Per una donna i trent'anni sono un'età meravigliosa, si comincia a fare sul serio e ad assaporare il bello della vita. Peccato che non sia quasi mai veramente così. Hervòr, Karen, Silja e Mía, ad esempio, sono tutte alle prese con situazioni sentimentali caotiche e insoddisfacenti. C'è quella che si accontenta di saltuarie notti di sesso con l'ex professore di università, chi vive dai nonni, trascorrendo i weekend in discoteca e svegliandosi ogni volta in un letto diverso. Oppure quella che, essendo medico, è spesso costretta a turni fuori casa e, guarda un po', la volta che rientra senza avvisare sorprende il neo marito con una biondina. E poi c'è la più scombinata di tutte: è stata lasciata dal fidanzato, un avvocato benestante, e ora vive in una mansarda in mezzo agli scatoloni del trasloco, faticando a trovare un lavoro e una direzione nella vita. Le quattro giovani donne non si conoscono né sembrano avere molti punti in comune. A unirle è la pausa obbligata al Reykjavik Café dove, nel buio gennaio islandese, vanno a cercare un po' di calore e dove le loro storie finiranno per intrecciarsi. Finché, fra un latte macchiato e un cocktail di troppo, rovesci del destino e risate condite da improbabili consigli, ognuna troverà il modo di raggiungere la propria felicità, o qualcosa di molto vicino.

A me piacciono molto le storie di varie persone che procedono, poi si intrecciano, poi si perdono allontanandosi di nuovo. Sono quattro ragazze normalissime, con storie comuni che possono capitare a chiunque. Ogni capitolo procede con la storia di una di loro, ma non di rado una entra nella storia dell’altra. Mi sono appassionata alla loro vita e in poco tempo il libro era finito. E’ scorrevole, nonostante i salti da una ragazza all’altra. Reykjawick è davvero interessante, nevosa, ma piena di vita. L’unica cosa è che avrei preferito un finale più accurato, ci sono troppe cose rimaste in sospeso e non si sa bene come vadano a finire.