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Tutto il racconto inizia dal proposito da parte del narratore di raccontare tutta la sua vita da un punto di vista razionale ma la realtà che il prete ci propone appare immediatamente l'esatto contrario, emerge una incoerenza di fondo dove il suo stato d'animo prende il sopravvento sugli eventi storici. Questa incoerenza, dettata dalla sua coscienza tormentata e alterata dallo stato febbrile, assume un'aura fortemente malinconica, accentuata ancora di più dalla solitaria oscurità della notte. Il "notturno" del titolo ci proietta immediatamente in una dimensione onirica, evanescente, poetica e musicale, musicale perché ho pensato al "chiaro di luna" di Debussy (che viene citato come uno dei brani classici che Sebastian ascoltava durante i ricevimenti a casa di Maria Canales), il notturno come momento della notte presuppone una predisposizione d'animo particolare, un sentimento di vaga tristezza e di silenzio. Lo stato d'animo di Sebastian è uno stato d'animo disilluso, cerca razionalmente nel passato spiegazioni che possano giustificare più che i suoi atti i suoi non atti, le sue omissioni, le parole non dette, e vuole autoconvincersi che la sola poesia e la sola letteratura bastino come rifugio e autoassoluzione (in realtà sa benissimo che non può autoassolversi). Così, in preda alla sua inquietudine, la logicità narrativa si scontra di continuo con i conflitti interiori dando vita ad una storia frammentaria e non si sa cosa sia vero e cosa sia allucinazione (i dati storici che ripercorrono la storia cilena dal 1970 al 1973 sono però precisi e narrati in modo compulsivo). Per tutto il romanzo ho respirato un ritmo urgente, ossessivo (diversi sono i refrain), è chiara la consapevolezza dell'imminenza della morte e questa consapevolezza non può non creare un'angoscia costante (mi ha colpito inoltre il fatto che spesso Sebastian ricordi i momenti in cui si è sentito smarrito e con un senso di nausea). Il testo è un atto di denuncia verso quegli intellettuali che sono rimasti in silenzio di fronte alla violenza storica e questo Bolano lo fa attraverso la tormentata coscienza di un prete (forse sceglie un prete perché è una figura al di sopra delle parti politiche) utilizzando un linguaggio speculare alla realtà, attraverso metafore, simbolismi, indizi che il lettore deve cercare, allusioni a gesti e pensieri forse inconfessabili (tante cose Sebastian credo non le sveli ma le lasci all'immaginazione). Quello che più mi piace della scrittura di Bolano è proprio questa partecipazione che chiede al lettore e che immerge in un mondo reale e trascendentale insieme. Ho percepito comunque un pessimismo di fondo: la memoria storica è destinata all'oblio.