«Abitanti di un mondo in declino, trepidiamo soltanto per la nostra ricchezza, proprio come i popoli vecchi, le civiltà al tramonto. E non ci accorgiamo che nelle nostre tiepide città, in cui coltiviamo la nostra artificiale solitudine, vi sono già alveari ronzanti, di rumore e di colore, di preghiera e furore. Il mondo di domani».

Domenico Quirico, giornalista de La Stampa, inviato di guerra, rapito per 5 mesi in Siria nel 2013, esperto dell'Africa e della "Primavera araba", ha percorso il cammino dei migranti, in mezzo a loro nel deserto, su una carretta del mare che dalla costa africana si è arenata a Lampedusa, con profonda compassione per gli ultimi, per darne testimonianza. Mischiato ai partenti, ha percorso le rotte che passano per il Marocco, per la Tunisia e la Libia, per il Mediterraneo e per le sue onde in tempesta pronte ad annegare, a sommergere e inghiottire in eterno centinaia di corpi, passa per la Turchia e per la Grecia, per i campi profughi, per i muri e gli sbarramenti dell'Ungheria, di Melilla e Calais, passa per gli orrori siriani tra macerie e cadaveri, passa per il deserto e le sue sabbie che accecano e assetano, dove le piste si incrociano, passa per gli italianissimi centri di accoglienza o detenzione, per le coste e gli entroterra, per i gommoni ed i camion. E nel girone delle vittime, la sorte più crudele è riservata alle donne.
Leggendo questo libro è aumentata la mia ammirazione per Domenico Quirico, non pensavo esistessero ancora giornalisti con così tanto coraggio da tuffarsi nell'inferno per percorrere le rotte dei migranti. E pensare che quando l'avevano rapito in Siria, vedendolo così anziano e minuto, mi aveva dato un'impressione di debolezza. Invece ha una forza e un'intelligenza straordinaria, una visione lucida e potente da Giornalista vero, testimone del nostro tempo, con una conoscenza diretta dei fatti che racconta. Leggendo queste pagine, si comprende come i muri non basteranno e che l'esodo non si può fermare.

"Dall’Africa e dal Medio Oriente, sconvolti dalla guerra, dalla povertà e dal totalitarismo islamista, fino alle sponde e ai confini dell’Europa, Domenico Quirico narra la storia del nuovo millennio, la storia di un popolo nuovo in cammino.
Una Grande Migrazione che ha inizio là dove parti intere del pianeta si svuotano di uomini, di rumori, di vita: negli squarci sterminati di Africa e di Medio Oriente, dove la sabbia già ricopre le strade e ne cancella il ricordo; nei paesi dove tutti quelli che possono mettersi in cammino partono e non restano che i vecchi.
Termina nel nostro mondo, dove file di uomini sbarcano da navi che sono già relitti o cercano di sfondare muri improvvisati, camminano, scalano montagne, hanno mappe che sono messaggi di parenti o amici che già vivono in quella che ai loro occhi è la meta agognata: l’Europa, il Paradiso mille volte immaginato.
Da Melilla, l’enclave spagnola che si stende ai piedi del Gourougou, in Marocco – dodici, sonnolenti chilometri quadrati cinti da un Muro in cui l’Europa è, visivamente, morta – fino alla giungla di Sangatte, a Calais, dove la disperata fauna dei migranti macchia, agli occhi delle solerti autorità francesi, le rive della Manica con la sua corte dei miracoli, tutto l’Occidente, dai governanti ai sudditi, sembra ingenuamente credere di poter continuare a respirare l’aria di prima, di poter vivere sulla medesima terra di prima, mentre «il mondo è rotolato in modo invisibile, silenzioso, inavvertito, in tempi nuovi, come se fossero mutati l’atmosfera del pianeta, il suo ossigeno, il ritmo di combustione e tutte le molle degli orologi»."

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