È un giorno di marzo, al Dolphin Hotel di Sapporo, a. d. 1983. Alla radio suonano gli Human League. E poi Fleetwood Mac, Abba, Bee Gees, Eagles... il protagonista, un giornalista freelance costretto dalle circostanze a improvvisarsi detective, si muove tra cadaveri veri e presunti attraverso una Tokyo iperrealistica e notturna, una Sapporo resa ovattata da una nevicata perenne e la tranquillità illusoria dell'antica cittadina di Hakone. Una giovane ragazza dotata di poteri paranormali lo accompagna nella sua ricerca. Ma troviamo anche una receptionist troppo nervosa, un attore dal fascino irresistibile, un poeta con un braccio solo; e un salotto, a Honolulu, dove sei scheletri guardano la televisione. Esiste un collegamento fra tutte queste cose, un senso anche per chi ha perso l'orientamento. L'unico modo per trovarlo è non avere troppa paura, e un passo dopo l'altro continuare a danzare.


dal web

Tanti anni fa cominciai a scoprire il mondo di Murakami con questo...che qualcuno ha definito
il piu' orientale dei suoi romanzi, in sintonia con le profonde e radicate tradizioni buddiste del "ciclo di vite" attraverso le quali l'uomo raggiunge il livello superiore, quello della conoscenza. Io volo un po' piu' in basso...

allora...ci sono gli elementi del noir ma parlare di genere sarebbe fuorviante. Come al solito cercare un senso compiuto e' difficile...ci sono eventi spiegabili e altri meno. La storia e' surreale, a volte sconnessa,come nello stile dell'autore. Ironico, pignolo nel descrivere situazioni e cose anche semplici, come l'abbronzarsi al sole e fare surf o bere drink. I dialoghi sono accattivanti e la musica, onnipresente nelle sue opere ( non a caso ha scritto una guida sui suoi musicisti jazz preferiti) qui riveste un ruolo fondamentale. E' grazie ad essa che il protagonista cerchera' di dare un senso all' esistenza, " ascoltando" lo scorrere degli eventi , ma non rinunciando alla vita.




"Non capivo. Troppe cose mi risultavano incomprensibili. In ogni caso, dovevo mettere ordine in quella situazione confusa e senza sbocco. Qualunque cosa ciò comportasse – dolore, rabbia, rassegnazione – dovevo metterci un punto fermo. Era il mio compito, il compito che tutti gli eventi mi avevano indicato. Per quello avevo incontrato tante persone ed ero andato a finire in tutti quei luoghi strani. Bene, mi dissi, è ora di riprendere a danzare. Danzare così bene da lasciare tutti a bocca aperta. I passi ! I passi di danza, ecco l'unica cosa davvero reale.L'unica cosa sicura.Danzare, questa era l'unica cosa sicura che nella mia mente era registrata come realta' al di la' di ogni dubbio.Danzare con abilita' suprema."