"Diana ascoltava rapita mentre lui le raccontava la storia della sua vita.
"Avevo solo undici anni, quando ho visto mia madre morire schiacciata in un incidente d'auto. Figlio unico, sono cresciuto con mio padre. Solo io e lui. Era un impiegato comunale e faceva l'allenatore di atletica leggera. Da ragazzo, io correvo i quattrocento a ostacoli. Il mio maggior desiderio, subito dopo la laurea, era di riformare la famiglia che avevo perduto.*
Dalla prima notte in cui ho dormito con Cristina, non sono più tornato a casa. Se tornassi indietro, non avrei così fretta e probabilmente non la risposerei, ma non l'ho mai tradita prima d'ora. Non sono più innamorato, ma c'è molto amore tra di noi. E' una donna pratica e concreta ed è una buona madre, ma non è una donna d'anima. Nel nostro rapporto è mancata l'anima. Purtroppo è andata così...".
Diana non aveva aggiunto alcuna parola a quella narrazione, per un profondo senso di rispetto e per non rompere l'incanto di quella confessione. Non parlava, ma riusciva perfettamente, con la sua empatia e la sua sensibilità, ad accogliere il dolore di quell'uomo, apparentemente così forte e sicuro di sè, ma in realtà costretto a reprimere, in fondo all'anima, il singhiozzo di un bambino disperato."