Buongiorno,
vorrei segnalarvi il libro "La mistica del carismatico". Questo racconto, oltreché interessante da leggere, è anche gratuito (o viceversa).
Rose più o meno mistiche… medagliette, collanine, santini, veggenti. La storia di improbabile invaghimento in un contesto di dogmatiche superstizioni e ritualistica “popolana” da commedia, non privo di momenti da rimuginare con calma. L'opportunismo della specie non si fa desiderare.

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Per chi volesse scaricarlo fornisco i link alle varie versioni (kindle, epub e pdf):

https://www.amazon.it/mistica-del-ca.../dp/B079ZT3TM3
https://www.mondadoristore.it/La-mis...i978882757626/
http://www.millepagine.net/narrativa...carismatico-2/

Riporto le note tratte dal sito del sottoscritto sulla nascita del libro:

Stavo consumando il mio solito sorbetto corretto al Gran Caffè Letterario, avevo da poco concluso la lettura de “All’insegna della Reine Pedauque”, una bellissima edizione UTET degli anni sessanta, ed ero ancora preso dalla disamina dell’impegnativo titolo di Brian Griffin “Più veloce della velocità dell’amore”. Mi pare che ragionassi su quanto la propensione alla sintesi del Griffin mi portasse ad ammirare la perfezione ipotattica di France quando mi si avvicinò quella donna, una semplice conoscente, che con una certa insistenza e chissà per quale luminoso e a me del tutto oscuro motivo volle a tutti i costi darmi un rosario benedetto. La donna riuscì nel suo intento e me lo consegnò, ovviamente non prima di avermi costretto all’ascolto di una sorta di sermone intriso di frasi fatte e dolciastre sulla divina benevolenza (come se ne trovano in qualunque sermone), roba da circolo degli spirituali.
La cosa mi divertì e non potei fare a meno di pensare all’abate Coignard, al frataccio, al signor d’Astarac e a tutta l’allegra compagnia della Reine Pedauque.
La mistica del carismatico nasce così, da quell’episodio e dalla successiva osservazione che, incuriosito, ho condotto per alcuni mesi in capo a quella variegata umanità che ruota attorno alle collanine benedette appese agli specchietti retrovisori delle automobili.
Nella stesura del racconto la chiara, ancorché discreta, influenza esercitata dal France è a tratti accompagnata da un aleggiare inquieto di richiami alle tematiche del testo griffiniano perché, se è vero com’è vero che alla fine tutto si aggroviglia attorno al più puro dei sentimenti, è solo nella Mistica del carismatico, come evidenziato dal De Fartelli-Raburdi, che appare tristemente vivida la più immane e insensata delle lotte, quella dell’amore vano contro il divino grottesco. Lotta titanica e fatale, che, per somma miseria, deve anche, e necessariamente, compiacere l’assurdo.
Per meglio comprendere quello stesso motus obliquare cursum ancora l’analisi del Raburdi ci soccorre: “di quel che è, come di un criceto nella macchina spara-palle da tennis, non resterà altro che una vaga, breve, dispersa impronta”. Un singulto sommesso.

Noi tutti qui al circolo ricordiamo con grande simpatia e viva commozione Salvatore Maria, il criceto del Raburdi, affettuosamente soprannominato “l’avventuriero”.

Grazie.