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E’ definito un “romanzo di crisi”, un romanzo di rottura. Ho molto apprezzato la prosa scarna, i dialoghi essenziali, l’atmosfera quotidiana e la descrizione di una Parigi silenziosa, appartata e discreta. Mi ha ricordato lo stile del secondo romanzo di Georges Simenon che ho letto e che mi ha affascinato, proprio per la stessa atmosfera intimista, "Tre camere a Manhattan". In questo romanzo un amico de “Il grande Bob” non si capacita del perché di un gesto apparentemente insensato da parte del protagonista, il grande Bob appunto, e indaga, e ciò che scoprirà lo porterà a riflettere sulla fragilità dei rapporti umani, soprattutto tra padri e figli in questo caso. Robert Dandurand era un figlio ribelle, un uomo che aveva le possibilità e le capacità di diventare qualcuno di una certa importanza ma che le aveva entrambe rifiutate, aveva scelto di diventare qualcun altro, aveva scelto in modo consapevole, in modo cosciente, di essere un umile tra gli umili e di dedicare la sua vita a rendere felice una persona, Lulu. Bob aveva pudore del suo passato, della sua cultura, era imbarazzato dal denaro ereditato dalla madre e si vergognava di essere figlio di un uomo importante. Eppure Bob era un uomo invidiato da questo amico che indaga intorno alla sua morte, invidiato per l’atmosfera di leggerezza che regnava in casa di Bob e Lulu, in cui non si dava importanza a nulla che non fosse essenziale. E alla fine Charles, vicino alla verità degli eventi, non si sorprende poi tanto della via che Bob aveva scelto per se stesso, una via che dal sogno di fare il meharista nel deserto portava alle fabbriche della Citroen e ai bistrot di Montmartre. E’ un po’ come se Bob avesse mirato inizialmente troppo alto, poi troppo basso, per sistemarsi infine in una gioiosa mediocrità (mediocrità intesa nel significato della lingua latina) che lo aveva reso degno di grandezza, di stima. E’ un romanzo che mi ha positivamente impressionato perché va contro le convenzioni, le aspettative, contro la rincorsa al riconoscimento sociale. L’autore si mette dalla parte di chi sceglie di vivere nella discrezionalità, che non ha nessun bisogno di rivalsa e di sentirsi parte di un gruppo in cui non si riconosce. Simenon sceglie la piccola borghesia, la gente modesta, e questo me lo ha reso simpatico, ed è per questo che è un autore che vorrei approfondire.