Dante Alighieri affrontò il problema linguistico in modo totale e magistrale, e lo fece scrivendo il De Vulgari Eloquentia.
Il testo autografo è, però, anepigrafo. Secondo il Petrocchi, attento studioso di cose dantesche, fu scritto nel lungo peregrinare del Poeta tra la Marca Trevigiana e l'Italia centrale. Nel suo inizio, Dante parla delle tre lingue allora in uso tra la Francia, la Provenza e l'Italia: ossìa, rispettivamente: la lingua d'oil, la lingua d'oc e la lingua del sì.
L'italiano è, secondo Dante, la lingua più dilettevole (anzi, enumera i varti dialetti che nella penisola si parlano, riservando parole di elogio soprattutto per il dialetto bolognese: ma di questo parlerò in un filone a parte), contrariamente a quanto sostenuto dal maestro Brunetto Latini, il quale riteneva essere il Francese lingua cui accostarsi con più interesse e sicura di enormi sviluppi.
Il Latino, d'altra parte, resta una lingua dotta, con codici e canoni linguistici rigidi: l'Italiano (sottintendendo il volgare) è lingua odierna, viva, facilmente comprensibile. Inoltre è lingua d'arte, poerchè propone i temi della poesia amorosa e di quella etica, indicando nell'amico Cino da Pistoia l'alfiere della poesia amorosa e trattenendo per sè la poesia etica.
Per Dante è essenziale la comunicazione e la comprensione istantanea dei temi, amorosi o etici, e riconosce nel volgare il veicolo essenziale dei temi. E', quindi, un intento di nobilitare il volgare, riconoscendogli, a tutti gli effetti, la proprietà di linguaggio e, direi, di capacità simpatiche, nel senso che ha in se tutti i caratteri oper trasmettere emozioni e concetti tra persone.
Parlando della parcellizzazione della lingua nella penisola, Dante analizza i vari dialetti che in essa si parlano; per egli, nessun dialetto è di per sè illustre, cardinale, aulicum, curiale tanto da poter sostenere il confronto con il Latino: questo scoglio, però, è superato dai poeti che han saputo superare la soglia municipale, il campanile ristretto, per parlare di temi - sentimenti e epica - che hanno acquistato valenza universale. E ossìa, ad alcuni poeti siciliani ed alcuni bolognesi: questo perchè il volgare fa sentire il suo profumo in ogni città, ma non ha la sua dimora in alcuna.
La ricerca del Volgare - come lingua - trova, nell'analisi dei dialetti toscani, una forte critica da parte del Poeta:
"... si tuscanas examinemus loquelas ... non restat in dubio quin aliud sit vulgare quod querimus quam quod actingit populus Tuscanorum"
cioè: se esaminiamo le parlate toscane ... non c'è dubbio che altro sia il volgare che cerchiamo rispetto a ciò cui attinge il popolo toscano

(continua)