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Discussione: Mitologia in Mi minore

          
  1. #1
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    Lightbulb Mitologia in Mi minore


    SIRINGA: ninfa che nei boschi dell'Arcadia cacciava gli animali, insieme alla dea Artemide (Diana, per i Latini). Un giorno Pan s'innamorò di lei e la inseguì dal monte Liceo fino al fiume Ladone. Siringa, per poter preservare la sua verginitÃ* intatta, pregò le ninfe del fiume. Queste, commosse, la trasformarono in un giunco. Pan , non riuscendo a distinguerla fra tutti i giunchi che prostravano il loro caule e la chioma verso il fiume , ne tagliò molti, in modo casuale . Con uno di essi costruì il flauto e lo chiamò Sirynx , a perenne memoria dell'amore perduto amore.

  2. #2
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    Re: Mitologia in Mi minore

    Eos dalle rosee dita

    Al finir di ogni notte Eos dalle rosee dita e dal manto color zafferano, si alza dal giaciglio a Oriente e, salendo sul proprio cocchio, va verso l'Olimpo, annunciando l'approssimarsi del fratello Elios (Sole) : quando egli appare, Eos diventa Emera: accompagna il fratello nel suo lungo peregrinare nel cielo stellato finchè si trasforma in Espera, annunciando alle onde il felice arrivo del fratello.
    Ma il sorgere di Eos ha, nella mitopoiesi ellenica, soprattutto un valore allegorico: infatti, il sorgere dell'alba desta negli amanti l'ardore erotico.
    Trovo che l'antica poesia greca abbia un immenso valore : inoltre, poteva, come pochi, dare un significato poetico-allegorico alle azioni umane e tradurle in miti. La mitologia, in fondo, non è che il trasferimento in chiave poetico-allegorica della vicenda umana.

  3. #3
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    Re: Mitologia in Mi minore

    Le cupe Moire
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    L'Olimpo contempla, tra gli altri dei minori, le tre Moire bianco-vestite. Esse sono Cloto, Lachesi ed Atropo.
    Cloto è la più piccola, ma è anche la più terribile.
    Il filo della vita di ogni uomo è filato dal fuso di Cloto, misurato da Lachèsi e reciso - con le forbici - da Atropo. Atropo, quindi, uccide gli uomini; anche se Zeus può cambiare tutto ciò.
    Dicevano gli antichi che l'uomo può influire il proprio destino con una corretta prudenza nel condurre la propria vita. Si racconta che alcuni dei ridano delle Moire, dicendo che Apollo riuscisse, un giorno, ad ubriacare le tremende della vita personale, per salvare la vita del proprio amico Admeto.
    Così si espresse Esiodo nella sua Teogonia:

    « Notte poi partorì l'odioso Moros e Ker nera
    e Thanatos generò il Sonno, generò la stirpe dei Sogni;
    non giacendo con alcuno li generò la dea Notte oscura;
    e le Esperidi che, al di lÃ* dell'inclito Oceano, dei pomi
    aurei e belli hanno cura e degli alberi che il frutto ne portano;
    e le Moire e le Kere generò spietate nel dar le pene:
    Cloto e Lachesi e Atropo, che ai mortali
    quando son nati danno da avere il bene e il male,
    che di uomini e dei i delitti perseguono;
    né mai le dee cessano dalla terribile ira
    prima d'aver inflitto terribile pena, a chiunque abbia peccato. »
    (Teogonia di Esiodo, vv. 211-222)

    E Dante:

    «Ma perché lei che dì e notte fila,
    non gli aveva tratta ancora la canocchia,
    che Cloto impone a ciascuno e compila...»

    (Divina Commedia, Purgatorio, Canto XXI, 25-27)

    A Delfi, tuttavia, si onorano solo due Moire, non considerando Lachesi,ma pensando a Cloto ed Atropo come uniche reggitrici della vita umana. Ad esse si aggiungeva Afrosite Urania (la maggiore delle Moire) ; Urania significa "regina delle montagne".

    Lachesi è quindi non menzionata, a Delfi. Che, forse, fin da allora l'uomo pretendesse di esser padrone della lunghezza della propria esistenza ? Ipotesi maliziosa, come malizioso è sempre stato l'umano agire.

  4. #4
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    Re: Mitologia in Mi minore

    Coronide
    Coronide, figlia di Flegia, re dei Lapìti, viveva in Tessaglia, sulle rive del lago Beobi, ove soleva lavarsi i piedi.

    Apollo, attratto dalla sua bellezza, ne divenne l'amante. Dovendo andare un giorno a Delfi, affidò Coronide alle cure di un corvo dalle immacolate piume.
    Ma Coronide nutriva da tempo una forte passione per Ischi e anche di lui divenne l'amante, benchè attendesse un figlio da Apollo.
    Avvenne che il corvo, credendo di far cosa gradita, si recasse a Delfi, raccontando ad Apollo dell'infedeltà di Coronide. Quello, però, maledisse l'animale perchè non aveva accecato Ischi col becco, e gli rese le penne di color nero, trasmettendo la maledizione anche alla sua genìa.
    Artemide, sorella di Apollo, volle allora vendicare l'offesa scagliando contro Coronide un intero turcasso di dardi. Apollo alla vista dell'amante morta fu preso da rimorso, ma oramai Coronide era scesa nel Tartaro e stava per essere bruciata sulla pira ardente. Apollo chiamò in aiuto Ermete liberò dal ventre di Coronide un bimbo che chiamò Asclepio (pensate, il primo parto cesareo della Storia), affidandolo alle cure del centauro Chirone che gli insegnò, poi, l'arte della Medicina.
    Ischi fu invece colpito dalla collera di Giove, che lo folgorò.

  5. #5
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    Re: Mitologia in Mi minore

    La coronide ( Coronìs ) in lingua greca è una notazione . Viene rappresentata con una leggera curva, di formato lieve e conferisce una tonalità melodica.
    Coronis sta per "falce", per la sua struttura, e pare desse origine a Chrono.
    Segnature falciformi si trovano anche in Musica: ad esempio, le chiavi di Basso e di Baritono sono rappresentate da curve (coronidi)

  6. #6
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    Re: Mitologia in Mi minore

    Fillide e Acamante

    Gli antichi cantori greci sapevano come pochi cantare l'Amore. Ne trasse giovamento tutta la mitopoiesi, che altro non significò che l'esposizione poetica della complessità del mondo , delle relazioni interpersonali e dei rapporti dell'uomo con l'Ignoto.
    L'Amore, dunque. Sfogliando i vecchi testi di Mitologia, ho trovato molto significativa la storia di Fillide ed Acamante.

    Fillide era una principessa tracia ed amava alla follìa Acamante, figlio di Teseo. Un giorno Teseo partì col suo esercito - e accompagnato da Acamante - alla volta della città di Troia, dove infuriava una colossale guerra di popoli .
    Fillide correva spesso alla spiaggia, con la segreta e muta speranza di ritrovare un giorno Acamante, specialmente dopo che si diffuse la notizia della caduta della città di Troia.
    Ma la nave di Acamante ebbe un'avaria: Fillide, aspettandolo inutilmente, ne morì di dolore.

    La dea Atena si mosse a compassione e la trasformò in un mandorlo , tuttavia spoglio delle verdi fronde.
    Acamante, passando di là il giorno dopo, potè solo accarezzare il nudo tronco: ecco allora che le carezze, dettate dall'amore, ebbero il potere di far rivestire il mandorlo di fiori, ma non di foglie.
    Da allora, questa fu la particolarità dei mandorlo: fiorire senza foglie.

    Ho trovato bellissimo questo mito, e così ve lo voglio proporre.

  7. #7
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    Re: Mitologia in Mi minore

    Socrate e gli amici



    Socrate si stava costruendo una piccola casa.
    Uno dei passanti, come solito, si stupì di ciò:
    "Come -gli chiese- un uomo della tua fatta e della tua celebrità si costruisce una casa così piccola?"
    "Voglia il Cielo - rispose il filosofo - che io possa riempirla di amici veri".

    Questo è una favola (in senari giambici) di Fedro.
    Come non dargli ragione? Come non sentire attuali, fortemente attuali, queste righe?

    Non è, questa, una favola mitologica. Ma è tuttavia la storia di persone, come gli antichi filosofi greci, che abbondarono nei riferimenti ai miti.

  8. #8
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    Voglio arricchire la discussione precedente con un'altra versione - su Coronide - che è narrata dagli abitanti di Epidauro, e che è, come si vedrà, diversa dalla precedente.

    Dicono dunque gli Epidauri che il padre di Coronide, Flegia (o Flegias) - famoso per le sue scorrerie nelle antiche terre greche - fondasse ab origine una città, cui diede il suo stesso nome. In questa città il prode Flègias volle accogliere i più sfegatati ceffi dell'Argolide .
    Coronide , in quel tempo, conobbe Apollo e di lui rimase incinta. Assistita da Artemide (Diana) e dalle Moire (di cui ho già parlato) si recò al santuario di Apollo ad Epidauro (Επίδαυρος, piccola città greca dell'Argolide) ed ivi diede alla luce un bel bimbo che espose sul monte
    Tizione. Era, Tizione, una montagna o, meglio, un colle, ove crescevano le piante più belle e miracolose dell'antica Grecia (un po' come il nostro monte Baldo, a fianco del lago di Garda, meta preferita dei naturalisti di tutto il mondo). Su codesto monte il pastore di capre Arestanate, cercando la capra che -unica - si era staccata dal gregge di ovini scoprì che l'animale allattava un bimbo: stava, allora, per prendere il piccolo quando fu abbagliato da una luce incredibile. Il pastore capì di trovarsi di fronte ad un mistero: non volendo misurarsi c on qualcosa di grande, lasciò il piccolo (Asclepio) alle cure del padre naturale, il dio Apollo.

  9. #9
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    Socrate e gli amici

    Come non dargli ragione? Come non sentire attuali, fortemente attuali, queste righe?
    .

    Mi viene in mente il Parva sed apta mihi, a volte riferito a vari autori latini mentre è la scritta posta sulla porta della propria casa da Ludovico Ariosto quando nel 1525 tornò dalla Garfagnana, dove era governatore, nella città di Ferrara in cui si stabilì definitivamente: "Parva, sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed non sordida: parta meo sed tamen aere domus (Piccola, ma sufficiente per me, su cui nessuno può vantare diritti, decorosa e comprata con denaro mio).

    Tra case al Colosseo e appartamenti a Montecarlo mi pare piuttosto attuale anche questa considerazione, che dite?

    E già che vengo a trovare sir Carlo mi piace immaginarlo come nel quadro descritto da Aristotele, nel De partibus animalium, dove racconta: “Una volta…alcuni uomini si misero in viaggio mossi dal desiderio di conoscere Eraclito. Quando arrivarono nella sua casa, trovarono il filosofo seduto in cucina che si stava riscaldando di fronte alla stufa. Alla vista di ciò …esitarono , forse si aspettavano di trovarlo assorto nella contemplazione del cielo oppure rapito nella meditazione, di certo non pensavano di trovarlo occupato in attività così banali. Eraclito, vedendoli perplessi e esitanti, disse agli ospiti illustri:” Entrate. Non abbiate paura. Anche qui abitano gli Dei.”

    La dignità ci fa uomini, non già la ricchezza e anche il dimorare nella quotidianità e nella semplicità delle occupazioni implica familiarità con il divino.

    Buona giornata

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    La presenza del pantofolaio Orazio in Ariosto è particolarmente qualificata, sia per quanto riguarda le Satire che per quanto riguarda l'Orlando furioso.Tuttavia, Ariosto non si identifica nell’utile dulci di Orazio. Prova della familiarità dell'Ariosto col poeta latino è la citazione che compariva come iscrizione sulla casa di contrada Mirasole , in Ferrara ‘Parva sed apta mihi’

    Buona giornata anche a te, zio

  12. #11
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    Lamia, la vampiressa ante-litteram

    La Mitologia abbonda di figure minori (ma non per questo poco interessanti).
    Una di queste figure minori è Lamia, la bellissima figlia di Belo (Belo ,in greco Βήλος, fu figlio di Poseidone).
    Giove, Zeus, le diede il potere di levarsi gli occhi dalle orbite e di rimetterveli, a suo piacimento. Lamia diede a Zeus vari figli che, però, furono uccisi tutti (salvo Scilla) da Era, ingelosita del rapporto di amore tra il padre degli Dei e la bella fanciulla.
    A sua volta, Lamia si vendicò dell'affronto divorando i bambini delle altre madri: questo comportamento innaturale fece sì che la sua bellezza svanisse e diventasse di orribile aspetto; capace, però, di riprendere l'originaria bellezza per sedurre gli uomini allo scopo di succhiarne il sangue. Questo singolare atteggiamento distruttivo le venne dall'essersi unita in amicizia con Empusa, la vampiressa, con la quale attirava i giovani e, appunto, succhiava il loro sangue mentre questi erano immersi nel sonno.
    Per questo motivo Lamia fu, nell'immaginario collettivo, una sorta di vampiro ante-litteram.

  13. #12
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    Ganimede e la costellazione dell'Acquario


    La mitologia greca ci parla di dei, di eroi, di giganti, di mostri e di molti di questi personaggi mitici conosciamo il nome.
    Qualcuno, però, ci è un po' più nascosto.
    E', questo, il caso di Ganimede. Γανυμήδης, Ganymedes, era il figlio del re Troo, che diede il nome alla città di Troia. Era Ganimede il più bello dei fanciulli tanto che venne scelto dagli dei per far da coppiere al sommo Zeus che di lui si invaghì.
    Ermete, in nome di Zeus, donò a Troo un tralcio di vite d'oro, opera di Efesto, ed una pariglia di bellissimi cavalli, per compensarlo della perdita del figlio.
    Troo fu anche assicurato da Ermete che il figlio era ormai immortale, immune dalle miserie della vita terrena e della vecchiaia.
    Un'altra versione dice che Ganìmede fosse rapito anzitempo dalla bella Eos, la dea del mattino, e solo in seguito il signore degli dei l'avrebbe tolto ad essa e preso per sè.
    La grande Era considerò i favori per Ganimede come un affronto, sapendo che egli avrebbe preso il posto della figlia Ebe, fino ad allora coppiera degli dei. Zeus allora si irritò e pose l'immagine di Ganimede in cielo, a formare la costellazione dell'Acquario.

  14. #13
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    Afrodite, simbolo della bellezza e dell'Amore

    Attendo con ansia la primavera....
    La Primavera risveglia sensazioni di Amore e di Bellezza. Nell'antica Grecia la bellezza sensuale era rappresentata da Afrodite, emersa nuda dalla spuma del mare: cavalcando una conchiglia, giunse prima all'isola di Citèra ( Creta o Candia ) e poi nel Peloponneso a Paso, isola di Cipro. Sotto i suoi piedi sbocciano i primi fiori primaverili e le Stagioni, figlie di Temi, la vestono come una regina e la adornano per far risaltare la sua già stupenda bellezza.
    Afrodite era simbolo dello sbocciare della Bellezza: il suo santuario, a Cnosso, era pavimentato con gusci di conchiglie. E ad Afrodite erano sacri il riccio e la seppia.
    L'antica Grecia, dunque, in questa meravigliosa stagione ci parla - tramite la dea Afrodite - della Bellezza che è anima della Natura. Lo fa ancora, se abbiamo orecchie per ascoltar lo stormir delle fronde e il risciacquìo delle onde. Lo fa ancora se abbiamo occhi per vedere e amare il sorgere del sole o il suo tramonto.
    Questo ci tramanda l'antica Grecia tramite la dea Afrodite.

  15. #14
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    Acale

    Ecco un altro personaggio da mitologia in mi minore.La Mitologia - in particolare quella greca, su cui qui mi soffermo- è, certamente, canto delle gesta di eroi, di dei e dee, di spiriti e mostri.
    Ma in essa si trova, anche, un accenno alle piccole persone, a coloro ai quali - dalla cattedra del Liceo - il professore di Greco o di Latino non faceva pensiero nè menzione.
    Allora prendo le parti di questi piccoli, irrilevanti, miserrimi, dimenticati dal Tempo, e ne disegno la Storia, estraendoli dal suon de' bellici oricalchi .

    Ecco ancòra un singolar personaggio:

    ACALE

    Era, costui, nipote di Dedalo. Acale, (noto anche come Talo o Perdice), aveva una straordinaria abilità per inventare cose ingegnose.Un giorno, mentre era sulla spiaggia con i suoi compagni, intravide sulla rena una lisca di pesce , la quale gli diede l'idea di costruire una sega. Era costui certo un multiforme ingegno, si diceva avesse inventato, oltre alla sega, anche il compasso. Dedalo, mosso da invidia, lo fece precipitare da un torrione sull'Acropoli, sul tetto del Tempio di Atena , spingendolo giù; ma Pallade, mossa a compassione di lui, lo trasformò in pernice.



    (immagine tratta dal web)

    Ecco come è narrato nell’VIII libro delle “Metamorfosi” di Ovidio: …Tua sorella infatti, ignorandone il destino, t'aveva affidato il suo figliolo perché l'istruissi, un ragazzo di dodici anni appena, ma d'ingegno aperto ai tuoi insegnamenti. Questi, tra l'altro, notate le lische nel corpo dei pesci, le prese a modello e intagliò in una lama affilata una serie di denti, inventando la sega. E fu lui il primo che avvinse due aste metalliche a un perno, in modo che rimanendo fissa tra loro la distanza, l'una stesse ferma in un punto e l'altra descrivesse un cerchio. Preso dall'invidia, Dedalo lo gettò giù dalla sacra rocca di Pallade, inventandosi che era caduto; ma la dea, che protegge gli uomini d'ingegno, sostenne il giovinetto e lo mutò in uccello, vestendolo di penne ancora a mezz'aria. Così l'agilità che possedeva il suo straordinario ingegno passò in ali e zampe, mentre il nome rimase qual era. Tuttavia questo uccello non si leva molto in alto e non fa il nido sui rami o in cima alle alture; svolazza raso terra, depone le uova nelle siepi e, memore dell'antica caduta, evita le altezze.

  16. #15
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    Le "corna" nella mitologia

    Gli dei della mitologia greca godevano e pativano degli stessi sentimenti dell'umano. Uguali ma opposti ed elevati al rago superiore. Odio, amicizia, rancore, amore erano prerogativa non solo del contadino dell'Attica ma anche degli immateriali dei.
    E, allora, anche il sesso. Sì, perchè Omero ci narra che anche dei e semidei potevano provar godimento dal rapporto sessuale; e, in particolari condizioni, mettere e avere le famigerate corna.
    Nell'Odissea, libro ottavo, si narra dello scandaloso rapporto tra Ares-Marte e Afrodite-Venere dalle bianche braccia.
    Il poeta jonico ci narra che Efesto-Vulcano, subodorando la losca tresca della moglie, costruì una rete di ferro leggera come una ragnatela, talmente fine da essere invisibile anche agli dei, che circondasse il talamo nuziale. E fece credere di andare a Lemno.
    Ares, credulone, disse allora ad Afrodite: Vieni, cara, che tuo marito è andato a Lemno per far visita agli amici suoi, i Sinzii.
    Afrodite gli prese le forti braccia e con lui si congiunse carnalmente.
    Il cornuto Efesto, incavolato come una jena, si rivolse agli dei i quali però, vedendo lo stratagemma di Efesto, furon presi da riso incontenibile. E disse Apollo, figlio di Zeus, ad Ermes-Mercurio:
    Ermes, secondo te ne valeva la pena?
    E l'uccisore dei giganti rispose:
    Sì, cambierei subito posto con lui!


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