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Discussione: A chi ama le favole

          

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  1. #1
    Master Member L'avatar di Enribello
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    Il giovane gambero


    Un giovane gambero pensò: “Perchè nella mia famiglia tutti camminano all’indietro? Voglio imparare a camminare in avanti, come le rane, e mi caschi la coda se non ci riesco”.

    Cominciò ad esercitarsi di nascosto, tra i sassi del ruscello natio, e i primi giorni l’impresa gli costava moltissima fatica. Urtava dappertutto, si ammaccava la corazza e si schiacciava una zampa con l’altra. Ma un po’ alla volta le cose andarono meglio, perchè tutto si può imparare, se si vuole.
    Quando fu ben sicuro di sé, si presentò alla sua famiglia e disse:
    “State a vedere”.
    E fece una magnifica corsetta in avanti.

    “Figlio mio”, scoppiò a piangere la madre, “ti ha dato di volta il cervello? Torna in te, cammina come tuo padre e tua madre ti hanno insegnato, cammina come i tuoi fratelli che ti vogliono tanto bene”.
    I suoi fratelli però non facevano che sghignazzare.
    Il padre lo stette a guardare severamente per un pezzo, poi disse: “Basta così. Se vuoi restare con noi, cammina come gli altri gamberi. Se vuoi fare di testa tua, il ruscello è grande: vattene e non tornare più indietro”.

    Il bravo gamberetto voleva bene ai suoi, ma era troppo sicuro di essere nel giusto per avere dei dubbi: abbracciò la madre, salutò il padre e i fratelli e si avviò per il mondo.
    Il suo passaggio destò subito la sorpresa di un crocchio di rane che da brave comari si erano radunate a far quattro chiacchiere intorno a una foglia di ninfea.
    “Il mondo va a rovescio”, disse una rana,, “guardate quel gambero e datemi torno, se potete”.
    “Non c’è più rispetto”, disse un’altra rana.
    “Ohibò, ohibò”, disse una terza.

    Ma il gamberetto proseguì diritto, è proprio il caso di dirlo, per la sua strada. A un certo punto si sentì chiamare da un vecchio gamberone dall’espressione malinconica che se ne stava tutto solo accanto a un sasso.
    “Buon giorno”, disse il giovane gambero.
    Il vecchio lo osservò a lungo, poi disse: “Cosa credi di fare? Anch’io, quando ero giovane, pensavo di insegnare ai gamberi a camminare in avanti. Ed ecco che cosa ci ho guadagnato: vivo tutto solo, e la gente si mozzerebbe la lingua piuttosto che rivolgermi la parola. Fin che sei in tempo, dà retta a me: rassegnati a fare come gli altri e un giorno mi ringrazierai del consiglio”.

    Il giovane gambero non sapeva cosa rispondere e stette zitto. Ma dentro di sé pensava: “Ho ragione io”.
    E salutato gentilmente il vecchio riprese fieramente il suo cammino.
    Andrà lontano? Farà fortuna? Raddrizzerà tutte le cose storte di questo mondo? Noi non lo sappiamo, perchè egli sta ancora marciando con il coraggio e la decisione del primo giorno.

    Possiamo solo augurargli, di tutto cuore: “Buon viaggio!”.

    Gianni Rodari




    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

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  3. #2
    Logopedista nei sogni L'avatar di Estella
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    La storia di Polia e Polifilo.

    L’Hypnerotomachia Poliphili (La battaglia d’amore in sogno di Polifilo) è tra i primi libri a stampa illustrati della storia; il testo, impaginato con eleganza ed equilibrio, è accompagnato da 172 xilografie, ossia immagini incise su lastre di legno.

    Edita nel 1499 dalla tipografia veneziana di Aldo Manuzio, l’opera ha come tema centrale l’amore platonico, rappresentato dalla ricerca da parte di Polifilo (letteralmente “colui che ama molte cose”) della donna amata, Polia (letteralmente “moltitudine”). Polifilo intraprende, in sogno, un vero e proprio viaggio onirico di iniziazione, raccontato in prima persona, che lo porterà ad affrontare difficili prove, ad attraversare luoghi impervi e a incontrare creature mostruose, figure mitologiche e allegoriche. Ma il protagonista si sveglia in un secondo sogno, all’interno del primo, in cui alcune ninfe lo conducono dalla loro regina e gli chiedono di dichiarare il suo amore per Polia, indi lo conducono davanti a tre porte. Polifilo sceglie la terza e lì trova Polia. I due sono condotti da altre ninfe in un tempio per la cerimonia del fidanzamento e lungo la strada passano attraverso cinque processioni trionfali che celebrano l’unione degli amanti. Finalmente la giovane coppia viene trasportata da una nave condotta dal dio dell’amore, Cupido, sull’isola di Citera, dove assistono ad un’altra processione trionfale che celebra la loro unione. A questo punto del romanzo si inserisce una seconda voce, quella di Polia, che descrive l’erotomachia dal suo punto di vista. Il racconto ritorna nelle parole di Polifilo quando viene respinto da Polia, ma Cupido le appare in sogno e la costringe a tornare dall’amato, che appare svenuto, come morto, ai suoi piedi, e a riportarlo in vita con un bacio. Gli amanti finalmente riuniti vengono benedetti da Venere, ma quando Polifilo sta per prendere Polia tra le sue braccia, ella si dissolve nell’aria e Polifilo si sveglia.

    Il significato reale del racconto è incredibilmente difficile da interpretare, anche a causa delle citazioni e dei continui richiami a miti e leggende greche e latine. Il linguaggio usato dall’autore è altrettanto complesso e intreccia italiano e latino, con inclusione di eruditi termini greci che contribuiscono a impreziosirne il lessico e ad aumentarne la problematicità semantica. Le parole scritte si mescolano alle originali immagini grafiche che creano un mondo fantastico e affascinante, di cui l’osservatore entra a far parte. Non da ultimo, Aldo Manuzio ha arricchito il volume inventando impaginazioni dalle strutture innovative, in cui il testo non rispetta una composizione tradizionale che assecondi la sagoma rettangolare del foglio, ma viene modellato secondo linee e schemi mai visti prima tra le pagine di un libro.
    L’opera va quindi interpretata e ammirata nella sua interezza, prendendo atto che i suoi elementi di fascino derivano anche dal rapporto e dalla compenetrazione tra immagini e testo nell’impaginazione, che dà vita ad una vera e propria fusione lessicale e visiva.
    Non avere mai paura di essere un papavero in un campo di giunchiglie.


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