La grande stagione del giallo nordico ha messo in evidenza tanti scrittori svedesi, Stieg Larsson, Henning Mankell, Camilla Läckberg, Liza Marklund, Håkan Nesser e tanti altri loro connazionali. Sono saliti alla ribalta anche molti giallisti norvegesi come Anne Holt e Jo Nesbø, autori danesi come Peter Høeg, autore dell'ottimo “Il senso di Smilla per la neve”, e il grande Jussi Adler-Olsen.
Manca solo la Finlandia per dare alla narrativa gialla scandinava una dimensione collettiva ma c'è uno scrittore finnico che si sta imponendo all'attenzione degli appassionati per la qualità dei suoi romanzi.

Matti Rönkä è un giornalista televisivo nato nel 1959 in Carelia, regione al confine con la Russia, che ha esordito nel 2002 pubblicando “L'uomo con la faccia da assassino”, giallo che ha subito avuto un grande successo vincendo alcuni prestigiosi premi della critica specializzata.
Ambientato nella sua regione natale, la Carelia, terra dura ma ricca di fascino, il romanzo ha come protagonista un tipo originale Viktor Kärppä, che è un informatore per la polizia ma fa anche il contrabbandiere per la mafia russa e nel contempo ricerca persone smarrite.Questa è l'interessante nota introduttiva al romanzo che ci fa capire il territorio e l'ambiente umano in cui si snoda il giallo:

“Nell’Impero russo, nell’Unione Sovietica e nella Russia di oggi sono sempre vissuti popoli di ceppo finnico. I careliani che occupano le terre al di là del confine
orientale della Finlandia costituiscono un’etnia piuttosto omogenea. Nel 1918 i rivoluzionari rossi sconfitti nella guerra civile finlandese trovarono asilo oltre frontiera. Durante la crisi degli anni Venti e Trenta molti finlandesi andarono a cercare fortuna all’estero, ma le loro speranze vennero in gran parte deluse. Migliaia di uomini e donne emigrati in Canada e negli Stati Uniti decisero di trasferirsi in Unione Sovietica.
L’Ingria si estende dall’istmo a nordest di San Pietroburgo alle coste del Golfo di Finlandia. La presenza finlandese risale al XVII secolo, quando il regno di Svezia tentò di estendere il proprio dominio a oriente per diffondere la fede protestante. La regione intorno a San Pietroburgo poi confluita nell’oblast’di Leningrado contava circa ventimila individui che parlavano finlandese, cantavano inni finlandesi, professavano il credo luterano e sbrigavano le faccende quotidiane «alla finnica», in modo diverso dai russi. Come per altre minoranze etniche il periodo sovietico costituì un peggioramento delle loro condizioni.
Durante le purghe staliniane molti ingriani finirono deportati nei gulag, le famiglie divise, donne e uomini dispersi a migliaia di chilometri di distanza. La Seconda guerra mondiale portò altra sofferenza. La Germania occupò l’Ingria e i suoi abitanti furono sfollati in Finlandia. Gli ingriani trovarono lavoro in campagna e nelle fabbriche, si formarono famiglie miste e gli orfani vennero adottati. I prigionieri di guerra furono arruolati nell’esercito finlandese e mandati al fronte nel cosiddetto
Heimopataljoona, il «battaglione della razza». Venne fatto credere che la Grande Finlandia avrebbe garantito loro un futuro sereno. Ma l’alleanza con la Germania comportò la perdita della guerra e un alto prezzo da pagare. Tutti i cittadini sovietici dovettero essere rimpatriati. Quasi sessantamila ingriani vennero fatti salire sui treni e riportati oltre il confine orientale: tra loro decine di bambini strappati alle famiglie finlandesi che li avevano adottati. Qualcuno riuscì a rimanere sotto falsa identità o fuggì in Svezia. In Unione Sovietica li attendeva un duro destino. Vennero smistati in ogni angolo della federazione, ma a poco a poco si riavvicinarono alla loro terra d’origine. Alcuni si stabilirono nella Repubblica di Carelia o in Estonia, altri nella nativa Ingria. Con il crollo del Muro di Berlino, l’allora presidente della Finlandia, Mauno Koivisto, dichiarò che ai finlandesi d’Ingria doveva essere concesso il diritto di espatrio e di cittadinanza. Circa trentamila ingriani colsero l’opportunità. Pochi avevano conservato la lingua, e il legame con il paese che li avrebbe ospitati era piuttosto debole. Dopo l’entusiasmo iniziale, la Finlandia e i rimpatriati si trovarono ad affrontare problemi di integrazione, disoccupazione, isolamento, diffidenza reciproca e nostalgia delle radici.

Viktor Kornostajev, protagonista di questo romanzo, è nato e cresciuto in Unione Sovietica. Finlandese dell’Ingria da parte di padre, la famiglia materna aveva trovato rifugio in URSS durante la guerra civile. Viktor si è stabilito in Finlandia e ha assunto il cognome originale, Kärppä, che significa «ermellino».
Matti Rönka”

In un'intervista a Luca Crovi Matti Rönka ha raccontato la genesi di questo libro:

“Volevo creare un protagonista diverso per le mie storie. Non un detective di mezza età, né un normale investigatore privato o una tipica squadra di poliziotti, e poliziotte, alla maniera scandinava. Il dibattito politico sull'emigrazione e sull'ex Unione Sovietica era particolarmente acceso all'epoca e compresi di avere del buon materiale per creare un protagonista come Viktor.
Ho studiato storia contemporanea, la seconda guerra mondiale, mi sono interessato della Carelia e dell'Unione Sovietica, ho fatto moltissimi viaggi. E poi potevo fare ricorso alla mia infanzia, ai miei genitori e ai parenti, anzi, all'intero vicinato (sono nato e cresciuto nella parte finlandese della Carelia).
Ho scelto per il mio eroe un nome particolare. In finlandese, come in altre lingue (anche in russo) molti cognomi sono in realtà nomi di animali. Così ho escluso i più ovvi come Karhu (in russo Medvev, orso) o Susi (Volkov, lupo) e per Viktor ho scelto un animaletto minuscolo, furbo, imprevedibile come l'ermellino, appunto Kärppä (Gornostaj). Ho anche voluto che fosse una persona buona d'animo, nonostante tutti attorno a lui lo temano perché pensano che abbia una faccia da assassino.
Direi che i crimini peggiori in Carelia nascono dalla povertà. E' per sopravvivere a essa che gli abitanti di quei territori sono stati costretti a trasformarsi in criminali. Con il collasso dell'Unione Sovietica è scomparsa un'intera struttura sociale e molte persone povere si sono ritrovate disoccupate, scoprendo che persino le loro pensioni non valevano nulla. Mentre altri, di fianco a loro, si sono arricchiti in maniera spaventosa. Ovviamente tutte le attività criminali che si sono sviluppate in Carelia, sono in qualche modo collegate al confine.

La struttura della trama di un genere come il giallo mi è stata perfettamente funzionale per parlare dei problemi della Finlandia. Una nazione con una storia e un passato che non tutti conoscono, con molte cose e molte persone ancora da raccontare e con un presente che è una sorta di fiume in piena. L'immagine che si ha del mio paese è spesso legata a pochi luoghi comuni che volevo in un erto modo sfatare. Nei miei libri non importa sapere chi è stato a commettere un crimine.
Sono d'accordo con Raymond Chandler quando sostiene che di un “vero giallo” puoi anche non leggere le venti pagine finali che danno la soluzione del caso.
Nel romanzo “L'uomo con la faccia da assassino” la trama è come una corda a cui si aggrappano tutte le mie piccole storie, e ognuna di esse è un piccolo ritratto della Finlandia contemporanea. Sono storie che svelano una parte della sua storia, e in particolare raccontano i movimenti migratori e le divisioni avvenute in maniera drammatica in una zona di confine come la Carelia.”
I romanzi di Matti Rönka tradotti in italiano sono stati pubblicati da Iperborea, casa editrice specializzata in letteratura del Nord Europa.


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