Dal 18 al 22 maggio al Teatro India è di scena il teatro del Novecento con Lo zoo di vetro di Tennessee Williams, lo spettacolo diretto da Arturo Cirillo anche interprete con Milvia Marigliano, Monica Piseddu, Edoardo Ribatto.
La regia poetica e sensibile di Cirillo, uno dei registi più ispirati della nuova scena italiana, si misura con un grande classico mostrando meccanismi familiari sempre attuali e personaggi reali nell’Italia di oggi come nell’America degli anni ‘40.
“Dramma di memoria”, secondo la definizione dello stesso Tennessee Williams, Lo zoo di vetro è un testo dalla doppia natura: realistico nella descrizione dei rapporti tra i personaggi, ma totalmente onirico rispetto al tempo della vicenda e al tempo della sua rappresentazione. Una potente messa in scena dell’atto del ricordare e del rapporto con il passato come luogo del rimpianto: “il futuro diventa presente, il presente passato, e il passato un eterno rimpianto”. Al centro della vicenda il fallimento di una famiglia, una madre che vive ancorata al ricordo di una giovinezza dorata, un gruppo di ex-giovani ormai senza più età. Così, in un opprimente interno piccolo borghese, Tom Wingfield racconta le vicende della sua famiglia, segnata irrimediabilmente dall’abbandono del padre. Le figure della sua memoria tornano reali, bloccate in un perenne presente da cui non c’è fuga: la madre Amanda, infantile e possessiva, è ancorata al ricordo di una giovinezza sfiorita; la fragile sorella Laura, claudicante e spaventata dalla vita, trova consolazione unicamente nei suoi animaletti di vetro; lo stesso Tom, eterno ragazzo rancoroso e irrealizzato, si rifugia ogni sera nel cinema e nell’alcol. Solo l’arrivo di Jim, amico di Tom, potrebbe rompere l’asfittico ménage e portare finalmente un cambiamento.
Lo zoo di vetro di Williams rappresenta “l’inganno dell’immaginario”, ed infatti risulta giustificata la grande importanza data dall’autore all’atto del proiettare. Il riflettore teatrale che il narratore/figlio punta sui personaggi, i molteplici film nei cinema dove si rifugia Tom per sfuggire alla realtà e gli stessi animaletti di vetro che compongono lo zoo del titolo sono l’emblema della fragilità e della finzione: «sono essenze quasi prossime all’assenza, non a caso trasparenti – scrive il regista Arturo Cirillo che si riserva in scena la parte di Tom, alter ego dell’autore – Ho immaginato un luogo abitato da pochi elementi molto concreti ma immersi in una luce non realistica, quasi pittorica, dove la vicenda venga narrata senza divisioni in quadri, in un unico luogo. Come se ci trovassimo all’interno di un album di famiglia troppe volte sfogliato».