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Discussione: Etimologie e strane origini

          
  1. #286
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    Azzardo l'ipotesi che questa deliziosa pianta aromatica venisse considerata "l'erba del re", forse per le sue qualità.
    , noi siciliani, nel nostro dialetto, abbiamo mantenuto l'accento "alla greca".
    Ho sempre sentito mia nonna pronunciare "basilicò" e non "basilico".

    Azzardo anche io l'ipotesi : Basilico, al nominativo, fa:basilikòn (anzi, per l'esattezza, basilikòn- phyton, o pianta-basilica, nel corso dei secoli (per alcune parole, ed anche in questo caso per la n finale o nu) , endemicamente, si è avuta la caduta - per motivi eufonici -della consonante n , con la conseguente pronuncia:basilicò (phyton).)
    In alcune zone della Sicilia , della Calabria e della Campania ancora si parla greco, costituendo così delle isole con minoranze linguistiche ellenofone. Il fenomeno linguistico è particolarmente marcato in Calabria (Griko) e nel Salento.
    Sono invece certo che la parola, nel suo etimo, si riferisse alle qualità dell'erba in questione, degne - appunto - delle corti regie.

  2. #287
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    Autunno [Au-tun-no]

    Tacito, nella "Germania", ci fa sapere che i Germani conoscevano solo tre stagioni
    (probabilmente perchè mancava una stagione di passaggio tra la calura estiva e i primi rigori invernali, chissà) ed ignoravano il nome ed i frutti dell'autunno :

    .. annum ... ipsum non in totidem digerunt species: hiems et ver et aestas intellectum ac vocabula habent, autumni perinde nomen ac bona ignorantur



    E' un vocabolo di origine etrusca con il quale si indicava il dio Autunno.
    Gli antichi lo facevano derivare da augere, poiché in questa stagione aumentavano le ricchezze della società agricola di un tempo agricola, per essere stati raccolti i frutti giunti a maturazione: uva, castagne, frutta , funghi.

    Augere, in senso lato, vuol significare accrescimento, ampliamento (quasi sempre in sempre positivo) di un qualcosa: da esso trae il l'aggettivo "Augusto"; da Augusto originano gli Augusti, gli imperatori (tale aggettivo, a partire da Ottaviano, sono le persone - a volte semidei- che aumentano la ricchezza, il benessere, la forza economica e militare dello Stato). Augusto significa anche "venerabile" e, soprattutto, "protetto dagli dei"

    In greco suona in tutt'altro modo : cioè, che distrugge i frutti (il contrario di quanto affermato dai Latini)

  3. #288
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    Carattere [ca-rat-te-re]
    Parola che deriva dal greco charasso, ossìa: io scolpisco, io forgio, io imprimo.Da questa voce verbale deriva, quindi, il lemma character cioè impronta, che originerà carattere. L' accezione, in origine, non aveva pregnanza etica o psicologica come è ora, ma indicava solamente una impronta, un marchio, un qualcosa che rendesse originale e riconoscibile una cosa in un insieme. Così, ad esempio, si parlava di carattere tipografico, ed ognuno di essi era diverso dall'altro.

  4. #289
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    Atro (a) [a-tro]

    Bella voce poetica.

    dal latino ater (femm. atra, neutro atrum): scuro, nascosto, maligno, funesto, crudele, orrido, orrendo.

    li occhi ha vermigli, la barba unta e atra(Dante)

    un velo atro m'ha ingombre / le luci
    (Alfieri)

    Treman le spazïose, atre caverne
    (Tasso)

    l'atro / Bosco mormorerà fra le alte mura
    (Giacomo Leopardi)

    il giorno / dell'atra morte incombe ( Giacomo Leopardi)

    Come sinistra face / Che per vòti palagi atra s'aggiri, / Corre il baglior della funerea lava
    (Leopardi, Canti)

    Da atro deriva "atroce" (atrox, atrocis).

  5. #290
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    Allidere [al-li-de-re]

    Altra bella voce poetica.

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    Donna de Paradiso
    lo tuo figliolo è preso
    Iesù Cristo beato.

    Accurre, donna e vide
    che la gente l’allide;
    credo che lo s’occide,
    tanto l’ho flagellato. »

    (Donna de Paradiso, 1-7)
    Donna de Paradiso, nota anche come Pianto della Madonna. Lauda di Jacopone da Todi

    Dal latino allidere, composto di ad e laedere :danneggiare, percuotere..

  6. #291
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    Ah questi etimologisti!

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  7. #292
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    Futili discussioni:

    Il fontanello [fon-ta-nel-lo]
    Le nostre città e i nostri comuni hanno avuto la geniale idea di creare luoghi accessibili ai cittadini, di pubblica utilità, per l'erogazione gratuita di acqua potabile. A questi manufatti hanno dato nome di "fontanelli".
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    (Nella foto, il sindaco di Firenze, Matteo Renzi inaugura un "Fontanello")

    Bene, sicuramente. Non fosse per l'accanimento di alcuni cittadini, muniti di numerose taniche da venti o venticinque litri, bottiglie, bottigliette, che ingorgano il pubblico servizio, mettendoti l'atroce tarlo in mente: ma cosa se ne faranno di tutta quest'acqua? E non s'accorgono che i loro contenitori prendono tutto il posto, ostacolando la povera vecchietta che vorrebbe dissetarsi con una bottiglietta da mezzo litro? E perchè guardano torvi chi fa loro gentilmente notare che anche loro non hanno tempo da perdere, di spicciarsi (non per educazione civica, per carità, ma perchè il loro SUV è parcheggiato male e ostacola la circolazione, tra l'altro)?.
    Ma tant'è, nelle nostre belle città. L'ingordigia regna sovrana anche tra le pubbliche acque.
    Il fontanello, dicevamo.
    Non perdete tempo a cercare l'etimologia della parola. Andate piuttosto a cercare fontana, di cui fontanella è il diminuitivo. La parola fontanello è una storpiatura dei nostri Amministratori.
    Fontana deriva da fons, fontis, e si rifà alla voce verbale latina fundere, ossìa "spargere copiosamente tutt'intorno".
    Per estensione di concetto, fonte è anche "causa prima di qualcosa".

  8. #293
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    trepido [tre-pi-do] e pitocco [pi-toc-co]

    pitocco trae dal greco ptox, paura, ad indicare - generalizzando - una persona o un animale che dimostrino temerarietà, ossìa una persona trepida (contrario di intrepida).
    Trepida attesa, a rigor di termini, equivale ad un'attesa venata di leggera paura, o timore, per un esito che ancora non si conosce.
    Ptosso (da cui Pitocco), in greco, sta a significare, parimenti, una persona paurosa.
    Il pitocco è titolo abbreviato di un libro di FranciscoDe Quevedo, Storia della vita del pitocco chiamato Pablos, esempio di vagabondi e specchio di imbroglioni; è un romanzo picaresco influenzato dal Lazarillo de Tormes (di scrittora Anonimo, 1554) pubblicato nel 1626. È la storia dei goffi e maldestri tentativi di ascesa sociale di un picaro (un briccone): il pitocco si fa strada nella vita, compie una scalata sociale, attraverso l'astuzia, la menzogna e il raggiro.

  9. #294
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    Qual'è il femminile di gestore?

    Gestora? Gestrice? Lascio alla Accademia della Crusca il compito di sciogliere il nodo gordiano

    Femminile dei nomi in -tore e -sore
    I nomi maschili uscenti in -tore, anche detti nomi d'agente in quanto designano "chi compie un'azione", formano nella maggior parte dei casi il femminile in -trice (quindi, ad esempio, attore/attrice, lettore/lettrice, pittore/pittrice, scrittore/scrittrice). Alcuni problemi nel passaggio alla forma femminile si hanno quando il suffisso -tore sia preceduto da una consonante diversa da t (esempio impostore, gestore, pastore, tintore): in questi casi infatti le sequenze –strice e -ntrice, che ne derivano, risultano abbastanza difficili e forme del tipo pastrice, tintrice, impostrice non sono ammesse, mentre è attestata (cfr. Dizionario Italiano Sabatini Coletti) la forma gestrice anche se segnalata come non comune. In questi casi meno lineari sono possibili, anche se non frequentissimi, i femminili in -tora (quindi pastora, tintora, impostora, ecc.).


    Di mio posso solo risalire all'etimo della parola: deriva da gestus, participio passato di gerere, ossìa amministrare. Da gerere deriva anche il sinonimo: gerente che, peraltro, non è molto diffuso nella lingua parlata, ma lo troviamo nel parlare tecnico, per Amministratore .

  10. #295
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    Qual'è il femminile di gestore?

    ma è facilissimo sir!

    il femminile singolare è moglie
    mentre il femminile plurale è moglie e figlia

  11. #296
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    Una risposta illuminatrice, caro zio Freud.
    Oppure si dice illuminatora?

  12. #297
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    Viva la salsiccia (o salciccia?)! [comunque si dica, sal-sic-cia, sal-cic-cia]

    Agnolo Firenzuola (ovvero Michelangelo Gerolamo Giovannini da Firenzuola) chiudeva così la " Canzone in lode della salsiccia "(metà XVI secolo):
    Canzon, vanne in Fiorenza a que’ poeti,
    E palesa i segreti
    Della salsiccia, e di’ lor ch’al distretto
    Questo cibo d’ogni altro è più perfetto.


    (dalle Rime burlesche e satiriche, XXX, vv. 76-79)

    Alessandro Tassoni usa, invece,il termine salciccia, per il gustoso insaccato:


    "si riscontrò con Sabatin Brunello /
    primo inventor de la salciccia fina, /
    che gli tagliò quella testaccia riccia /
    con una pestarola da salciccia"

    ( Da La secchia rapita, I, 31).

    Salciccia è variante popolare accolta dal Sabatini-Colletti, dallo Zingarelli, dal Devoto-Oli.

    La parola deriverebbe dal latino tardo salsicĭa , sovrapposizione di salsus, salata, e insicĭa ‘polpetta’, composto dalla preposizione in e da un derivato di secāre ‘tagliare’ . L’etimologia della parola chiarisce la presenza della s centrale di salsiccia e conferma la maggiore correttezza di questa forma.
    Anche se, devo dire, salciccia mi è più gradita: lascia sugo in bocca, è forma popolana e gustosa.
    In fin dei conti, una volta tanto è bene che il classico lasci il posto al popolano, perlomeno nel parlar corrente. Anche se non sarebbe corretto, formalment
    e.


  13. #298
    Patrizia
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    Utilizzare

    Derivato da utile: che serve a qualcosa.
    Non è sinonimo di usare, significa impiegare mettendo a profitto ciò che non ha specifica utilità di per sé.

    Un termine abusato, soprattutto nell'espressione "utilizzare il tempo".
    Il tempo è la nostra ricchezza più grande. Il suo valore intrinseco non è discutibile, rappresenta la possibilità stessa dell'esistere.
    Il tempo si usa, si impiega, si vive... e troppo spesso si spreca.

  14. #299
    Master Member L'avatar di Sir Galahad
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    Grafia: [ gra-fi-a] dal greco grapho, scrittura.

    Da grafo originano, in italiano, tutta una serie di lemmi:

    Orto-grafia : scrittura corretta
    Calli-grafia : l'arte del bello scrivere (dal gr. kalos, bello)
    Pasi-grafia : l'arte di scrivere in modo intelligibile perb tutti
    Poli-grafia : lo scrivere di più materie (Istituto Poligrafico dello Stato)
    Steno-grafia ; lo scrivere una cosa in uno spazio ristretto
    Tachi-grafia ; lo scrivere con celerità
    Para-grafo : scrittura che concerne un concetto particolare di un ambito più generale
    Tele-grafo : scrittura a distanza
    Epi-grafe : iscrizione (ossìa concetto o parola o frase inserita su o in qualcosa)

    P.S. A proposito di Grafo et similia . Oggi, nei Licei, [ma anche nel greco moderno] si tende a leggere con la lettera "f" ciò che, nella grammatica classica, era invece pronunciata come "p" seguita da una leggera aspirazione (ph).
    Volendo pronunciare in modo classico, la pi, che oggi agli studenti si fa pronunciare fi, andrebbe letta come "phi".

  15. #300
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    Provincie (Pro-vin-cie)

    Che confusione! Il nostro superMario ha accorpato le provincie, creando malumori a più non posso! Addirittura Pisa sarà accorpata con Livorno, dovendo però vincere campanilismi storici, ed onte che si lavarono più volte con solenni scazzottature, com'è nel sanguigno animo dei portuali livornesi.
    Provincie, dunque. Il termine risale agli antichi Romani, quando conquistavano ed accorpavano alla città etarna altre fasce di territorio. Si diceva che erano territori "vinti a favore, a pro di Roma, ossìa pro- victae.
    Ma come si pronuncia? Province o provincie?
    Per mettere ordine nella questione dei plurali delle parole in -cia e -gia, recentemente (molto recentemente) si è stabilita una regola: la i rimane se la c e la g sono precedute da vocale, cade se sono precedute da consonante. Quindi camicie e facce, ciliegie e spiagge ( da: http://www.mauriziopistone.it/testi/linguaitaliana.html). Secondo questa regola, quindi, andrebbe detto: province, perchè c è preceduta da consonante.
    La lingua italiana, si sa, è sempre in continua evoluzione. A me hanno insegnato la regola per cui si dice: provincie. E mi riesce un tantino difficile e poco motivato il cambiare.

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