Vivian Glenne – una donna di quasi quarant’anni, madre di tre figli – viene ritrovata uccisa brutalmente in un bosco vicino casa. Il figlio maggiore Dan, di quindici anni, e un suo amico, Jonas, decidono di portare avanti un’indagine privata, convinti di sapere chi sia l’assassino. Nel frattempo, Marian Dahle e Cato Isaksen iniziano a lavorare sul caso. Scoprono che la vita della donna aveva molti aspetti oscuri, che coinvolgevano parecchie persone, come una strana coppia di vicini, Birgit e Frank Willmann, o lo stesso padre di Jonas. All’improvviso Colin – il compagno di Vivian Glenne, padre di uno dei suoi figli – scompare nei gelidi boschi circostanti la diga. La detective Dahle ha la sensazione di trovarsi di fronte a una storia malata, intricata, dove ogni personaggio gioca un ruolo di cui è all’oscuro, e cerca di districarsi in un groviglio di piste confuse come quelle delle foreste fradice di pioggia. Turbata lei stessa, cerca aiuto nel suo infallibile intuito e nel pragmatismo del collega-amico Cato. Poco a poco, i due ricostruiscono l’infernale puzzle che ha portato all’omicidio di Vivian Glenne, fino a trovare la risposta più sconvolgente alla domanda: per quale ragione la donna è stata uccisa?

L’inizio è lento, lento, lentissimo! Leggendo la copertina, mi sono chiesta: ma chi mai avrà avuto l’idea di tradurre in 12 paesi un simile sonnifero? Pagine e pagine senza che succedesse gran che … non è certo un thriller! E invece no. Meno male che ho deciso di tener duro e non buttarlo da parte, perché dopo la metà il ritmo inizia a crescere, la storia diventa avvincente, un colpo di scena dietro l’altro, fino al finale mozzafiato che mi ha tenuta proprio con il cuore in sospeso. Senza dire altro per non rovinare la sorpresa, vi assicuro che c’è da angosciarsi! E alla fine l’assassino è davvero insospettabile. Consigliato, ma bisogna avere pazienza di arrivare al punto dove inizia a ingranare.
P.S. Non ho ben capito il titolo. Non c’è nessuna donna sepolta nel bosco, Vivian viene sì uccisa nel bosco, ma non sepolta. Un errore di traduzione? O un tentativo di accaparrare qualche lettore in più?
Disapprovo invece la scelta di far usare ai protagonisti il “tu”, dato che in norvegese il “lei” non esiste. Questa cosa non mi ha convinto, in italiano l’uso del “tu” da un diverso senso alla conversazione e mi è parso stonato leggere di due perfetti estranei che di primo acchito si rivolgono uno all’altro con quella che per noi è troppa confidenza.