Originariamente inviato da
Patrizia
Dispiace che questa domanda se la ponga Charlie Brown… e mai, o almeno qualche volta, gli spocchiosi vanesi.
Vi avverto: fosse pure l’unico intervento del giorno, ponderate bene prima di proseguire nella lettura, perché temo questo sia l’abbrivo di un’invettiva che sarà lunghissima.
Purtroppo oggi mi è preso il capriccio di riflettere per iscritto; un impulso incontenibile di farneticare su una specie di fastidio annoiato e mortifero che mi assale quando, girovagando in internet – nella realtà mi succede di rado, per fortuna –, capita di assistere alle esibizioni di qualche soggetto che, ingolfandosi appieno nella virtù, veleggia allegramente nascondendo la boria dietro un accrocchio ben sperimentato di battute monocordi “ironiche e divertenti” grossolanamente autoreferenziali e intese a gettar discredito sugli altri. Mistero dei meccanismi della popolarità, un simile personaggio di solito gode di largo consenso, fa di tutto per mantenerselo saldo e durevole, riuscendoci, devo riconoscere, con invidiabile maestria. Raramente agisce da solo, senza necessità di abili manovre, con estrema naturalezza, coinvolge nelle sue battaglie intemerate una processione di fedeli seguaci, più o meno ignari.
Forte di questo successo, il dubbio, l’idea peregrina, di risultare in qualche modo pedante e monotono per una prudente minoranza, non gli passa mai pel capo neppure durante il sonno, come molesta variante di un incubo notturno. Dal pulpito della risata facile ha una completa superiore visione del mondo, lancia in resta si può permettere di canzonare con arrogante spavalderia tutto e tutti, sgrana come perle le sue sentenze risparmiando niente e nessuno, lingua velenosa e falangette rapide supportano la sua azione sterminatrice ad ampio raggio: star dello spettacolo, politici, letterati, suocere, colleghi, amici, parenti lontani e viandanti di passaggio tremate, perché sicuro ce ne sarà anche per voi. Gli
originali, ben rodati, di cattivo gusto e sempre apprezzatissimi cliché, insomma.
Il nostro eroe, o la nostra primadonna, buca lo schermo, ne sa sempre una pagina più del libro; in sommo grado si considera e, nell’elevatissima certezza d’essere oggetto d’imitazione nonché d’esempio per gli altri, dedica anima e corpo a mirarsi allo specchio con dolcezza, la più commossa indulgenza, e occhiali da sole griffati, ovvio, perché la luce intelligente che rifrange davvero è abbagliante. Assume fondamentale importanza per la sua immagine seguire le tendenze moda del momento, rimpannucciarsi in un abito impeccabile cucito da altri, pensando – per una volta mettendoci tutto l’impegno - sia stato creato apposta per sé, e così la forma diventa sostanza.
Io, singolarmente, trovo questi personaggi patetici. Come chi, nel bel mezzo di un gruppo convenuto a partecipare a tutt’altro spettacolo, si alzi sulle punte dei piedi e con accanimento agiti le braccia verso l’alto in continuazione per attirare lo sguardo dei riflettori. Riesce allo scopo, certo, ma la vera ironia, amara e penetrante, sta nella tristezza della scena.
Fine delirio.
Segnalibri