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"Anversa è uno dei pochi libri che, dopo averlo pubblicato, non mi imbarazza, o non mi imbarazza del tutto, rileggere. Forse, sebbene sia possibile che questa spiegazione sottragga meriti che il libro può avere, è perché vedo nelle sue pagine che il giovane che sono stato rimane e perdura. E questa è sempre una consolazione, una consolazione di solo trenta secondi, ma pur sempre una consolazione".

Anversa è stato scritto a Barcellona nel 1980, quando Roberto Bolano era un esule cileno di 27 anni convinto che sarebbe morto entro i trenta poiché malato di pancreas. Nella sua introduzione ad Anversa l'autore scrive: "Credo che fosse il mio ultimo anno a Barcellona. Il disprezzo che provavo per la cosiddetta letteratura ufficiale era enorme. Ma credevo nella letteratura: ossia non credevo né nell'arrivismo né nell'opportunismo né nei mormorii cortigiani. Sì nei gesti inutili, sì nel destino". Bolano scrive questa introduzione a Blanes, un comune della Costa Brava (60 chilometri a nord di Barcellona), nel 2002, quando il libro appare per la prima volta. L'anno seguente Bolano compie 50 anni e muore in un ospedale a Barcellona.
Più che un romanzo Anversa mi è sembrato una composizione ossessiva e onirica dei pensieri dell’autore sotto forma di piccole narrazioni frammentarie, sperimentali, dove la prosa si confonde con la poesia, dove la trama esiste ma non esiste, dove l’autore descrive personaggi, luoghi e situazioni ridondanti ma nello stesso tempo descrive se stesso. Ci sono tutti gli indizi di una storia che bisogna costruire, come un puzzle, attraverso scene slegate, criptiche, e che personalmente ho trovato di non facile interpretazione.
Anversa è il primo romanzo dell'autore, scritto poco prima del passaggio di Bolano dalla poesia alla prosa e quello che mi è piaciuto di questo testo è stato proprio questo mescolarsi di poesia e prosa che dona alla lettura un ritmo delirante e che personalmente mi ha tenuto attaccata alle pagine, persa in una pseudo realtà.
La lettura mi ha impressionato molto anche pensando che Anversa è quanto mai autobiografico in quanto descrive gli anni di duro e faticoso apprendistato, di forte disagio sociale ed esistenziale (l'autore lavorò realmente nel campeggio Estrella de Mar per quattro estati, dal 1978 al 1981, e a volte nei fine settimana invernali. Faceva le pulizie, il sorvegliante notturno, di tutto). "È stato il mio corso di laurea" affermò Bolano. "Ho conosciuto una fauna umana a dir poco variopinta. In realtà, in tutta la mia vita non ho mai imparato tante cose in un colpo solo come lì."
Mi è piaciuta molto anche la menzione a Pavese.