"Scrivo anche per fare sapere alle persone di buona volontà, che vogliono capire che nella maggioranza dei casi il carcere, così com’è oggi in Italia, produce solo tanta recidiva e che una pena crudele e cattiva non fa riflettere sul male commesso. E che agli ergastolani non servirebbe poi molto per migliorarsi, se non un po’ di speranza e un fine pena. Credo che sarebbe utile far sapere alla società che una sofferenza inutile non fa bene a nessuno, neppure alle vittime dei nostri reati."

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Ho appena finito di leggere questo libro, il più recente di Carmelo Musumeci: è il racconto, scorrevole e coinvolgente, di come nasce un ergastolano.
E' lo sguardo del Carmelo di oggi sul Carmelo bambino, sul Carmelo ragazzo. Carmelo che mette in fila le sofferenze e le azioni che hanno portato all'uomo che è oggi. Senza vergogna, senza vanto, senza compiacimento, con garbo, descrive l'amore, descrive il dolore, descrive le scelte fatte, il male subito, quello imposto.
Come ha detto Carmelo «sono sì nato colpevole, poi io ci ho messo del mio a diventarlo». Ma, anche, ci ha messo del suo a uscire, a far uscire la sua voce, a esistere.
Racconta la solitudine e la rabbia di un bambino non amato che cerca di diventare cattivo per sopravvivere e il percorso, direi quasi inevitabile, che lo porta a compiere dei crimini.
La foto sulla copertina è quella del suo primo arresto, da minorenne.

Carmelo, per chi ancora non lo conoscesse, è una persona che è stata condannata all’ergastolo ostativo; una volta annullata l’ostatività, dopo un quarto di secolo di detenzione, ha potuto usufruire del regime di semilibertà e durante il giorno presta il suo servizio presso la comunità Giovanni XXIII per poi rientrare ogni sera nel carcere di Perugia.

Carmelo è entrato in carcere con la licenza elementare, all'Asinara ha ripreso gli studi e da autodidatta ha terminato le scuole superiori. E poi ha conseguito tre lauree: Scienze Giuridiche, Giurisprudenza e Filosofia. E poi scrive: tanto, di tutto, con tenacia, garbo e coraggio.

Consiglio a tutti la lettura di "Nato colpevole", con linguaggio fluido e coinvolgente Carmelo ci trasporta in una realtà dura, spietata, che per molti rappresenta l'unica possibilità di vita. Non parla solo di carcere, ma soprattutto di come si arriva al carcere.