Nome:   Marion-Peck_Poster_A3-300x300.jpg
Visite:  369
Grandezza:  25.0 KB

La mostra di Marion Peck si intitola “Stravolti”, che è la risposta di Peck a un’immagine della bellezza sempre più omologata che si sta facendo strada nelle piazze virtuali, in una esasperata corsa all’abbellimento. Con l’uso di una raffinata tecnica pittorica che adorna le forme più strane, l'artista punta a mettere in luce la sua idea di perfezione, diversa ma altrettanto evidente, per l'unicità di ogni soggetto. D’altronde, quest’altra tappa del percorso creativo di Peck, è in linea con l’approccio da sempre provocatorio della pittrice. Usando la potenza comunicativa delle sue opere oniriche e fiabesche, abitate da personaggi bizzarri, la regina del Pop Surrealismo infatti non manca mai di dire la sua (e a suo modo) su problemi politici e culturali, o su temi sociali del mondo contemporaneo.
Spesso proprio trasformando l’arte figurativa in parodie surreali, che deformano la realtà e la tramutano in una farsa. Altro elemento distintivo dei suoi lavori, è la componente narrativa che ricorda le tele rinascimentali italiane conosciute da Peck nel Belpaese, durante gli studi artistici alla Temple University Rome. Ed è proprio nella Città eterna che la giovane americana matura la consapevolezza di voler fare la pittrice. E così sarà, fino a diventare la più apprezzata al mondo, nel suo genere.
A Roma è possibile ammirare dal vivo i ritratti surreali dell’artista, oltre a una delle opere più celebri di Peck, “The Actors”, dove si indaga sulla figura dell’attore, tra aspetti simbolici e psicologici. Un quadro perfettamente in linea con una mostra in cui la regina del Pop Surrealismo apre le stanze ancora inesplorate della sua mente. Per informazioni su “StraVolti” di Marion Peck presso la Dorothy Circus Gallery (via dei Pettinari 76, Roma): tel. 06 68805928, email: info@dorothycircusgallery.com. La mostra è aperta al pubblico gratuitamente fino a lunedì 28 maggio.

Nome:   Marion-Slider-My-Furry-Lady-01.jpg
Visite:  629
Grandezza:  15.8 KB

Locandina della sua mostra a Londra