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Discussione: Ignazio Silone

          
  1. #1
    Outsider Member L'avatar di Tregenda
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    Ignazio Silone

    Difficile scrivere di Ignazio Silone. L’argomento è talmente vasto da non essere in alcun modo sintetizzabile. Perché Silone non fu solo e semplicemente uno scrittore; fu anche e soprattutto uno degli uomini che contribuirono a fare la storia del nostro paese.
    Personaggio scomodo per tanti su tanti fronti, “cristiano senza chiesa e socialista senza partito”, come lui stesso si definiva. Una vita al servizio di una patria che non ha smesso di rinnegarlo neanche dopo morto, una morte lontano dal suo caro Abruzzo.
    Ma scrivere di Secondino Tranquilli, alias Ignazio Silone, mi risulta difficile anche per un’altra ragione.
    Perché per me è come parlare di un parente stretto. Silone per me rappresenta un’italianità che non esiste più, un mondo di cui in qualche modo sono riuscita ad avere un vago sentore durante la mia infanzia in un paesino di provincia. Al di là di ogni distanza, temporale (quando lui è morto io non ero ancora nata) e geografica (tra Abruzzo ed Emilia).
    Io non ho solo letto l’intera sua opera, l’ho studiata con maniacalità, assieme alla sua vita, alla sua vicenda umana. Come se dovessi scriverci una tesi di laurea.
    Perciò non pretendo di esaurire l’argomento in un post, per parte mia lo farò un po’ alla volta.
    E nel frattempo mi piacerebbe conoscere anche le riflessioni di chi sente di aver qualcosa da dire, qualsiasi cosa, su Silone e su quello che ha scritto.
    Ma dovendo pur cominciare da qualcosa, io ho deciso di iniziare dalla fine. Quasi come atto catartico, per liberarmi subito della parte più dolorosa.
    Quindi propongo il racconto dei suoi ultimi minuti di vita nella clinica ginevrina in cui era stato ricoverato per l’ennesima volta.
    Da sempre soffriva di problemi ai polmoni, in seguito sono subentrati altri disturbi, ma il vero dramma finale è stata la lesione cerebrale che, a seguito di un ictus, ha fatto sì che nell’ultimo periodo fosse diventato agrafico. Il suo cervello continuava a pensare con la lucidità che l’aveva sempre contraddistinto, ma non era più in grado di trasmettere gli impulsi giusti alla sua mano, che così, convinta di trascrivere pensieri di senso compiuto, allineava invece sul foglio un’accozzaglia di parole in libertà senza capo né coda.
    E lui non se ne rendeva conto. Una vera beffa del destino per uno scrittore.
    Il suo desiderio, espresso in precedenza, era quello di essere cosciente quando fosse arrivata la morte. Voleva essere consapevole nell’ultimo istante, avere giusto il tempo di sapere che stava morendo.
    E gli ultimi istanti di vita cosciente di Ignazio Silone nelle parole della moglie Darina ci raccontano che almeno in questo è stato accontentato:

    “Ora, cambiato improvvisamente umore verso di me, disse: <<No, non posso mangiare, aspetto che portino anche la tua cena>>. Risposi che forse sarei stata l’ultima ad essere servita, qualcuno deve sempre essere ultimo, quindi che cominciasse. Cominciò, lentamente, svogliatamente, assaggiando appena il cibo, interrompendosi spesso per dire: <<Ma quando porteranno la tua cena?>>.
    Gli ripetevo che non avevo fame, di non badare a me. Quando poi la mia cena arrivò, non me ne accorsi. Stava succedendo qualcosa.
    Ad un certo momento, con gran cautela egli aveva allontanato da sé il tavolo, sollevandolo appena perché non urtasse il filo del televisore. Non capivo. <<Hai bisogno di qualcosa? Ti posso aiutare?>>.
    Non disse nulla. Badando a non rovesciare niente, con grande concentrazione fece un giro di 90 gradi e tornò a sedersi, eretto, nella poltrona. Io stavo immobile a guardare. Era come se si compisse un rito solenne. Ad alta voce, molto chiaramente, scandendo le parole egli disse: <<Maintenant c’est fini. Tout est fini. Je meurs.>>. Poi accostò le mani alle tempie e gemette quattro volte <<Ohh – Ohh – Ohh – Ohh>>.
    Quindi chiuse gli occhi e si afflosciò nella poltrona. Lo chiamai disperatamente ma non reagiva. Incredula, dovetti credere alle sue parole. Avrei voluto una parola per me, ma capii di averla già avuta: <<Ma quando porteranno la tua cena?>>.
    Ignazio Silone era riuscito, con uno sforzo supremo, a realizzare il suo desiderio: morire con dignità e consapevolezza.
    Che in punto di morte abbia parlato una lingua non sua fu un fenomeno, mi disse il medico, unico nella sua esperienza.”


    Erano le 18 e 30 del 18 agosto 1978, Silone era entrato in coma profondo. Alle 4 e 15 del 22 agosto 1978 il cuore di Secondino Tranquilli smise di battere. Un mondo in meno.

  2. #2
    Outsider Member L'avatar di Tregenda
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    "Se fosse in mio potere di cambiare le leggi mercantili della società letteraria, mi piacerebbe trascorrere l'esistenza a scrivere e riscrivere sempre la stessa storia, nella speranza che così finirei forse col capirla e farla capire, allo stesso modo come nel Medioevo vi erano monaci che passavano la vita a dipingere sempre daccapo il Volto santo, sempre lo stesso volto che poi non era mai lo stesso.
    Io mi riconosco interamente nell'affermazione di Hugo von Hofmannstahl, secondo cui gli scrittori sono una categoria di uomini per i quali lo scrivere è più difficile che per gli altri. La causa di ciò mi diventa palese ogni volta che sono sul punto di finire un libro. Chiuderlo mi pare allora un atto arbitrario, penoso e contro natura, almeno contro la mia natura. Sentendomi dunque legato nel più intimo alla materia del libro, accade che io persista a pensarvi su e a fantasticare, e che in tal modo il libro continui a vivere e a crescere in me e a modificarsi, anche quando esso è già nelle vetrine dei librai.
    Poichè un libro esprime la disposizione d'un autore verso la vita, questi dovrebbe, man mano che vive, di anno in anno, dare maggiore profondità, più sottili rifrazioni alla sua comprensione della vita. Non le pare giusto che egli cerchi di trasferire nel suo libro questo accrescimento?"

    Intervista a Ignazio Silone

  3. #3
    Senior Member L'avatar di Baudin
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    Ho letto Silone tanto tempo fa. Fontamara, Il segreto di Luca e Vino e pane hanno contribuito alla mia educazione alla vita, quando trenta anni fa cercavo con affanno una strada di coerenza. Dopo tanti anni mi chiedo cosa ricordo di questi romanzi nel dettaglio e naturalmente la risposta è scontata, quasi niente. Ma è poi così importante? no, se restano comunque i capisaldi dell'insegnamento ricevuto. E per me fu molto importante sciogliere un nodo che mi creava confusione ed imbarazzo, l'essere di sinistra e l'essere credente. Non sono cambiato, ma forse è arrivato il momento di rileggerlo, sono curioso di riflettere a posteriori su temi così fondamentali per me.

  4. #4
    Outsider Member L'avatar di Tregenda
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    Baudin, il tuo intervento mi sorprende piacevolissimamente. Nel senso che non mi aspettavo un intervento così... fondamentale. Cioè che va proprio al cuore dell'essenza di Silone. La (solo apparente) contraddizione tra la sua fede politica e quella religiosa. Quando dici che non ricordi nulla dei dettagli dei romanzi ma non ha nessuna importanza, poi, mi trovi perfettamente d'accordo. E' esattamente così. Uno legge, col tempo i particolari sfumano, ma il libro ha fatto il suo dovere. E' stato metabolizzato, in un'altra forma è ancora lì dentro di noi, anche se non si riesce a distinguerlo nel marasma che abbiamo dentro. E' il segno che è diventato parte di noi.
    Se posso, ti suggerisco di leggere (o ri-leggere) Uscita di sicurezza, perchè è un autoritratto in cui Silone riflette col senno di poi sulla sua esperienza nel PC, sulla situazione degli "ex" come li chiama, ossia i fuoriusciti dal partito come lui, sulla sua infanzia, sul suo incontro con Don Orione, sui cafoni e sul suo tentativo di risvegliare la loro coscienza politica, sulla società in generale.
    Purtroppo attualmente non è in commercio, ma ho visto che tra i libri usati non è difficile da trovare.
    E poi, sul tema della fede e dell'essere cristiano senza chiesa, c'è il bellissimo L'avventura d'un povero cristiano, ricostruzione della storia di Celestino V, che contiene anche alcuni saggi importanti, di una bellezza unica.

  5. #5
    Master Member L'avatar di Rosy
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    Ho scoperto Silone forse anni ancora prima di Baudin...
    Ricordo la lettura di FONTAMARA.
    Doveva essere scolastica, perciò sopportata, invece si rivelò piacevole ed interessante..Poi Il segreto di Luca.
    Dovrei anch'io rileggerlo. Come si può a distanza di decine e decine di anni esprimere un giudizio.. Ciao
    Rosy
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  6. #6
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    Quote Originariamente inviato da Tregenda Visualizza il messaggio
    Baudin, il tuo intervento mi sorprende piacevolissimamente. Nel senso che non mi aspettavo un intervento così... fondamentale. Cioè che va proprio al cuore dell'essenza di Silone.
    Mi sono sintonizzato sulla tua lunghezza d'onda. Il tuo thread si apre con un atto catartico e mi è sembrato logico seguirti in questa impostazione, che poi è quella che preferisco perchè ci si mette un pò in gioco. Si può dare peso alle proprie argomentazioni in vari modi, una strada è la visceralità, un sistema diretto che offre agli interlocutori strumenti di conoscenza personale e crea, se "percepita" nel giusto verso, una immediatezza di intenti comuni.
    Ti ringrazio per i consigli di lettura, li seguirò.

  7. #7
    Outsider Member L'avatar di Tregenda
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    "Che mi rimane della lunga e triste avventura? Una segreta affezione per alcuni uomini che vi ho conosciuti, e il gusto di cenere di una gioventù sciupata. La colpa iniziale fu certamente mia, nel pretendere dall’azione politica qualcosa che essa non può dare. Anche la rivolta per impulso di libertà può dunque essere una trappola, mai peggiore però della rassegnazione.
    Ogni volta che ripenso a queste disgrazie a mente serena sento risalire dal fondo dell’anima l’amarezza di un’infelicità a cui forse mi era impossibile sfuggire."

    Uscita di sicurezza

  8. #8
    Outsider Member L'avatar di Tregenda
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    In difesa di Ignazio Silone

    In alcuni saggi pubblicati nel 1998-’99 sulla rivista Nuova storia contemporanea, Dario Biocca e Mario Canali, sulla base di un serie di documenti provenienti dall’Archivio Centrale dello Stato, accusarono Silone di aver svolto attività di informatore per conto di Guido Bellone, commissario della polizia politica fascista nel periodo 1920-1930.
    Dopo essere stati anticipati sulla stampa, presentati ed enfatizzati con toni scandalistici più che scientifici, i loro lavori vennero raccolti in un volume dal quale traspare più volte un certo disprezzo per l’autore di Uscita di sicurezza, accusato di aver dato un’immagine <<leggendaria>> di sé, di aver acquisito <<una funzione pedagogica e rituale […] che non poteva ammettere alcun puntuale esame critico>>.
    Ne nacque una violenta polemica. Gli innocentisti, guidati da Indro Montanelli, rifiutarono l’autenticità dei documenti e contestarono la strumentalità della ricerca.
    Montanelli, in particolare, ebbe a dire: “Non ci crederei […] nemmeno se venisse Silone a confermarmelo".
    Giuseppe Tamburrano smascherò inesattezze nell’attribuzione di testi non firmati, scoprendo per esempio che l’OVRA, in ambiente comunista, aveva molti collaboratori indicati col medesimo nome in codice - Silvestri - , con il quale si sarebbe firmato anche Silone.
    Biocca e Canali tralasciano questo DETTAGLIO, lasciando così intendere che il Silvestri in questione potesse essere solo ed esclusivamente Ignazio Silone.

    Il maldestro tentativo di diffamazione è comunque costruito su un fatto acclarato: il rapporto fiduciario tra Silone e il commissario Bellone.
    La strumentalizzazione del fatto consiste nell’omissione della definizione della natura di tale rapporto.
    Silone negli anni Venti aveva parte attiva nel servizio di controinformazione del Pcd’I.
    Come sottolineato da Andrea Ermano, direttore dell’Avvenire dei lavoratori:
    <<In realtà, sul versante “spionistico” l’unico fatto storico accertato è che l’accusato diresse la rete clandestina del Pcd’I durante gran parte degli anni Venti. In altre parole, lo specifico, quotidiano compito di Ignazio Silone fu per lungo tempo quello di depistare, tenere in scacco e neutralizzare la polizia di regime.
    E, a giudicare dai risultati, svolse tale compito in modo efficace. Tant’è che ancora nel 1931 Alfred Kurella, già segretario generale dell’Internazionale giovanile comunista, solo di Silone si fidò e proprio a lui si rivolse per pianificare una lunga missione in Italia, dalla quale nacque un libro dal titolo Mussolini ohne Maske (Mussolini senza Maschera)>>.

    Inoltre è da ricordare che nell’aprile del 1928 il fratello più giovane di Silone, l’unico rimastogli, fu incarcerato con l’accusa di appartenere al Partito comunista illegale e in particolare di essere il responsabile di un attentato avvenuto a Milano. Accusa infondata, ma costruita ad hoc per poterlo arrestare e in questo modo colpire sul vivo il fratello maggiore, fortemente inviso al regime.
    Ed in effetti la mossa colpì nel segno. Silone non riusciva a darsi pace, si sentiva responsabile di quanto stava accadendo al fratello, che era più interessato allo sport che alla politica.
    Perciò di tentò di aiutarlo, come riferito dagli stessi funzionari del partito fascista in un profilo personale dell’esule abruzzese redatto su richiesta dello stesso Mussolini:
    <<Cercò di aiutarlo in tutti i modi, inviandogli sussidi e sovente anche dolciumi e leccornie. In tale periodo diede a vedere di essersi pentito del suo atteggiamento antifascista e tentò qualche riavvicinamento con le Autorità italiane, mandando disinteressatamente delle informazioni generiche circa l’attività dei fuoriusciti. Ciò fece nell’intento di giovare al fratello>>.
    Informazioni generiche che non compromettevano nessuno.
    Ma tutto questo fu invano: nel 1932, nel penitenziario di Procida, Romolo Tranquilli morì a causa delle lesioni interne procurategli dalle torture subite.

    La ricercatrice giapponese Yukari Saito ha rilevato con un accurato lavoro filologico che Biocca e Canali, nella trascrizione della missiva più importante, quella di congedo di Silone a Bellone datata 13 aprile 1930, hanno compiuto numerosi errori di trascrizione, <<addirittura una dozzina di parole omesse o sostituite, nonché numerose inesattezze di punteggiatura e una totale assenza delle sottolineature che l’autore vi aveva messo non a caso>>.
    Conclude la ricercatrice: <<La riproposta di tali errori, senza alcuna rettifica né precisazione da parte dello stesso aurore, rende meno facile considerarle come un semplice frutto dell’umana distrazione e compromette anche l’attendibilità di tutti gli altri materiali trascritti dallo stesso autore>>.

    Come a dire: è allettante la prospettiva di infangare la memoria di un morto. E’ comodo: non si puo’ difendere.
    Ma quando il morto in questione da vivo aveva la coerenza e il rigore morale che contraddistinguevano Secondino Tranquilli, le calunnie si sciolgono come neve al sole. Il sole della Verità.

  9. #9
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    Sono troppo di parte e troppo poco in possesso di strumenti per giudicare se Canali e Biocca siano dei denigratori o degli storici revisionisti nello stile defeliciano neomodernista. E’ evidentemente un discorso pieno di ombre e personalmente mi ritrovo senza dubbio nel commento di Montanelli : non ci crederei nemmeno se venisse a dirmelo lo stesso Silone.

    Comunque gli avvenimenti in oggetto sono tutti degli anni ’20, appartengono al periodo del Silone politico militante. Anni intensi di attività accanto ed insieme ai fondatori del partito comunista, con i quali presto cominciarono i dissidi, acuiti dalla evidenza di un partito troppo legato a Mosca ed in assenza di qualunque possibilità di dibattito ed interlocuzione. La sua visione diversa di un partito più libero lo portò ad allontanarsi, nonostante il ruolo importante svolto nell’organizzazione.
    Dal ’30 in poi, dopo l’esilio in Svizzera comincia il periodo di Silone scrittore, quello che più mi interessa ed in cui trovo gli spunti di maggiore riflessione.

  10. #10
    Outsider Member L'avatar di Tregenda
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    Anch’io sono assolutamente di parte, la parte in cui credo. Certo non ho conosciuto personalmente Silone (purtroppo), ma se me lo chiedessero sarei disposta a giocarmi entrambi gli occhi nel sottoscrivere la dichiarazione di Montanelli. Chissà, forse perché la storia di Silone in un qualche modo mi era già nota ancora prima che la conoscessi, perché sembra ricalcare quasi perfettamente quella di un mio parente stretto, che ho sentito raccontare fin da piccola.
    Probabilmente questo è anche il motivo per cui sento un legame così profondo con Ignazio Silone.
    E penso che senza la sua triste esperienza col PCI non sarebbe stato lo scrittore che è stato. In fondo anche in seguito, una volta conclusa la fase di militanza ufficiale, non ha mai smesso di raccontare la sua storia. Vino e pane, Il seme sotto la neve, Una manciata di more (in questo in particolare dà sfogo a tutta la sua ira funesta), e in realtà persino L’avventura d'un povero cristiano, non sono altro che tante versioni della stessa storia.
    Quella di un uomo che ci credeva e non ha mai smesso di crederci, ma che si è reso conto che per quelli che avrebbero dovuto essere i suoi compagni non era la stessa cosa.
    Forse la scrittura, oltre che uno strumento di denuncia, è stata per Silone anche un modo per esorcizzare una delusione che non ha mai smesso di consumarlo fino al suo ultimo giorno.

  11. #11
    Outsider Member L'avatar di Tregenda
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    A questo proposito, ecco cosa scrisse in Uscita di sicurezza:

    "Lo scrivere non è stato, e non poteva essere per me, salvo in qualche raro momento di grazia, un sereno godimento estetico, ma la penosa e solitaria continuazione di una lotta, dopo essermi separato da compagni assai cari. E le difficoltà con cui sono talvolta alle prese nell'esprimermi non provengono certo dall'inosservanza delle famose regole del bello scrivere, ma da una coscienza che stenta a rimarginare alcune nascoste ferite, forse inguaribili."

  12. #12
    Senior Member L'avatar di Baudin
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    Questa frase, nella sua parte finale, è stata strumentalizzata dai fautori della tesi collaborazionista.
    In realtà, almeno all’inizio dell’esilio, i motivi di sofferenza non erano legati solo al suo progressivo allontanamento dai compagni di partito, ma anche alle difficoltà esistenziali in cui trascorse quel periodo. Solo, braccato, senza fondi, malato, aveva la tbc e i medici gli avevano dato poche speranze, ...credevo di non aver più molto da vivere e allora mi misi a scrivere un racconto al quale posi il nome di Fontamara. Mi fabbricai da me un villaggio, col materiale degli amari ricordi e dell'immaginazione, ed io stesso cominciai a viverci dentro. Ne risultò un racconto abbastanza semplice, anzi con delle pagine francamente rozze, ma per l'intensa nostalgia e amore che l'animava, commosse lettori di vari paesi in misura per me inattesa.

    Era il 1929 lavorava ancora nella organizzazione clandestina del partito, a volte rientrava in Italia di nascosto, rischiando grosso. In una occasione si salvò grazie all’intervento del suo amico Don Orione, che si era preso cura di lui fin dal 1915 quando rimase orfano per il terremoto in Marsica.

    Quando nel ’30 fu espulso dal partito per le sue idee antitotalitarie, rinunciò a difendersi. Nel frattempo uscì Fontamara, la cui prima stesura provvisoria in italiano circolò nell’ambiente dei rifugiati. La prima stampa fu in tedesco, anche se l’avvento del nazismo in Germania ne frenò la diffusione. Ma la Svizzera era un crocevia di fuoriusciti e la bellezza del romanzo trovò subito eco all’estero, dove fu tradotto in molte lingue. In Italia, invece, arrivò dopo la guerra e sempre con difficoltà.

  13. #13
    Junior Member L'avatar di Giovanni Monte
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    ma sì. ma d'altra parte. che ci importa.
    anche se sottosotto fosse stato NAZISTA
    la sua opera avrebbe lo stesso valore.
    Una cosa è l'uomo, altra cosa la sua arte.

  14. #14
    Outsider Member L'avatar di Tregenda
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    Questione di punti di vista. Per me l'arte non è neutra. L'arte di un uomo è l'essenza di quell'uomo. Ha un colore, un odore, un sapore, una personalità, è di parte. Quella di cui parli tu è tecnica, non arte. Se venissi a sapere che tutto quello che ha scritto Silone è menzogna per me non varrebbe più niente.

  15. #15
    Junior Member L'avatar di Giovanni Monte
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    l'arte è un punto di (s)vista.
    infinite possono essere le disquisizioni (e incomprensioni) sulla... tecnica... sull'arte...
    certo, tu riesci spesso a lasciarmi a bocca aperta.
    apprendo da te che l'eccelsa Arte Siloniana - se nascesse da un cuore dedito alla congiura e allo spionaggio, se PURE FOSSE SCRITTA ALLO STESSO MODO DALLA PRIMA ALL'ULTIMA PAGINA, CON LE STESSE IDENTICHE PAROLE -si disfacerebbe in uno scialbo esercizio...
    cosa posso dire??
    B O H !!
    inutile prendere a testate la tua capoccia, che è più tosta del pugno di Don Camillo e della sberla di Peppone messi assieme.
    d'altraparte,
    mi pare di ricordare che i fugaci botta e risposta non sono permessi dal regolamento
    mi riservo di malmenarti in un guerresco faccia a faccia appena mi sarà concessa l'occasione.
    con te PICCHIARE i tasti del mio portatile
    proprio non mi soddisfa.

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