conversava con gli angeli per le strade di Londra,
    per i fiumi segreti e immemorabili
    che convergono in me,
    per la lingua che secoli fa parlai nella Northumbria,
    per la spada e l’arpa dei sassoni,
    per il mare, che è un deserto risplendente
    e una cifra di cose che non sappiamo,
    per la musica verbale d’Inghilterra,
    per la musica verbale della Germania,
    per l’oro che sfolgora nei versi,
    per l’epico inverno
    per il nome di un libro che non ho letto:
    Gesta Dei per Francos
    per Verlaine, innocente come gli uccelli,
    per il prisma di cristallo e il peso d’ottone,
    per le strisce della tigre,
    per le alte torri di San Francisco e di Manhattan,
    per il mattino nel Texas,
    per quel sivigliano che stese l’Epistola Morale,
    e il cui nome, come preferiva, ignoriamo,
    per Seneca e Lucano, di Cordova,
    che prima dello spagnolo
    scrissero tutta la letteratura spagnola,
    per il geometrico e bizzarro gioco degli scacchi,
    per la tartaruga di Zenone e la mappa di Royce,
    per l’odore medicinale degli eucalipti,
    per il linguaggio, che può simulare la sapienza,
    per l’oblio, che annulla o modifica i passati,
    per la consuetudine,
    che ci ripete e ci conferma come uno specchio,
    per il mattino, che ci procura l’illusione di un principio,
    per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia,
    per il coraggio e la felicità degli altri,
    per la patria, sentita nei gelsomini
    o in una vecchia spada,
    per Whitman e Francesco d’Assisi che scrissero già
    questa poesia,
    per il fatto che questa poesia è inesauribile
    e si confonde con la somma delle creature
    e non arriverà mai all’ultimo verso
    e cambia secondo gli uomini,
    per Frances Haslam, che chiese perdono ai suoi figli
    perché moriva così lentamente,
    per i minuti che precedono il sonno,
    per il sonno e la morte,
    quei due tesori occulti,
    per gli intimi doni che non elenco,
    per questa musica, misteriosa forma del tempo.


    Jorge Luis Borges
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