Questo non è un libro di storia. È quel che mi rimanda la memoria quando colgo lo sguardo dubbioso di chi mi è attorno: perché sei stata comunista? Perché dici di esserlo? Che intendi?
Senza un partito, senza cariche, accanto a un giornale che non è più tuo? È una illusione cui ti aggrappi, per ostinazione, per ossificazione?
La vicenda del comunismo e dei comunisti del Novecento è finita così malamente che è impossibile non porsela.
Che è stato essere un comunista in Italia dal 1943? Comunista come membro di un partito, non solo come un momento di coscienza interiore con il quale si può sempre cavarsela: "In questo o in quello non c'entro".
Comincio dall'interrogare me. Senza consultare né libri né documenti ma non senza dubbi."

dal web



Scrivo due righe piu’ che altro per ricordare la fondatrice del quotidiano ” Il Manifesto” (insieme a Luigi Pintor, Valentino Parlato Aldo Natoli e Lucio Magri) scomparsa recentemente.
Sono passati almeno dieci anni da quando l'ho letto, ora e’ stato ristampato in edizione economica.
La copertina e’ una bella foto in bianco e nero dove l’autrice ci guarda con aria malinconica .
In questa autobiografia politica scritta con prosa lucida e appassionata , Rossana Rossanda ripercorre le tappe salienti della sua vita e della sinistra in Italia dal dopoguerra fino agli anni 70 .
Da staffetta partigiana a responsabile della cultura nel P.C.I. fino alla sua radiazione nel 1969 .
Sullo sfondo un Italia che cambia con le sue anomalie e le sue complessita’.
A me e’ piaciuto ma non sono imparziale perche’ si parla di una storia che in un certo senso mi appartiene anche se sono piu’ giovane.
Una storia che forse non interessera’ piu’ di tanto le nuove generazioni ma che credo aiuti a comprendere meglio cos’è la passione politica e l’impegno civile.
Un racconto di chi ha creduto in grandi ideali e sperato in un cambiamento, e come ha scritto qualcuno, nulla ha concesso ai suoi avversari ma neanche a se stessa.


Rossana Rossanda in conversazione con Marco D'Eramo :

E non accetterò mai che il mondo resti non solo pieno di povertà ma con le disuguaglianze in aumento, come riconoscono le Nazioni Unite.
Certo, i «socialismi reali» non sono stati una società augurabile, ed è su questo che, se il movimento comunista esistesse ancora, si dovrebbe lavorare.
Io comunque vi appartengo. Ho commesso tanti errori e ammetterlo fa parte di una vita capace di riflettere su di sé.
Non penso che siamo sconfitti per l’eternità e so che non vivrò per l’eternità; mi dispiace non riuscire a vedere la società che desidero.