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Discussione: " Jazz"

          
  1. #16
    Senior Member L'avatar di nottibianche
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    Grazie Enri,interessante.Ellington accompagnava spesso Ella Fitzgerald, cantante strepitosa un altro mostro sacro del Jazz:






    Nel 1960 ,durante un concerto in Germania si mise a improvvisare perché aveva dimenticato alcune parole di questa canzone;una performance per niente facile,che le valse un Grammy.I fan italiani la ribattezzarono MAMA JAZZ cosa di cui lei andava orgogliosa.
    " E se io non fossi l'eroe? Se io fossi il cattivo? " Twilight

  2. #17
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    Non so cosa pensare delle contaminazioni tra generi come ad esempio la musica classica ed il jazz.Ho trovato questo gruppo.Si puà definire un'operazione riuscita? un'operazione riuscita?



    E delle donne che fanno jazz?

    " E se io non fossi l'eroe? Se io fossi il cattivo? " Twilight

  3. #18
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    A me le contaminazioni piacciono molto e nel jazz ci sono sempre stati tentativi di far convivere due generi così diversi.
    Il sassofonista norvegese Jan Garbarek ha realizzato un ponte tra jazz e musica sacra nella sua variante forse più inaccessibile, il canto gregoriano con l'album "Officium" realizzato con la collaborazione dell'Hilliard Ensemble


    Visto il grande successo ottenuto ha realizato in seguito anche "Officium Novum"


    Da non dimenticare infine il classico "Jazz Sebastian Bach" degli Swingle Singers che ottenne un clamoroso successo negli anni sessanta e settanta.


  4. #19
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    Qualcosa del genere,insomma:



    Mmm...non è che mi convinca tanto.....il jazz è divertimento ,rumore, è scanzonato,ma probabilmente è questione di abitudine,sono cresciuta con troppo schemi mentali,certo non per colpa mia
    " E se io non fossi l'eroe? Se io fossi il cattivo? " Twilight

  5. #20
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    Jazz significa anche libertà da ogni schema come dimostrano anche le jam session dei musicisti e ci sono stati anche compositori di musica classica come Dmitrij Šostakovič che hanno composto in prima persona opere jazz.




    Del resto i jazzisti non si fermano di fronte a niente ;-)
    Ecco Miles Davis alle prese con "Time After Time" di Cindy Lauper:


  6. #21
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    Miles Davis è davvero il tuo punto di riferimento
    Ti lascio questo articolo: https://www.vice.com/it/article/nn87...i-auguri-miles
    Il mio è Chet Baker,è stato anche in carcere a Lucca a due passi da me; peccato non esserci stata Dicono che in tanti andassero ad ascoltarlo suonare sotto le mura del carcere.



    E i giovani italiani ?

    Dalla Sicilia a New York sotto l'ala protettrice di Wynton Marsalis



    L'ho ascoltato lo scorso anno a Barga in jazz (Lucca)
    " E se io non fossi l'eroe? Se io fossi il cattivo? " Twilight

  7. #22
    Master Member L'avatar di Enribello
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    A proposito di donne e di contaminazioni....Candy Dulfer è una saxofonista olandese che ha iniziato la sua carriera giovanissima. Cosi recita il web : "Numerosissime le sue incursioni nel pop che l'hanno vista tra l'altro suonare con Prince e addirittura dal vivo con i Pink Floyd al concerto di Knebworth nel 1990. Aiutata da una certa avvenenza fisica, le sue esibizioni non hanno mai mancato di riscuotere un notevole seguito in patria e all'estero."
    Metto due brani...il primo e' una classica contaminazione funk...il secondo piu' nei canoni del jazz tradizionale diciamo cosi.





    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

  8. #23
    Senior Member L'avatar di nottibianche
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    Anche lei non è male .La sua musica è un misto di jazz e soul.

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  9. Thanks Mauro thanked for this post
  10. #24
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    Mi hai beccato nottibianche, speravo proprio che non si capisse
    Come diceva Mark Twain "Il paradiso lo preferisco per il clima, l'inferno per la compagnia".

    Con "Almost Blue" cantato da Diana Krall prendo due piccioni con una fava. Rendo omaggio a Chet Baker e presento una bravissima cantante e pianista canadese, moglie di Elvis Costello.





    Tra gli italiani, giovani o no, il mio prediletto è Paolo Fresu, forse anche perchè mio conterraneo.

    Nel 2011 per festeggiare i suoi cinquant'anni fece una tournee in Sardegna scandita in cinquanta tappe in posti fantastici e ricchi di suggestioni.


  11. #25
    Administrator L'avatar di Mauro
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    Quote Originariamente inviato da nottibianche Visualizza il messaggio
    Anche lei non è male .La sua musica è un misto di jazz e soul.

    Vista dal vivo a Milano nel 2002 in un bellissimo teatro che era lo Smeraldo, chiuso per poi aprirci "Eataly", una cosa che ancora oggi mi manda in bestia.
    Norah Jones fece un gran concerto accompagnata da una band di altissimo livello ... ricordo che ci fu anche l'immancabile pirla con telefonino acceso, con la Jones che lo sbeffeggiò davanti a tutti riproducendo al piano l'orrendo "Nokia tune"
    Non è vero che ti fermi quando invecchi, ma invecchi quando ti fermi.

  12. #26
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    Si Mauro,dal vivo è sempre un'altra cosa.

    Che bello questo post si sta arricchendo man mano e mi dà modo di imparare.

    Cercando ho scoperto questo jazzista
    Al Haig uno dei pionieri del bebop-Si dice che avesse ammazzato la seconda moglie ma una giuria lo assolse.Questo non influì sulla sua popolarità. Era coetaneo di Sarah Vaughan,con la quale,nel 1945 (Con Dizzy Gillespie alla tromba,Charlie Parker al sax,Curly Russel al contrabbasso,Sidney Catlett alla batteria) realizzarono una magnifica versione di Lover man.







    Riguardando quello che ho messo,mi accorgo che i miei jazzisti preferiti sono quelli tipo " suonala ancora Sam" di Casablanca.
    " E se io non fossi l'eroe? Se io fossi il cattivo? " Twilight

  13. #27
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    Norah Jones è figlia di Ravi Shankar il grande virtuoso indiano di sitar che ebbe una grande influenza musicale sui Beatles e anche sui Rolling Stones.



    Ecco il necrologio pubblicato dal Sole 24ore in occasione della sua morte avvenuta nel 2012:

    "Ci sono artisti che vanno pesati sia per il contributo diretto che per quello indiretto alla storia della musica. Ravi Shankar è uno di questi: virtuoso del sitar, profondo innovatore della musica tradizionale indiana, maestro di George Harrison, uomo che iniziò i Beatles alle meraviglie del subcontinente himalayano, padre di una certa Norah Jones.
    Se n'è andato ieri notte alla veneranda età di 92 anni in un ospedale di San Diego, per problemi respiratori conseguenti all'intervento al cuore subito nei giorni scorsi. Harrison, suo allievo prediletto, lo definiva «il Padrino della world music» giusto per spiegare al mondo che peso potesse avere suonare il sitar sul palco del Monterey Pop Festival quando Peter Gabriel portava ancora i calzoni corti. In India c'è il cordoglio riservato alle più alte cariche dello Stato: il primo ministro indiano Manmohan Singh ha espresso la sua tristezza evocando la perdita di un «tesoro nazionale e di un ambasciatore mondiale dell'eredità culturale dell'India. Si è chiusa un'era, – ha continuato Singh - la nazione si unisce a me per rendere omaggio al suo genio insuperabile, alla sua arte e alla sua umiltà».

    L'incontro con George
    Il vero e proprio «salto di qualità» agli occhi dell'opinione pubblica mondiale, tuttavia, Shankar lo compie nella seconda metà dei Sixties. Anni in cui i Beatles sono profeti incontrastati della Swinging London, artisti irrequieti che non si accontentano di riprodurre i consueti stilemi del rock and roll. E adorano guardarsi intorno. Già nel film «Help!» c'era una sequenza ambientata in un ristorante indiano nella quale si vedeva un gruppo di musica popolare alle prese con tabla e sitar. Quest'ultimo strumento fa il suo debutto ufficiale in Occidente, tra le mani di George Harrison, nel brano «Norwegian Wood». Ma siamo ancora al livello dello «strimpellare». Il Beatle tranquillo non era il tipo da fermarsi in superficie in ogni caso: nel '66 incontra Shankar a Londra e decide di seguirlo in India, dove si intratterrà per sei settimane a studiare la tecnica. Memorabili i filmati d'epoca che immortalano l'apprendistato indiano di George. Un'esperienza che si rivelerà quanto mai fruttuosa: fanno fede brani quali «Within you without you» e «The inner light», scritti da Harrison pensando alle rive sacre del Gange, ma anche il pellegrinaggio che i Fab Four compiono a Rishikesh nel '68 a seguito dell'astuto santone Maharishi Mahesh Yogi.

    Tra Woodstock e il Concert for Bangladesh

    Con un passaporto del genere, Shankar ci mette poco a diventare una superstar internazionale: eccolo che suona al Monterey Pop Festival e a Woodstock, a pochi centimetri da mostri sacri quali Jimi Hendrix e Janis Joplin. Ecco che il sitar diventa elemento compositivo imprescindibile per qualsiasi band occidentale che intenda sprovincializzarsi. Lo usano gli Yardbirds e i Rolling Stones. Shankar è bello che diventato un'icona, ma non perde di vista i suoi valori: nel '71 convince Harrison a organizzare il Concert for Bangladesh, primo live benefico della storia a sostegno della popolazione della regione indiana prima colpita dal ciclone Bhola poi travolta dalla guerra civile. George farà le cose in grande portando al Madison Square Garden da Bob Dylan a Eric Clapton, da Ringo Starr, anch'egli reduce dall'esperienza con i Fab Four, a Leon Russell. Se ne ricaveranno un incasso di 250mila dollari, la pubblicazione di un triplo album e un film. Tutto destinato all'Unicef.


    Il «Padrino» e la «famiglia»
    Come ogni «Padrino» che si rispetti anche quello della world music ha avuto una «famiglia» ampia e turbolenta. Dal matrimonio con la figlia del suo vecchio maestro Allauddin Khan nascerà Shubhendra, pittrice e sitarista pure lei che lo ha accompagnato in qualche tour. Alla fine degli anni Quaranta ebbe una relazione con la ballerina indiana Kamala Shastri, ma la sua storia d'amore più celebre è sicuramente quella con l'organizzatrice di concerti newyorchese Sue Jones. Nel '79 ne nascerà nientemeno che Norah Jones che con papà, a dire il vero, non avrà mai un ottimo rapporto. Al contrario della sorellina Anoushka Shankar, nata nell'81 dall'incontro con la musicista Sukanya Rajan: gli esperti dicono che la ragazza sul sitar abbia le stesse mani del padre, verso il quale ha sempre nutrito una sorta di adorazione. Mani che a 92 anni erano ancora capaci di suonare di fronte a teatri stracolmi.
    http://www.ilsole24ore.com/art/cultu...H&refresh_ce=1




  14. #28
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    No so se vi ricordate la sigla degli sceneggiati di "Nero Wolfe" trasmessi tra il 1969 e il 1971.
    Il commento musicale era del famoso trombettista Nunzio Rotondo:




    In questa registrazione è con Louis Armstrong e Nini Rosso:


  15. #29
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    Nero Wolf! Purtroppo si ! Però non ricordavo che ci fosse una sigla jazz!



    E Bollani? E' bravo?Lo conosco poco
    " E se io non fossi l'eroe? Se io fossi il cattivo? " Twilight

  16. #30
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    Perché purtroppo nottibianche?
    Bollani è bravo e ha condotto una splendida trasmissione su Rai 1 "L'importante è avere un piano".
    http://www.raiplay.it/video/2016/12/...54c82c802.html
    https://it.wikipedia.org/wiki/L%27im...avere_un_piano


    Ieri Repubblica ha pubblicato un'interessante intervista a Enrico Intra, uno dei mostri sacri del jazz italiano.
    Appena diventa visibile sul sito la inserisco.



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