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Discussione: Cesare Pavese

          
  1. #1
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    Cesare Pavese





    Lavorare Stanca


    I due, stesi sull'erba, vestiti, si guardano in faccia
    tra gli steli sottili: la donna gli morde i capelli
    e poi morde nell'erba. Sorride scomposta, tra l'erba.
    L'uomo afferra la mano sottile e la morde
    e s'addossa col corpo. La donna gli rotola via.
    Mezza l'erba del prato è così scompigliata.
    La ragazza, seduta, s'aggiusta i capelli
    e non guarda il compagno, occhi aperti, disteso.

    Tutti e due, a un tavolino, si guardano in faccia
    nella sera, e i passanti non cessano mai.
    Ogni tanto un colore più gaio li distrae.
    Ogni tanto lui pensa all'inutile giorno
    di riposo, trascorso a inseguire costei,
    che è felice di stargli vicina e guardarlo negli occhi.
    Se le tocca col piede la gamba, sa bene
    che si danno a vicenda uno sguardo sorpreso
    e un sorriso, e la donna è felice. Altre donne che passano
    non lo guardano in faccia, ma almeno si spogliano
    con un uomo stanotte. O che forse ogni donna
    ama solo chi perde il suo tempo per nulla.

    Tutto il giorno si sono inseguiti e la donna è ancor rossa
    alle guance, dal sole. Nel cuore ha per lui gratitudine.
    Lei ricorda un baciozzo rabbioso scambiato in un bosco,
    interrotto a un rumore di passi, e che ancora la brucia.
    Stringe a sè il mazzo verde raccolto sul sasso
    di una grotta di bel capevenere e volge al compagno
    un'occhiata struggente. Lui fissa il groviglio
    degli steli nericci tra il verde tremante
    e ripensa alla voglia di un altro groviglio,
    presentito nel grembo dell'abito chiaro,
    che la donna gli ignora. Nemmeno la furia
    non gli vale, perché la ragazza, che lo ama, riduce
    ogni assalto in un bacio gli prende le mani.

    Ma stanotte, lasciatela, sa dove andrà:
    tornerà a casa rotto di schiena e intontito,
    ma assaporerà almeno nel corpo saziato
    la dolcezza del sonno sul letto deserto.
    Solamente, e questa è la vendetta, s'immaginerà
    che quel corpo di donna, che avrà come suo, sia,
    senza pudori, in libidine, quello di lei.

    Cesare Pavese
    "...Comme on n’a pas le choix il nous reste le cœur"

  2. #2
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    Tu sei come una terra
    che nessuno ha mai detto.
    Tu non attendi nulla
    se non la parola
    che sgorgherà dal fondo
    come un frutto tra i rami.
    C'è un vento che ti giunge.
    Cose secche e rimorte
    t'ingombrano e vanno nel vento.
    Membra e parole antiche.
    Tu tremi nell'estate.

    Cesare Pavese
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  3. #3
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    Last blues, to be read some day.


    Era solo un flirt
    tu certo lo sapevi
    qualcuno fu ferito
    tanto tempo fa.
    E' tutto lo stesso
    il tempo è passato
    un giorno venisti
    un giorno morirai.
    Qualcuno è morto
    tanto tempo fa
    qualcuno che tentò
    ma non seppe.

    Cesare Pavese
    11 aprile 1950
    "...Comme on n’a pas le choix il nous reste le cœur"

  4. #4
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    To C. from C.


    Tu,
    screziato sorriso
    su nevi gelate -
    vento di Marzo,
    balletto di rami
    spuntati sulla neve,
    gemendo e ardendo,
    i tuoi piccoli "oh!" -
    daina dalle membra bianche,
    graziosa,
    potessi io sapere
    ancora
    la grazia volteggiante
    di tutti i tuoi giorni,
    la trina di spuma
    di tutte le tue vie -
    domani è gelato
    giù nella pianura -
    tu, screziato sorriso,
    tu, risata ardente.

    Cesare Pavese
    "...Comme on n’a pas le choix il nous reste le cœur"

  5. #5
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    Smile Ti ho sempre soltanto veduta

    Ti ho sempre soltanto veduta,
    senza parlarti mai,
    nei tuoi istanti più belli.
    Ma ho l'anima ormai tanto tesa,
    schiantata dalla tua figura,
    che non trovo più pace al suo brivido atroce.
    E non posso parlarti, nemmeno avvicinarmi,
    ché cadrebbero tutti i miei sogni.
    Oh se tale è il tremore orribile che ho nell'anima questa notte,
    e non ti conoscerò mai,
    che cosa diverrebbe il mio povero cuore sotto l'urto del sangue,
    alla sublimità di te?
    Se ora mi par di morire,
    che vertigine folle,
    che palpiti moribondi,
    che urli di voluttà e languore mi darebbe la tua realtà?
    Ma io non posso parlarti, e nemmeno avvicinarmi:
    nei tuoi istanti più belli ti ho sempre soltanto veduta,
    sempre soltanto sognata.
    Cesare Pavese
    " Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica..."
    M.Medeiros

  6. #6
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    CANZONE

    Le nuvole sono legate alla terra ed al vento.
    Fin che ci saran nuvole sopra Torino
    sarà bella la vita. Sollevo la testa
    e un gran gioco si svolge lassù sotto il sole.
    Masse bianche durissime e il vento vi circola
    tutto azzurro - talvolta le disfa
    e ne fa grandi veli impregnati di luce.
    Sopra i tetti, a migliaia le nuvole bianche
    copron tutto, la folla, le pietre e il frastuono.
    Molte volte levandomi ho visto le nuvole
    trasparire nell'acqua limpida di un catino.
    Anche gli alberi uniscono il cielo alla terra.
    Le città sterminate somiglian foreste
    dove il cielo compare su su, tra le vie.
    Come gli alberi vivi sul Po, nei torrenti
    così vivono i mucchi di case nel sole.
    Anche gli alberi soffrono e muoiono sotto le nubi
    l'uomo sanguina e muore, - ma canta la gioia
    tra la terra ed il cielo, la gran meraviglia
    di città e di foreste. Avrò tempo domani
    a rinchiudermi e stringere i denti. Ora tutta la
    vita son le nubi e le piante e le vie, perdute nel cielo.


    Cesare Pavese

    Bisogna essere leggeri come un uccello, non come una piuma. Paul Valery

  7. #7
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    You, wind of March


    Sei la vita e la morte.
    Sei venuta di marzo
    sulla terra nuda -
    il tuo brivido dura.
    Sangue di primavera
    - anemone o nube -
    il tuo passo leggero
    ha violato la terra.
    Ricomincia il dolore.


    Il tuo passo leggero
    ha riaperto il dolore.
    Era fredda la terra
    sotto povero cielo,
    era immobile e chiusa
    in un torpido sogno,
    come chi più non soffre.
    Anche il gelo era dolce
    dentro il cuore profondo.
    Tra la vita e la morte
    la speranza taceva.


    Ora ha una voce e un sangue
    ogni cosa che vive.
    Ora la terra e il cielo
    sono un brivido forte,
    la speranza li torce,
    li sconvolge il mattino,
    li sommerge il tuo passo,
    il tuo fiato d'aurora.
    Sangue di primavera,
    tutta la tetra trema
    di un antico tremore.


    Hai riaperto il dolore.
    Sei la vita e la morte.
    Sopra la terra nuda
    sei passata leggera
    come rondine o nube,
    e il torrente del cuore
    si è ridestato e irrompe
    e si specchia nel cielo
    e rispecchia le cose -
    e le cose, nel cielo e nel cuore
    soffrono e si contorcono
    nell'attesa di te.
    E', il mattino, è l'aurora,
    sangue di primavera,
    tu hai violato la terra.


    La speranza si torce,
    e ti attende ti chiama.
    Sei la vita e la morte.
    Il tuo passo è leggero.

    Cesare Pavese
    "...Comme on n’a pas le choix il nous reste le cœur"

  8. #8
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    La terra e la morte

    Terra rossa terra nera,
    tu vieni dal mare,
    dal verde riarso,
    dove sono parole
    antiche e fatica sanguigna
    e gerani tra i sassi -
    non sai quanto porti
    di mare parole e fatica,
    tu ricca come un ricordo,
    come la brulla campagna,
    tu dura e dolcissima
    parola, antica per sangue
    raccolto negli occhi;
    giovane, come un frutto
    che è ricordo e stagione -
    il tuo fiato riposa
    sotto il cielo d'agosto,
    le olive dei tuo sguardo
    addolciscono il mare,
    e tu vivi rivivi
    senza stupire, certa
    come la terra, buia
    come la terra, frantoio
    di stagioni e di sogni
    che alla luna si scopre
    antichissimo, come
    le mani di tua madre,
    la conca del braciere.

    Cesare Pavese
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  9. #9
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    Di salmastro e di terra


    Di salmastro e di terra
    è il tuo sguardo. Un giorno
    hai stillato di mare.
    Ci sono state piante
    al tuo fianco, calde,
    sanno ancora di te.
    L'agave e l'oleandro.
    Tutto chiudi negli occhi.
    Di salmastro e di terra
    hai le vene, il fiato.


    Bava di vento caldo,
    ombre di solleone -
    tutto chiudi in te.
    Sei la voce roca
    della campagna, il grido
    della quaglia nascosta,
    il tepore del sasso.
    La campagna è fatica,
    la campagna è dolore.
    Con la notte il gesto
    del contadino tace.
    Sei la grande fatica
    e la notte che sazia.


    Come la roccia e l'erba,
    come terra, sei chiusa;
    ti sbatti come il mare.
    La parola non c'è
    che ti può possedere
    o fermare. Cogli
    come la terra gli urti,
    e ne fai vita, fiato
    che carezza, silenzio.
    Sei riarsa come il mare,
    come un frutto di scoglio,
    e non dici parole
    e nessuno ti parla.

    Cesare Pavese
    "...Comme on n’a pas le choix il nous reste le cœur"

  10. #10
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    Passerò per Piazza di Spagna

    Sarà un cielo chiaro.
    S’apriranno le strade
    sul colle di pini e di pietra.
    Il tumulto delle strade
    non muterà quell’aria ferma.
    I fiori spruzzati
    di colori alle fontane
    occhieggeranno come donne
    divertite. Le scale
    le terrazze le rondini
    canteranno nel sole.
    S’aprirà quella strada,
    le pietre canteranno,
    il cuore batterà sussultando
    come l’acqua nelle fontane –
    sarà questa la voce
    che salirà le tue scale.
    Le finestre sapranno
    l’odore della pietra e dell’aria
    mattutina. S’aprirà una porta.
    Il tumulto delle strade
    sarà il tumulto del cuore
    nella luce smarrita.
    Sarai tu – ferma e chiara.

    Cesare Pavese
    Bisogna essere leggeri come un uccello, non come una piuma. Paul Valery

  11. #11
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    Smile Lo steddazzu

    LO STEDDAZZU

    L’uomo solo si leva che il mare e ancor buio
    e le stelle vacillano. Un tepore di fiato
    sale su dalla riva, dov'è il letto del mare,
    e addolcisce il respiro. Quest’è l'ora in cui nulla
    può accadere. Perfino la pipa tra i denti
    pende spenta. Notturno è il sommesso sciacquio.
    L’uomo solo ha già acceso un gran fuoco di rami
    e lo guarda arrossare il terreno. Anche il mare
    tra non molto sarà come il fuoco, avvampante.

    Non c'è cosa più amara che l'alba di un giorno
    in cui nulla accadrà. Non c'è cosa più amara
    che l'inutilità. Pende stanca nel cielo
    una stella verdognola, sorpresa dall'alba.
    Vede il mare ancor buio e la macchia di fuoco
    a cui l'uomo, per fare qualcosa, si scalda;
    vede, e cade dal sonno tra le fosche montagne
    dov'è un letto di neve. La lentezza dell'ora
    e spietata, per chi non aspetta più nulla.

    Val la pena che il sole si levi dal mare
    e la lunga giornata cominci? Domani
    tornerà l'alba tiepida con la diafana luce
    e sarà come ieri e mai nulla accadrà.
    L’uomo solo vorrebbe soltanto dormire.
    Quando l'ultima stella si spegne nel cielo,
    l'uomo adagio prepara la pipa e l'accende.

    Cesare Pavese

    “Lo steddazzu” fu composta da Pavese nell’inverno 1935 – 36, mentre era al confino in Calabria (“steddazzu”, in dialetto calabrese, significa “grossa stella”, nome attribuito a Venere, la stella “verdognola”).

    " Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica..."
    M.Medeiros

  12. #12
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    Hai viso di terra scolpita
    sangue di terra dura
    sei venuta dal mare.
    Tutto accogli e scruti
    e respingi da te
    come il mare.
    Nel cuore hai il silenzio
    hai le parole inghiottite.
    Sei buia.
    Per te l'alba è silenzio.
    E sei come le voci
    della terra
    l'urto della secchia nel pozzo
    la canzone del fuoco
    il tonfo di una mela
    le parole rassegnate
    e cupe sulle soglie
    il grido del bimbo
    le cose che non passano mai.
    Tu non muti. Sei buia.
    Sei la cantina chiusa
    dal battuto di terra
    dov'è entrato una volta
    ch'era scalzo il bambino,
    e ci ripensa sempre.
    Sei la camera buia
    cui si ripensa sempre,
    come il cortile antico
    dove s'apriva l'alba.

    Cesare Pavese
    Bisogna essere leggeri come un uccello, non come una piuma. Paul Valery

  13. #13
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    Sei radice feroce. Sei la terra che aspetta

    Hai un sangue, un respiro.
    Sei fatta di carne
    di capelli di sguardi
    anche tu. Terra e piante,
    cielo di marzo, luce,
    vibrano e ti somigliano -
    il tuo riso e il tuo passo
    come acque che sussultano -
    la tua ruga fra gli occhi
    come nubi raccolte -
    il tuo tenero corpo
    una zolla nel sole.

    Hai un sangue, un respiro.
    Vivi su questa terra.
    Ne conosci i sapori
    le stagioni i risvegli,
    hai giocato nel sole,
    hai parlato con noi.
    Acqua chiara, virgulto
    primaverile, terra,
    germogliante silenzio,
    tu hai giocato bambina
    sotto un cielo diverso,
    ne hai negli occhi il silenzio,
    una nube, che sgorga
    come polla dal fondo.
    Ora ridi e sussulti
    sopra questo silenzio.
    Dolce frutto che vivi
    sotto il cielo chiaro,
    che respiri e vivi
    questa nostra stagione,
    nel tuo chiuso silenzio
    è la tua forza. Come
    erba viva nell’aria
    rabbrividisci e ridi,
    ma tu, tu sei terra.
    Sei radice feroce.
    Sei la terra che aspetta.

    Cesare Pavese

    P.S. noto ora quanto spesso ricorre la parola - terra - (e la sua immagine) nelle poesie di Pavese
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  14. #14
    Master Member L'avatar di Claire
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    Tu non sai le colline - Cesare Pavese

    Tu non sai le colline
    dove si è sparso il sangue.
    Tutti quanti fuggimmo
    tutti quanti gettammo
    l’arma e il nome. Una donna
    ci guardava fuggire.
    Uno solo di noi
    si fermò a pugno chiuso,
    vide il cielo vuoto,
    chinò il capo e morì
    sotto il muro, tacendo.
    Ora è un cencio di sangue
    e il suo nome. Una donna
    ci aspetta alle colline.


    (9 novembre 1945)
    "...Comme on n’a pas le choix il nous reste le cœur"

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  16. #15
    Logopedista nei sogni L'avatar di Estella
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    Vorrei poter soffocare
    nella stretta delle tue braccia
    nell’amore ardente del tuo corpo
    sul tuo volto, sulle tue membra struggenti
    nel deliquio dei tuoi occhi profondi
    perduti nel mio amore,
    quest’acredine arida
    che mi tormenta.
    Ardere confuso in te disperatamente
    quest’insaziabilità della mia anima
    già stanca di tutte le cose
    prima ancor di conoscerle
    ed ora tanto esasperata
    dal mutismo del mondo
    implacabile a tutti i miei sogni
    e dalla sua atrocità tranquilla
    che mi grava terribile
    e noncurante
    e nemmeno piú mi concede
    la pacatezza del tedio
    ma mi strazia tormentosamente
    e mi púngola atroce,
    senza lasciarmi urlare,
    sconvolgendomi il sangue
    soffocandomi atroce
    in un silenzio che è uno spasimo
    in un silenzio fremente.
    Nell’ebbrezza disperata
    dell’amore di tutto il tuo corpo
    e della tua anima perduta
    vorrei sconvolgere e bruciarmi l’anima
    sperdere quest’orrore
    che mi strappa gli urli
    e me li soffoca in gola
    bruciarlo annichilirlo in un attimo
    e stringermi stringermi a te
    senza ritegno piú
    ciecamente, febbrile,
    schiantandoti, d’amore.
    Poi morire, morire,
    con te.
    Il giorno tetro
    in cui dovrò solitario
    morire (e verrà, senza scampo)
    quel giorno piangerò
    pensando che potevo
    morire cosí nell’ebbrezza
    di una passione ardente.
    Ma per pietà d’amore
    non l’ho voluto mai.
    Per pietà del tuo povero amore
    ho scelto, anima mia,
    la via del piú lungo dolore.

    Cesare Pavese
    Non avere mai paura di essere un papavero in un campo di giunchiglie.


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